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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1984:19840929

19840929 - 29 settembre

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

L'enigma della Creazione

Durante la festa di «Dasara» nel 1984 Bhagavan Baba fece una serie di discorsi per impartire ai devoti gli insegnamenti spirituali sull'uomo, sulla creazione e su Dio. In questo discorso che abbiamo intitolato. «L'Enigma della creazione», Bhagavan Baba si pone il problema della ricerca di Dio e dell'inchiesta necessaria e ci indica la strada da percorrere. L'uomo, se vuole immergersi nelle placide acque della suprema pace divina deve rinunciare agli allettamenti della «Maya» che sviluppano l'ego, l'odio e gli attaccamenti. La strada è a senso unico, non ve ne sono due, ed è quella del sacrificio, o «Thyaga» dei tratti maligni del carattere che infettano la mente dell'uomo.

Come cercare Dio

è possibile padroneggiare i contenuti del Vedanta e degli altri Sacri testi, leggerli dall'inizio alla fine e divenire maestri nel comunicarli agli altri ma, sarà solo una questione di retorica se non si sviluppano nello stesso tempo buone abitudini, buoni tratti e non si coltiva un cuore nobile.

Leggere le Sacre Scritture senza che l'azione sia appropriata e senza che vi siano buoni pensieri ed un nobile cuore, è come coltivare un suolo che non ha il sostegno delle virtù perché non può alimentarle.

Che tipo di raccolto è possibile da un tale suolo?

Vi è un solo Dio!

Egli vuole e la Sua volontà si manifesta nella diversità visibile della creazione. Egli crea tutte le forme in vista di un ideale. La Sua volontà assume la forma della Creazione e, per far comprendere il suo enigma, Egli ha stabilito il cammino del Karma e della Bhakti o dell'Upasana affinché, nel seguire Quelle strade, l'uomo possa raggiungere la verità eterna.

L'Essere puro, completo, permanente ed eterno, è indicato con il “Sath- Chit- Ananda” cioè Dio. Egli non ha né nome né forma né causa e trascende tutti i limiti, tutte le barriere degli attributi (Gunas) e simili.

Il messaggio degli antichi saggi era diretto a far intuire questa Entità primordiale che è al di là della comprensione intellettiva.

è detto comunemente che Dio è ricco di attributi e di qualità. Si dice anzi che la Verità è una Qualità di Dio, ma questo non è corretto. Dio stesso è la verità. È solo l'ignorante che attribuisce qualità a chi non ne ha e che è puro nella Sua innata forma. Molti furono coloro che per vie differenti cercarono di capire la natura di questo “tutto”, di questo Essere totale che energizza ogni cosa.

I “Rishi”, gli “yogi” ed altri illustri personaggi intrapresero austerità nei profondi recessi delle foreste per visualizzare il principio trascendente

(Dio).

Altri santificarono le loro vite rinunciando ad ogni cosa e, indossando la tonaca color ocra, andarono in cerca della verità.

Altri credettero che Dio poteva essere visualizzato affrontando responsabilità e doveri imposti dal loro stato durante la loro vita di tutti i giorni.

Altri, infine, affinando il loro intelletto entrarono in profonde inchieste, con la ferma convinzione che così facendo, un giorno avrebbero incontrato la verità.

Tutti costoro poterono dichiarare al mondo: “Ascoltate! Noi abbiamo scoperto la verità dell'Uno che risplende al di là delle tenebre dell'ignoranza. Ascoltate ed arricchite voi stessi con quella esperienza”.

La domanda che sorge spontanea è: quando noi conosciamo dov'è Dio, e sappiamo quali sono le Sue qualità ed a che cosa assomiglia, saremo in grado di intraprendere questo viaggio verso di Lui?

Le Upanishads, il Vedanta, i Veda, hanno magnificato Dio senza forma e lo hanno descritto senza attributi.

Qual è la Sua forma?

Che cosa uno potrebbe visualizzare quando Dio viene descritto come l'essere al di là di ogni comprensione, che non ha forma, che è permanente e puro?

È molto facile parlare di queste cose ma è molto difficile capirne il loro significato. Se riuscissimo a comprenderLo veramente potremmo affermare di essere vicino alla realizzazione di questa “Atmaswarupa” o forma dell'Atma.

Noi non conosciamo la Sua residenza, né quali sono le Sue ragioni, che cosa Lo motiva, noi non sappiamo niente sulla Sua segreta dimora, sulla Sua destinazione e, quindi questo processo, questo nostro viaggio ci porterà verso il vuoto.

Con il sacrificio si guadagna l'eternità

Dio viene descritto in molti modi ed il tono ed il tenore di tali descrizioni lo mostrano come residente in ogni luogo. Dove dunque cercare un tale Dio?

Lo troveremo in tutte le cose, in tutti gli esseri intorno, sopra, sotto e dentro di noi.

Ciononostante Lo cerchiamo e questa è la nostra ignoranza!

Dio stesso ha dichiarato nella Bhagavad Ghita II, capitolo 48.imo, e 53.Imo Sloka: “

“Non potete scoprirMi né determinarMi con i Veda, gli Yajnas (sacrifici rituali) con gli Yagas (austerità) con la carità, con il Dharma o con qualsiasi altra attività di tipo mondano (si riferisce ad attività nelle quali sono coinvolti i sensi) ”.

È solo con il sacrificio che è possibile diventare Uno con questa Immortalità.

Che cosa una persona dovrebbe sacrificare? È forse la sua casa, i suoi possedimenti, le sue ricchezze, la sua famiglia ed i suoi cari? No! Se fosse così sarebbe estremamente semplice raggiungere Dio! Questi non sono veri sacrifici. Quando invece si rinuncia agli attaccamenti, all'odio ed all'ego, solo allora è possibile assicurarsi l'Immortalità.

Dio è ovunque, esiste come la realtà interiore di ciascuno.

A questo proposito Shankaracharya fece questo commento: “L'uomo vede Dio ma dice di non vederLo! Qualunque cosa egli veda è Dio ma si lamenta: «dov'è Dio; non sono capace di vederLo!»

Questa creazione è Dio, tutto ciò che si vede e si percepisce attraverso gli organi dei sensi è Dio, questa è la essenza di Dio”.

Dio è presente ovunque, voi Lo vedete in ogni secondo della vostra vita, eppure vi lamentate che non siete capaci di vederLo!

Qual è la ragione di tutto ciò?

La ragione risiede nel senso di dualità che è la causa della vostra ignoranza.

Si dice sovente che Dio è più vicino di vostra madre e di vostro padre. Come è possibile allora dire che avete dimenticato Dio? Vostra madre potrebbe essere lontana da voi ma non Dio!

La madre per vedere il bambino deve andare ad una certa distanza ma quando l'individuo è Dio stesso, dov'è il problema della distanza?

Per definire questa entità pura, senza attributi si usa dire che possiede queste tre cose: Athi, Bhati e Pryam (esistere, conoscere, beatitudine). Non esiste niente al mondo che non abbia queste tre qualità.

Esse sono Dio.

Oltre queste tre troverete anche il nome e la forma; quindi, la Divinità è una entità composta da questi cinque elementi.

Essi prendono il nome di Panchaka che è anche conosciuto come Prapancha o mondo manifestato.

Pra vuol dire ciò che si espande, sboccia, quindi ciò che sboccia, ed espande queste cinque qualità è il mondo.

In questa creazione Dio è dappertutto, in ciò che vedete ed in ciò che non potete vedere. Voi lo vedete ma dite di non vederLo e questo è ciò che si chiama l'effetto di “Maya” (illusione).

Questa Maya è lo schermo dei vostri attaccamenti, del vostro odio. della vostra gelosia, del vostro ego; e rappresenta la vostra ignoranza.

Qual è il significato e l'origine della parola Daivam?

Daiva è l'Entità nella quale esistono queste due diverse cose: Prakrithi e Chaitanya, la natura e la consapevolezza o la coscienza.

In termini scientifici si dice che l'energia e la materia si compenetrano. Dio è la Shakti o l'energia e Asti, Bhati e Pryam sono le energie divine che la formano.

Nama, il nome e Rupam, la forma, rappresentano la materia inerte. L'individualità o Jivatatwa è quel principio nel quale potrete trovare tutte quelle cose includendovi l'Ego (senso di individualità) e rappresenta una forma della natura.

La Divinità invece, trascende le limitazioni del nome, della forma e delle qualità.

L'Avatar è la forma che assume Dio per sostenere la dottrina del “Dharma” e per mostrare all'umanità la via.

Quando Egli assume un nome ed una forma non rinuncia tuttavia ai suoi attributi.

Ad esempio:

vi è una corda ed un serpente.

In una certa situazione confondete la corda con il serpente. Nel buio la corda vi sembrerà un serpente ma, una volta che avete acceso una luce, vi accorgerete che il serpente non era che una corda. Allo stesso modo nel nostro stato d'ignoranza vediamo Dio come autore di questa creazione e, quando otterremo la conoscenza Suprema, vedremo la creazione stessa come Dio.

Ciò che esiste è l'Uno che si manifesta nei molti. Vi è solo l'Uno e non un secondo, e questo Uno è Dio! Per assicurarcelo non dobbiamo andare in nessun posto, non dobbiamo chiedere assistenza a nessuno, ma dobbiamo solo rimuovere l'odio, l'attaccamento e l'ego che sono in noi.

L'inchiesta su Dio

Si parla spesso di inchiesta sulla Divinità.

Cos'è?

Questa inchiesta o ricerca non vuol dire sedere in meditazione o fare “Japa” o fare culto o cantare Bhajans.

Queste sono, non c'è dubbio, buone attività per utilizzare il tempo concesso e per usare le nostre facoltà e talenti in modo intelligente. Ma quando il corpo stesso è temporaneo, le azioni che fate con esso come possono essere permanenti?

Ma allora cos'è questa inchiesta?

Questa inchiesta consiste nel ricercare i sistemi per eliminare gli attaccamenti, l'odio e l'ego dalla mente.

Se avete un velo di polvere che copre lo specchio, e volete vedervi, dovete prima rimuoverlo e solo dopo potrete specchiarvi chiaramente. Come lo specchio vi mostra la vostra faccia, come il termometro misura la temperatura del vostro corpo, così una mente purificata vi mostrerà la pura forma di Dio.

Una mente piena di cattive tendenze invece ci riempie di timore.

Il timore giunge quando siamo in uno stato di ignoranza cioè quando l'idea della dualità è cresciuta in noi.

Come siamo finiti in questo stato?

Quando sono entrati in noi i due gemelli: Yaga, l'attaccamento e dwesha, l'odio?

Perché siamo diventati vittima di questi due?

Perché essi sono le radici dell'esistenza e della nascita.

Ecco ciò che è contenuto nell'enigma del Karma.

La parola Karma non ha qui lo stesso significato di azione.

Il corpo è un altro nome per indicare il Karma.

Questo corpo è il frutto delle azioni e quindi è la forma del Karma.

In ogni secondo il corpo compie azioni perché in lui c'è questa sorgente del Karma ed è chiamato Maya, illusione.

Tutta la vita è un lungo processo di epurazione della Maya. La vita stessa è Maya ed anche la morte.

Perché allora lottare tanto quando la vita è così piena di Maya? Il Karma non è solo il lavoro fatto dalle mani, anche gli occhi quando sbattono, i polmoni quando respirano, il cuore quando pulsa, compiono Karma.

Voi considerate azioni solo quelle che compite esternamente e non vi rendete conto che esse sono le manifestazioni di quelle interne. Pertanto questo corpo visto nella sua totalità compie Karma.

L'individuo cresce nel Karma ed in sua compagnia e si dice che per l'uomo rappresenti Dio.

Il Karma è responsabile della gioia e delle sofferenze, e poiché il corpo è saturo nella sua essenza di Karma, dovete compierlo santificandolo con azioni buone e virtuose.

Per mezzo di questi Sathkarma (azioni buone) dovete poi ascendere allo stadio del Nishkama Karma (il Karma fatto senza il desiderio dei frutti), e con questo processo sterminare l'egoismo ed il senso dell'ego ottenendo così la purezza del vostro cuore.

Una volta raggiuntala potrete assicurarvi Dio, l'eterno Uno, e dichiarare: “Io e mio padre siamo Uno” ed infine: “Pragnanam Brahman”, “Io sono Io splendore di Brahman”.

Il Karma è stato tracciato per farvi capire il significato di queste dichiarazioni Sacre o ” Mahavakyas e quindi i Sadhana, discipline spirituali, e le letture dei Sacri testi, non possono essere considerate cose futili.

Leggere i Veda e i testi sacri, compiere il culto, fare la carità e la filantropia, andare in pellegrinaggio in luoghi benedetti, sono tutte attività benefiche.

Ma qual è la motivazione dietro di esse?

Quanti pellegrinaggi avete compiuto?

Quanto ricchezza avete dato?

Ma in voi non nasce la domanda:

“Con quali sentimenti abbiamo fatto tutto ciò?” Lo avete fatto per avere i frutti?

Bairaghi Sastri, qualche tempo fa, ci ha parlato di due tipi di Dharma: Paradharma e Swadharma.

Il Paradharma è capace solo di darci timore ed angoscia.

Esso vuol dire fare qualcosa con il proprio corpo. Le esperienze motivate dal corpo ci condurranno alla schiavitù.

In che modo?

Qualunque cosa facciamo alla fine darà un risultato e per riceverlo dobbiamo rinascere ancora. Questa attitudine di ricerca del frutto delle proprie azioni porta inevitabilmente alla rinascita.

Per questo si dice: “Pensa a Murari (Krishna) e cerca di capire la Verità!”

In che modo questo “ Paradharma riempie di timore e di ansietà? Quando avete gettato un seme esso crescerà e diventerà un albero. Che cos'è questo seme?

Esso è ciò che ci si spetta dall'azione.

Per questo la Bhagavad Ghita dice:

“Svolgi l'azione con l'attitudine di non desiderarne i frutti”.

“Tu hai diritto all'azione ma non ai suoi frutti, quindi non aspettarteli.”

Considerate la vita come un mezzo per compiere le azioni alfine di santificarla. Che esse siano buone o che siano cattive, motivatele sempre offrendole a Dio perché ogni cosa è motivata da Lui.

Dovete sviluppare il sentimento: “Tu e solo Tu mio Signore!”

Questo sacro sentimento giungerà con la distruzione dell'Ego.

Ogni sforzo deve essere diretto verso questo obbiettivo: l'annientamento dell'Ego.

È a causa dell'Ego che i Pandavas andarono in esilio. La caduta di Ravana fu causata dal suo Ego. Pertanto questo Ego e capace solo di portare l'uomo al disastro.

Fiducia nel Maestro

Cercate di seguire i dettami dell'Atma che è lo Swadharma e che è la vostra coscienza, invece di essere trascinati dal corpo.

Quando seguiremo i suoi consigli potremo raggiungere la destinazione. Quando avremo chiaro in mente cosa dobbiamo fare allora potremo trarre beneficio dalle nostre azioni.

L'Avatar è venuto per indicare ciò che dovete fare e per mostrarvi la destinazione. Le Sacre verità non possono essere capite solo ascoltandole ma praticandole.

Nel crocevia c'è un segnale, un indicatore che ci mostra la strada, ma quest'ultima deve essere percorsa.

La Bhagavad Ghita per farci capire la nostra natura e per farcela realizzare ci dice che il solo mezzo è sperimentarla.

Accontentandoci di leggere i testi, di capirne il contenuto e divenire loro maestri condurrà solo ad uno stato di frustrazione.

Abbiate invece questo sentimento sempre in voi: Io sono Dio e questo corpo, questa mente, questo intelletto e questi organi di percezione sono meri strumenti.

Usateli e cercate di vedere Dio, il vostro proprio “se”.

Non sarà sufficiente pronunciare “Io sono Shiva (Dio) ” “io sono sat-cit-ananda” (Verità, consapevolezza, ananda o beatitudine).

Dobbiamo avere la convinzione profonda che lo siamo.

Chi è l'uomo?

Cos'è l'uomo?

Dovremmo credere veramente che egli è Dio.

Una volta un Vedantino, dopo avere imparato dal suo Guru un Mantra continuava a ripeterlo: “Sivoham, Sivoham”.

Il Guru gli aveva spiegato il significato e gli aveva detto.” Devi pensare che tu sei Shiva che Egli è in te, dietro di te, Egli è Dio stesso, tu non sei questo Jiva individuo, ma Dio.

Cerca di seguire questo pensiero, di nutrirlo, sostenerlo e rafforzarlo, ed alla fine diverrai veramente uno con Dio“.

Il discepolo aveva una grande fede nel suo Guru ma non ne aveva altrettanta nel Mantra che gli aveva dato.

Questa è la condizione dell'uomo oggi: egli ha fiducia nel Guru che è fuori di lui e non nell'Atma che è in lui.

Quindi quel discepolo incominciò a ripetere quel Mantra secondo gli ordini ricevuti.

Un amico volle capire cosa stava facendo ed andò da lui e gli chiese:

“Amico! perché ripeti sempre quella frase? Qual è il suo significato?” L'uomo rispose: “Perché mi chiedi cosa vuol dire “Sivoham” vuol dire che io sono Shiva!”

Allora l'amico replicò: “E dov'è Parvati? (la consorte di Shiva).

Il discepolo credendo che quell'uomo avesse detto qualcosa di sconveniente cominciò a schiaffeggiarsi (1) e disse: “No! No! Non dire così!”

Ecco, come vedete, se il discepolo avesse veramente avuto la convinzione di essere Shiva mai si sarebbe vergognato della sua consorte ed avrebbe risposto: “Parvati è la mia Shakti”.

Ma, dato che non aveva quella convinzione, rispose in quel modo. Questa è la condizione tragica del devoto di oggi.

Se solo pronunciate parole senza capire il loro significato sarà un esercizio futile.

Dovreste anzitutto credere in voi stessi e rafforzare questa credenza perché L'Atma è Dio e Dio è l'Atma.

Il vero cammino reale che conduce a Dio consiste nel comprendere la verità Suprema mettendo da parte attaccamenti, odio ed 'Ego.

(1) Nel sud dell'India è costume quando uno vuole scusarsi di qualcosa, schiaffeggiarsi il viso in segno di pentimento

Festa del Dasara” Prashanthi Nilayam 29-9-1984

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