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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1986:19860108

19850108 - 08 gennaio

Discorso Divino di Bhagawan Sri Sathya Sai Baba

Gli immortali devoti

La devozione è il mezzo per la salvezza dell'uomo

E l'amore è la sua più alta espressione

La devozione non si può descrivere a parole.

Fra tutte le forme di Sadhana, la Bhakti (devozione verso il Signore) è la più facile e più santa. “Bhakti” è una parola derivata dalla radice “Bhaj” con il suffisso “thi” che vuol dire “Seva”.

Esso denota un sentimento d'amicizia unito ad un timore reverenziale.

La devozione richiede l'uso della mente, del corpo e della parola per adorare il Signore. Esso rappresenta l'amore totale.

La devozione e l'amore sono inseparabili ed interdipendenti.

La devozione è il mezzo per la salvezza dell'uomo e l'amore è la sua più alta espressione.

Narada dichiarò che adorare il Signore con amore illimitato è devozione.

Vyasa ritenne che far culto con amore e adorazione è devozione.

Yajnavalkya affermò che la vera devozione è controllare la mente e rivolgerla verso l'interno ed esperimentare la gioia atmica della comunione con il divino.

Un altro punto di vista sulla devozione è la concentrazione della mente su Dio e l'esperienza dell'unità con lui.

Molti saggi hanno espresso differenti opinioni sulla natura della devozione la cui caratteristica di base è l'amore. L'amore è presente in ciascun essere umano in misura più o meno grande.

L'individuo o jiva è un aspetto di Dio, la suprema incarnazione dell'amore.

Ma poiché viene diretto verso le cose del mondo si mescola e diviene incapace di avere la visione di Dio in tutta la sua magnificenza. Normalmente la gente crede che adorare Dio recitando il suo nome e meditando sulla sua forma sia devozione, ma la vera devozione, in verità, vuol dire insediare il divino nel proprio cuore e gioire di quell'esperienza.

E' la mistica unione dell'anima individuale con quella universale.

Quando il devoto prega ardentemente dal profondo del suo cuore, si manifesta la devozione. Pregare non vuol dire chiamare Dio per ottenere dei favori, ma dare a Dio ogni desiderio, ogni guaio, ogni aspirazione e offrirgli tutti i meriti e i frutti delle nostre azioni.

La qualità di base della devozione è desiderare di realizzare l'unione con Dio. La devozione è di due tipi:

la prima che permette di trasformare noi stessi, ed acquisire la conoscenza di Dio. Questo è un processo naturale per il quale si inizia con il fisico, coinvolge la mente, coinvolge la mente per raggiungere l'obiettivo spirituale dell'unione. Se si prende questa strada solo l'individuo che la percorre ne beneficia.

Nel secondo tipo di devozione invece, il devoto ne beneficia condividendo con gli altri la sua esperienza. Un tale devoto, non solo salva se stesso ma aiuta anche gli altri a salvarsi. L'amore scorre senza fine attraverso l'umanità e quando questo amore viene indirizzato verso gli oggetti del mondo e verso i piaceri fugaci, l'uomo perde l'opportunità di fare della sua vita una cosa significativa, con uno scopo vero, ed assicurarsi così la gioia atmica (dell'anima).

L'uomo dovrebbe dirigere questo amore verso Dio per raggiungere il vero scopo della vita. L'amore per Dio non si sviluppa con l'educazione né con gli studi delle scritture, ma si sviluppa dal cuore. Colui che è colmo dell'amore per Dio non sarà attratto da niente altro al mondo, né si, sottometterà a qualcosa di mortificante o inutile.

L'amore è assenza di egoismo.

Il devoto che sente l'amore per Dio accetta di buon grado tutto ciò che potrebbe sembrare una punizione come qualcosa che gli viene per il suo bene.

Persino quando il Signore sembra essere arrabbiato, la Sua compassione è evidente. La Sua gentilezza la vediamo anche nella punizione che rappresenta un mezzo per condurre una persona a Lui. L'ira divina è solo per proteggere i devoti, Il vero devoto è colui che evita l'interesse verso le cose mondane e si concentra soprattutto sui mezzi per realizzare il divino

Le nove vie della devozione

Le nove vie della Devozione verso Dio sono state descritte dai Saggi e sono le seguenti:

a) Sravanam: ascoltare le Glorie di Dio
b) Kirtanam: cantare le glorie del Signore
c) Vishnusmaranam: ricordare sempre il Signore
d) Paadasevanam: adorare i piedi del Signore
e) Archanam: offrirGli il culto quotidiano
f) Vandanam: prostrazione
g) Daasyam: sevizio dedicato
h) Sneham: amicizia
i) Atmanivedanam: totale resa.

I devoti che hanno seguito uno di questi metodi sono stati delle persone altamente spirituali. Fra di loro si annoverano anche degli imperatori.

Sravanam: il Re Parikshit, dal momento in cui seppe di essere stato maledetto da Sringi e avrebbe dovuto morire in sette giorni, radunò tutti i Saggi per chiedere loro qual era il modo migliore per trascorrere il tempo di vita concessogli.

Poiché sentiva che perdere tempo è perdere la vita, chiese ai Saggi di consigliarlo come avrebbe potuto usare i sette giorni rimastigli.

Quando il Saggio Suka entrò nell'assemblea chiese al Re di redimere la sua vita convertendo la maledizione ricevuta in benedizione. Suka raccontò giorno e notte la storia del Signore Supremo, parlò delle Sue incarnazioni e delle Sue Glorie.

Ascoltando le sue parole, Parikshit si perse in un oceano di beatitudine.

Anche tutti i Saggi presenti andarono in estasi e si persero nella contemplazione e nell'amore verso il Signore.

Parikshit fu un esempio di come la devozione può trovare la sua più alta espressione solamente attraverso l'ascolto delle Glorie del Signore.

Vishnusmaranam: Prahlada l'u l'esempio classico del Devoto sempre concentrato su Dio sia nel piacere che nella pena.

Il nome di Dio fu la risposta a ogni prova. Egli lo ripeteva senza essere per nulla toccato dalle torture che gli infliggevano i demoni incaricati dal padre Hiranyakasipu. Egli non ebbe mai paura né si disperò. Prahlada era pienamente conscio che il corpo, composto di cinque elementi. era perituro, mentre l'abitante interiore era eterno: perciò non si preoccupava di ciò che poteva succedere al proprio corpo, ovvero tutti i suoi pensieri erano sempre concentrati su Dio

Paadasevanam: non tutti i devoti hanno l'opportunità di adorare i piedi del Signore. E anche quando questa opportunità viene data, molta gente la usa per scopi materiali. La dea Lakshmi, la consorte di Vishnu, è l'esempio classico di colei che si dedica totalmente ad adorare i piedi del Signore, intesi come la Sorgente stessa di tutta la creazione. Supremamente sacri poiché sono lavati da Brahma stesso e capaci di misurare l'intero cosmo.

Archanam: l'imperatore Prithu fu un esempio di questo tipo di devozione. In tutte le circostanze egli aderì al culto di Hari (Dio). Egli vedeva il Signore in ogni cosa dell'universo e gli dedicò tutti i suoi pensieri, parole e azioni.

Vandanam: Akrura fu un esempio di devoto che santificò la sua vita prostrandosi costantemente davanti al Signore, offrendoGli obbedienza umiltà e purezza. “Vandanam” non vuol dire meramente congiungere le due mani in segno di saluto ma vuol dire offrire al Signore i sensi dell'azione in uno spirito di totale resa. Akrura adorò il Signore con una totale sottomissione alla volontà divina, e quindi poté ottenere la visione dell'onnipresenza di Dio.

Daasyam: Hanuman fu il più grande esempio di questo tipo di devozione. Concentrarsi su Rama e servirlo erano le sue principali occupazioni. Hanuman non era un essere ordinario, bensì un maestro di 64 arti e scienze. Rama lo descrisse come un eroe che possedeva immensa forza e saggezza. In ogni cosa che intraprendeva, Hanuman indagava se il Nome di Rama vi era presente. Se non c'era, gettava anche la gemma più preziosa che considerava inutile.

Mentre si costruiva il ponte di Lanka, Hanuman gettò i massi nel mare pronunciando il Nome di Rama.

Le lettere “Ra” e “MA” erano scritte su quei massi, e quando risalirono composero il Suo Nome.

Ogni capello di Hanuman faceva eco al nome di Rama. Egli non aveva senso dell'ego, avendo abbandonato tutti i sentimenti di proprietà. Quando i demoni in Lanka gli chiesero chi fosse, egli dichiarò: “lo sono un servo del Signore di Kosala (Rama) ”.

Coloro che si autodefiniscono devoti oggi, mettono la sacra cenere sulla testa quando vanno al tempio e se la levano quando tornano a casa. Quando sono vicini a Swami essi si comportano come devoti ma quando vanno in luoghi dove la religione è denigrata, essi raccontano la loro visita a Puttaparthi in modo casuale e dicono di non essere devoti a Swami. Quale valore si deve dare alla devozione di tali pusillanimi?

La vera devozione consiste nel sostenere la propria fede in ogni luogo e in ogni circostanza. Hanuman era un devoto pieno di coraggio e di fermezza. Con il suo servizio dedicato al Signore egli poté redimere la sua vita e divenire immortale.

Sneham: amicizia: il più grande esempio di questo tipo di devozione è Arjuna. Arjuna e Krishna vivevano insieme. L'uno era l'ombra dell'altro. Egli fu oggetto di molte calunnie e abusi, ma nonostante queste prove egli non perse mai la fede né mai tentennò. Egli pregava sempre: “Krishna Tu sei la mia sola speranza e il mio solo rifugio. Nessun altro può proteggermi!”. In questo modo, considerava Krishna come un amico, parente e “alter ego”.

Arjuna confidò in Lui per ogni cosa. Krishna, da parte Sua era sempre pronto ad agire in battaglia come auriga di Arjuna. Arjuna fece di Krishna l'auriga della sua vita. Krisna acquisì l'appellativo di “Parthasarathj”, l'auriga di Partha (Arjuna).

Atmanivedanam (resa del Sé): l'imperatore Bali, il nipote di Prahalada, fu un esempio di devoto che diede completamente se stesso al Signore offrendoGli ogni cosa posseduta e santificando così la sua vita. Egli era totalmente dedicato al Signore. Egli era pronto ad offrire la sua testa e andare persino negli “inferi”. Nessun sacrificio era considerato troppo grande per vincere la Grazia del Signore. Quando il suo guru, Sukracharya lo consigliò di ritornare il dono promesso a Vamana, Bali si rifiutò dichiarando che tutta la sua vita, il suo corpo e tutto ciò che egli possedeva erano del Signore.

Molte anime elevate e grandi capi praticarono queste differenti vie della devozione nel passato, e si proposero come esempi di fronte al mondo. La devozione, asserivano i Saggi del passato, non doveva essere soltanto per acquisire la salvezza individuale, ma doveva trovar espressione in azioni collettive.

Offrire culto o preghiere in ritiro e per se stessi dimostra solo egoismo.

Essi sentivano che il Signore non poteva essere raggiunto da una persona egocentrica.

Nell'anno 1459 Guru Nanak, il primo dei Guru Sikh, iniziò la pratica di cantare Bhajans in comunità. Questa pratica durò per lungo tempo, e nel 1798 il grande santo compositore indiano Tyagaraja accompagnò i Bhajans con “raga” e “thala” cioè con il ritmo di strumenti musicali. Da allora i Bhajans sono in voga in ogni parte del paese.

Il bhajan non deve essere considerato come un modo per passare il tempo. Essi devono essere intesi come mezzi per esprimere i sentimenti dei partecipanti affinché essi esperimentino l'unità con Dio.

Tali bhajans sono considerati spiritualmente efficaci e dovrebbero essere carichi di amore. Quando i bhajans furono per la prima volta introdotti nei villaggi, Tyagaraja li iniziò con la canzone:

“Venite o benedetti. Venite e uniamoci per cantare la gloria di Sri Rama”.

Egli disse pure che quando essi avevano dalla loro parte Rama, non avrebbero dovuto temere la morte.

Questo fu il clima di devozione nel quale si iniziò a cantare i bhajans. Ma oggi quello spirito di santità è assente, si dà più importanza al tono e al ritmo che non al sentimento e alla melodia. Si pone maggiore attenzione e sforzo per piacere agli ascoltatori invece che per promuovere in loro più sacri sentimenti.

I sentimenti espressi nei bhajans dovrebbero sciogliere il cuore dei partecipanti ed entrare nel loro profondo.

L'essenza della devozione è l'amore e non esercizi formali di vario tipo. Il culto andrebbe fatto al Divino che dimora in ciascuno.

L'amore è Dio e Dio è Amore.

Vivete questo sentimento! Dovete svilupparlo per poterlo ricevere, perché esso è il mezzo per realizzare la “gioia” del “Sé” che è in voi.

Quando tutti i pensieri vengono controllati e la mente è rivolta verso l'interno non occorre cercare Dio in altri luoghi. Dedicate tutte le azioni al Signore, questa è la più alta devozione, la più elevata conoscenza: è il “Summum Bonum” dell'esistenza.

L'amore dovrebbe diventare la via per vivere: questa è vera devozione.

Poorna Chandra, 08-01-1986

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