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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1987:19871121

19871121 - 21 novembre

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

La pace attraverso il Servizio

“Io sono nella luce. La luce è in me. La luce è me. Io sono la luce.”

L’uomo che ha realizzato questa verità diventa uno col Brahman. L’uomo è perfettamente impegnato nella ricerca della pace. Il ricercatore di pace deve cercarla non in mathan (religione), ma in manam (la mente). La ricerca della pace all’esterno è la causa dell’inquietudine del mondo. La pace deve essere trovata innanzitutto dentro di sé; poi deve essere estesa alla famiglia, dalla famiglia deve diffondersi nei villaggi, nella provincia, nello Stato e nella nazione. Oggi, invece, sta accadendo il contrario di questo processo: il conflitto e il disordine si diffondono dall’individuo alla famiglia e da lì alla nazione.
Voi dovete diventare messaggeri di pace, cominciando da voi stesi. Potete ottenere pace solo attraverso il servizio. L’uomo ozioso è il laboratorio del diavolo. Quando si è impegnati nel lavoro, non c’è spazio nella mente per i pensieri; allora sì che vi è pace mentale. Una mente in pace è la residenza dell’amore. L’amore è intrinseco all’uomo, ma, come il seme deve essere nutrito dal concime e dall’acqua, anche l’amore nell’uomo deve essere alimentato la shvaddhâ e prema (servizio dedicato e amore). L’amore è una qualità sacra; è come il nettare. L’uomo che ha gustato l’immortale dolcezza dell’Amore Divino non desidererà nient’altro al mondo. La vita deve diventare una costante manifestazione d’amore. Oggi, invece, l’amore viene manifestato in maniera limitata ed egoistica; deve quindi essere espresso nel servizio alla società. Deve essere offerto agli altri e condiviso con essi. In questo modo, l’amore diventa un’esperienza reciproca e in continua espansione.

Eserciate la discriminazione prima d’intraprendere un’azione

Ogni individuo possiede quattro costituenti: il corpo, la mente, l’intelligenza e l’Âtma. Il corpo è lo strumento per compiere i propri doveri (Dharma-sâdhanam). Il corpo può agire solo attraverso le sollecitazioni della mente, ma è la mente a godere dei risultati di queste azioni. La mente, comunque, trae solo un piacere momentaneo dalle azioni dei sensi. Ad esempio, quando una persona ha fame, la mente viene soddisfatta se la fame viene placata in quel momento mangiando qualcosa. Oltre la mente c’è buddhi, l’intelligenza. Buddhi ha il potere della discriminazione: fa notare che cos’è salutare e che cos’è indesiderabile e cattivo per il corpo. Quando è guidata da buddhi, la mente sperimenta gioia genuina. Ogni azione che viene fatta dovrebbe essere preceduta dalla domanda se essa darà risultati buoni o cattivi. Quando non si esercita la discriminazione, la mente diventa, per così dire, cieca. È l’Âtma ad animare il corpo e a illuminare l’intelligenza. Chi si identifica con il corpo, si perde in piaceri carnali; chi si identifica con la mente, sperimenta i piaceri dei sensi; chi, invece, basa la propria vita sull’intelligenza, raggiunge la soddisfazione intellettuale. Solo la persona che basa la propria vita sull’Âtma può sperimentare Ânanda (la pura Beatitudine)

Sforzatevi di acquisire l’esperienza atmica

Coloro che aspirano alla pura beatitudine dovrebbero sforzarsi di acquisire l’esperienza atmica. Quando si ha la visione atmica, si riconosce l’Uno che pervade ogni cosa. Questa consapevolezza non può derivare dallo studio delle Scritture.
Le Organizzazioni Sai dovrebbero operare basandosi sul principio che lo Spirito, che dimora in tutti, è lo stesso Âtma. I nomi e le forme possono variare. Tutti dovrebbero sviluppare questo senso di unità (non dualità) e rendere servizio alla società con spirito d’umiltà. Non dovrebbe esserci alcuno spirito di sufficienza.
Gli antichi saggi cominciavano col considerarsi servi di Dio, e raggiungevano il Divino attraverso il servizio. Se volete eliminare il vostro ego, dovete considerarvi un dâsânudâsa (un servo dei servitori). Questa aspirazione fu compressa da Rândas (Gopanna) nel canto “Dâsânu dâsudanu kâvalenuvâ” (devo diventare un servo dei tuoi servi e fare servizio ai tuoi servi, o Râma! Non solo io, ma anche mia moglie e i miei figli dovrebbero rendere servizio in qualsiasi momento).

Il servizio della bhakti

Questo è il sentiero della devozione. Shankarâcârya, che fu l’autentico esponente dell’Advaita (il non dualismo) compose il Bhaja Govindam per esaltare la grandezza della Bhakti marga (il sentiero della devozione), che è, invece, basata sul dualismo. L’eccezionale merito della bhakti è stato esposto da Nârada nei suoi Bhakti Sûtra. È il sentiero dell’amore.
Attraverso l’amore, dobbiamo sviluppare lo spirito di tyâga (il sacrificio) e procedere fino a yoga (la fusione nel Divino). Quando rinunciate a quello a cui si deve rinunciare, quando conoscete quello che deve essere conosciuto, e raggiungete quella che dovrebbe essere la vostra destinazione, sperimenterete la beatitudine del Brhaman. Bisogna abbandonare l’attaccamento alle cose del mondo, occorre conoscere la verità fondamentale della vita. La meta è l’unità col Divino: in questo consiste la beatitudine dell’immortalità.
Ogni sâdhak e sevak di sai deve fare, dell’Âtma, la base di tutte le attività. Egli dovrebbe considerarsi come l’incarnazione del Divino, e realizzare che l’Âtma è presente in ognuno. Si dovrebbe avere il sentimento che qualunque gioia o dolore gli altri provino sono nello stesso modo i propri: solo allora si può rendere servizio, donando gioia agli altri.
Al giorno d’oggi, sono molto pochi coloro che compiono le proprie mansioni in maniera appropriata. C’è troppo chiacchiericcio e troppo poca azione. Ognuno dovrebbe coltivare il sentimento di essere innanzitutto un servitore e un “lavoratore”. Non c’è alcuna richiesta per nessuno di adoperarsi oltre le proprie capacità; allo stesso modo, nessuno nell’Organizzazione dovrebbe pensare di abbandonarla perché le sue regole sono troppo rigide. Dovreste capire che non esiste sentiero più grande e più sacro, verso il Divino, del servizio. Per voi, nell’attuale nascita, è un’occasione d’oro: avete lo strumento per santificare la vostra vita attraverso il servizio nell’Organizzazione Sai. Non c’è nessuna utilità nel sedere da soli in meditazione con gli occhi chiusi, o nell’andare in pellegrinaggio. Dovete invece realizzare il Divino Onnipresente attraverso il servizio.

Sai Krishna e gli Arjuna

Krishna rivelò la Sua forma universale ad Arjuna. Ma tutti voi siete Arjuna. Uno dei nomi di Arjuna è Pârtha, il figlio di Pritvi (Terra). Tutti voi siete figli della Terra, e come dei Pârtha, non dovreste abbandonare il campo di battaglia. Krishna esortò Arjuna a fare il suo dovere tenendo sempre in mente il Nome del Signore.

Mâm anusmara yudhyaca
Tieni a mente Me e combatti.

Allo stesso modo, tutti voi, mentre adempite ai vostri rispettivi doveri, dovreste tenere a mente il Nome del Signore: solo allora potrete giustificare l’appellativo di “Arjuna”, che significa “puro”. Impegnatevi nel servizio con cuore puro.
Krishna usò Arjuna come strumento per rappresentare la Sua commedia cosmica. Oggi, questo Sai Krishna sta dirigendo la Sua commedia con tante migliaia di Arjuna.

“Sii solo il Mio strumento, o Arjuna!”

Voi siete solo degli strumenti: non arrogatevi nessuna autorità o potere, e non rivendicate meriti per nessuna azione. Il vostro nome e la vostra fama sono dovuti alla vostra associazione con le Organizzazioni Sai e all’uso dell’“etichetta” Sai. Senza l’imprimatur Sai, dove sareste? È il Nome di Sai ad avervi conferito distinzione e riconoscimento. Perciò, tenete a mente il Nome di Sai e continuate il vostro lavoro. Dal tempo delle celebrazioni del 60° Compleanno, metto in luce la sâdhanâ spirituale e l’approccio advaico. Abbiamo superato lo stadio del karma kânda (il regno dell’azione) e dell’upâsana (l’adorazione) e stiamo entrando nello stadio della Jñâna (la Conoscenza Suprema). D’ora in poi, dovreste concentrarvi sull’approccio advaico.

Il fenomeno Sai

Durante questo congresso si è discusso di certi cambiamenti. Essi si riferiscono a nessun individuo in particolare né ad alcun errore da parte vostra. Sono invece in relazione alla situazione mondiale di oggi. Il mondo sta guardando al movimento Sai con una miriade di occhi. La gente si sta chiedendo: “Chi è questo Sai? Dovunque andiamo, o in un bazar o nella giungla, vediamo sempre fotografie di Sai, e che il Nome di Sai viene invocato.” Molti sono stupiti di questo fenomeno, e stanno cercando di esaminarlo o per curiosità o per invidia. In una simile situazione, non si dovrebbe dar motivo a nessuno di puntare il dito della critica o della derisione verso la nostra Organizzazione. Ognuno, in base al proprio stato o alla propria posizione, dovrebbe continuare al meglio col proprio lavoro.
In futuro, invece di esservi alcune persone che fungono da “ufficiali” e altri da soldati semplici, tutti potranno essere trattati come pari, come “fratelli” o come compagni di lavoro. Bisogna promuovere l’amore reciproco. Dobbiamo dimostrare al mondo l’unità che è alla base della diversità. Tutti dovrebbero lavorare assieme in armonia, agire assieme, muoversi assieme, crescere assieme e condividere con tutti la conoscenza e l’esperienza comuni. Non dovrebbe esservi posto per i cinici, i disfattisti e i santommasi nell’Organizzazione Sai. Noi vogliamo gente che si identifichi completamente con l’Organizzazione.

Il ruolo delle donne

Per molto di quello che è stato raggiunto dalle Organizzazioni Sai, il merito va al lavoro delle donne. Esse hanno fatto un buon servizio. Dovrebbero esserci anche per la sezione femminile, tutte e tre le Ali: spirituale, educativa e di servizio. Desidero che esse si impegnino in tutte e tre le attività. Nelle organizzazioni femminili, invece che competizione per l’incarico, dovrebbe esserci concentrazione sulle mansioni. Non dovrebbe esserci spazio per autoritarismi da capi. Tutti sono sevak nell’ovile di Sai. Perché dovrebbe esserci distinzione fra di loro?
C’è anche un’altra questione. Finora abbiamo avuto un Consiglio Mondiale. Esso ha servito il proprio scopo, ma ora i Centri Sai sono largamente cresciuti di numero nei Paesi d’oltremare. Il Consiglio Mondiale cesserà di esistere da oggi. Sarà più appropriato se in ogni Paese d’oltremare vi sarà un comitato che si occupi del funzionamento dei Centri Sai conformemente alle condizioni e alle richieste di quei Paesi. Le sedi d’oltremare dovranno fornire informazioni alla nostra sede di Prashânti Nilayam, per quanto concerne le loro attività.
Lo scopo dell’introduzione di questi e di altri cambiamenti è solo di dare incoraggiamento a una guida alle Organizzazioni Sai che stanno crescendo con straordinaria rapidità. Voi conoscete la distanza che avete percorso: ora dovete guardare diritto al futuro. Io desidero che voi tutti vi consideriate come fratelli e sorelle nell’Organizzazione Sai e che siate d’esempio al mondo. Il rapporto diretto e individuale tra ognuno di voi e Me rimarrà sempre. Se la nostra relazione si potrà rafforzare attraverso le Organizzazioni, Io Mi sentirò ancor più felice. Sperando che i cambiamenti proposti non diminuiscano in nessun modo il vostro entusiasmo e che continuerete la vostra attività con vigore ed passione raddoppiati, in una maniera esemplare, vi benedico tutti.

Prashânti Nilayam, 21 novembre 1987,
Auditorium Pûrnacandra
Discorso di commiato ai 12.000 delegati provenienti da tutta l’India, partecipanti al Convegno degli Operatori Attivi Sathya Sai.

(Da www.sathyasai.org)

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