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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1993:19930404

19930404 - 04 aprile

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Custodite gelosamente nel cuore la conoscenza spirituale

Non lasciate entrare pensieri cattivi nella mente

La vita umana è molto preziosa, sacra e piena di luminosità delle virtù. Noi sprechiamo una vita umana tanto nobile per correre dietro ai piaceri dei sensi e alle passioni terrene. La responsabilità maggiore di un essere umano è quella di sviluppare un buon carattere e mettere in pratica i valori umani.

Affrontate i problemi per acquisire le qualità umane
L’uomo nasce senza desideri e qualità. Nel momento della nascita, non ha attributi di sorta. Crescendo, egli acquisisce alcune qualità a seguito delle abitudini alimentari che apprende e delle compagnie con cui si lega. Per il fatto di acquisire attaccamento e istinto possessivo, deve subire moltissime perdite, difficoltà, problemi e sfide. L’uomo dovrebbe sostenere i valori umani di fronte a tutte le sfide, le sconfitte e le perdite. La vita umana è costellata di problemi e sfide; essi aiutano tutti indirettamente ad acquisire qualità umane. Se l’uomo vuol condurre una vita umana, deve acquisire le qualità umane. All’inizio, egli prova dei desideri. Essi sono comuni a tutti, ai giovani e ai vecchi, agli uomini e alle donne, alle persone comuni e ai santi, ma è importantissimo avere desideri buoni come quello di elevarsi, di vivere nobilmente, di essere buoni studenti, di seguire il sentiero che porta al Divino. Per il fatto di dover vivere nel mondo, avere dei desideri è del tutto naturale per l’uomo, ma essi devono essere contenuti. Dato che i desideri hanno oltrepassato ogni limite per effetto del Kali Yuga, egli ha perduto la pace e sperimenta l’irrequietezza. I desideri possono esserci, ma devono essere limitati; se non lo sono, diventano come catene che legano e imprigionano. Per questo legame, l’essere umano perde la libertà.

Mettete in pratica la conoscenza che avete
Anche gli animali hanno dei desideri che però non sono illimitati come quelli dell’uomo. Essi hanno una ragione e una stagione, mentre l’uomo non ha né l’una né l’altra e per questo si trova ad affrontare molte difficoltà e problemi. Perché è così irrequieto pur non mancando di cibo, indumenti e riparo? Sono solamente i desideri eccessivi a renderlo tale. Pertanto, l’uomo deve porre un tetto ai suoi desideri.

“Meno bagaglio e più comodità fanno del viaggio un piacere.”

La vita è un lungo viaggio; mentre lo intraprendete, non dovreste avere un bagaglio eccessivo. Nel gergo vedantico, questo si chiama rinuncia (vairâgya). Voi ne avete letto a lungo, avete ascoltato molti discorsi: quanto siete stati capaci di mettere in pratica? Se ve lo chiedete, scoprirete di non avere fatto neppure un solo passo avanti. Siete dove eravate; a dispetto dell’ascolto e della lettura dei testi vedantici, della ripetizione del Nome e della meditazione, malgrado la conoscenza dei testi sacri, la vostra posizione è quella che era. Come potete fare dei progressi? Si raggiungono nobili altezze solamente mettendo in pratica la conoscenza, ma oggi gli studenti sono zero (zero) nella pratica ed eroi (hero) nella conoscenza “libresca”. Voi potete udire e imparare moltissime cose, ma la vostra posizione è la stessa che era; invece di imparare centinaia di cose, è importante che ne mettiate in pratica almeno una. Dovete quindi cominciare ad applicare. L’esperienza viene soltanto dalla pratica. La fame non si sazia udendo semplicemente i nomi di cose deliziose: bisogna impegnarsi a mangiarle. Un mendicante non migliorerà la sua condizione soltanto ascoltando discorsi sulla grandezza dell’economia; il buio pesto non verrà cacciato dall’ascolto del potere della luce. In modo simile, voi non potrete mai diventare dei vedantini imparando che cos’è il Vedânta.
La conoscenza appresa sui libri è del tutto superficiale. Ciò di cui abbiamo bisogno è la conoscenza suprema e questa si ottiene tramite la conoscenza pratica, per cui l’essere umano deve sforzarsi di mettere in pratica almeno in parte. A dispetto della loro istruzione, le persone non fanno sforzo alcuno per ottenere la grazia di Dio, non maturano lo spirito di sacrificio. Che cosa mettiamo in pratica? Che cosa sacrifichiamo? Noi non mettiamo in pratica né sacrifichiamo alcunché. Allora, a che scopo dovremmo ascoltare? Noi ascoltiamo i testi sacri come le altre storie. Nella vita giornaliera, ascoltiamo la radio e guardiamo la TV; a che serve? Ne traiamo diletto finché guardiamo, poi dimentichiamo. La spiritualità non è così: ciò che si ascolta, ciò che si osserva va conservato nel cuore; solamente così si ha soddisfazione e forza.
L’uomo considera se stesso buono e denigra gli altri come cattivi, ma il bene e il male dipendono dal modo di pensare. Ecco un piccolo esempio. Una volta, Krishna pensò di saggiare la natura di Yudhishthira e Duryodhana. Egli chiamò il primo e disse: “Devo fare una cosa, per cui mi serve una persona dalla mente molto meschina, dedita alla menzogna e alla malvagità. Me la puoi procurare?” Dopo chiamò Duryodhana e gli disse: “Deve esser fatta una grande cosa. È quindi necessaria una persona nobile che sia pura, di cuore gentile e virtuosa.” Ambedue accettarono il compito assegnato loro da Krishna e partirono in direzioni diverse per cercare le persone richieste. Dopo un certo tempo, Yudhishthira tornò e disse molto umilmente: “O Signore! Nel nostro regno non ci sono persone malvagie. Io sono l’unico ad avere qualche malvagità; quindi ti prego di usare me.” A seguire arrivò anche Duryodhana che disse: “Krishna! Una persona davvero nobile non si trova in alcun luogo in questo reame. Io penso di essere l’unico di quel tipo. Se mi dici qual è il compito, io lo assolverò certamente.” Nella sua visione egoistica, tutti apparivano malvagi, mentre, nella visione umile di Yudhishthira, tutti apparivano buoni. Ne consegue che tutto vi appare del colore degli occhiali che avete sul naso: se la vostra visione è malvagia, ogni cosa vi apparirà tale. Duryodhana era estremamente malvagio e aveva una mente maligna, mentre Yudhishthira era un esempio totale di virtù. Era l’incarnazione effettiva della Verità e del Dharma, per cui tutti gli apparivano nobili e buoni. Una persona egoista pensa di sapere tutto, e che gli altri siano degli ignoranti totali, mentre uno che sa tutto è sempre umile. Chi dichiara di sapere tutto non sa effettivamente niente; chi dice di non sapere niente può davvero sapere tutto. Noi possiamo cercare di sapere tutto, ma dobbiamo mettere in pratica almeno una o due delle molte cose che sappiamo.
Molti conoscono la storia dell’efficacia della ripetizione del Nome Divino: come racconta il narratore, udendo il Nome del Signore, l’uccello rinacque come vitello e questi come un principe. Molti cantano continuamente “Sai Ram, Sai Ram”, ma quanto si sono trasformati? Se si interrogano, scoprono che in loro non c’è neppure una frazione di cambiamento. A che serve, quindi? Un uccello poté cambiare, riuscì a farlo anche un vitello e pure il principe avrebbe potuto immergersi nel Signore; ma qual è la ragione della mancanza di trasformazione nell’uomo moderno? Ripetere il Nome di Dio non basta: anche il registratore può farlo e anche un grammofono può ripetere il Nome di Dio. Di quale risultato godranno? Non dobbiamo quindi ripetere il Nome di Dio meccanicamente; dobbiamo farlo con consapevolezza piena. Tutto deve uscire dal cuore e non semplicemente dalle labbra. Noi diciamo tutto con le labbra, ma non sperimentiamo al livello del cuore. Al fine di trasformare la vita umana in divina, dobbiamo imprimere sentimenti divini nel cuore, dobbiamo acquisire lo spirito di sacrificio e sublimare la vita.

Il sacrificio porta all’immortalità
Che cosa intendete per spiritualità? Spiritualità non significa semplicemente ripetere i mantra, fare meditazione e cantare i bhajan. Queste sono azioni buone, ma l’uomo deve sacrificare tutte le qualità animali che si sono radicate profondamente nel suo cuore in molte vite; solamente allora il suo ripetere il Nome Divino avrà l’effetto dovuto. Quando recitate il Nome di Dio, dovreste avere dei sentimenti sacri. Quando un albero cresce, anche le radici devono penetrare nel terreno; il suo peso, infatti, è sostenuto dalle radici sottostanti, e soltanto così esso avrà stabilità e forza. Se le radici non scendono in profondità, l’albero intero cadrà. Così, mentre la pratica cresce, anche i sentimenti devono scendere in profondità. Dio è più interessato ai sentimenti profondi che alla pratica esteriore. Quando questa e i sentimenti profondi vanno di pari passo, la sâdhanâ diventa luminosità divina. Voi dovete cambiare sia all’esterno sia all’interno perché Dio è presente dentro, fuori e dovunque. Come dichiarano i Veda: “Quel Dio onnipervadente è presente dentro e fuori.”
Mentre avanzate nel cammino spirituale, dovete anche valutare quanto avete controllato gli attaccamenti terreni. La distanza da Dio cresce in proporzione a quanto crescono gli attaccamenti, mentre, a mano a mano che vi attaccate a Lui, l’attaccamento al mondo diminuisce. È un’altalena e voi siete al centro: da una parte c’è il mondo e dall’altra c’è Dio. Se vi avvicinate a Dio, il mondo si allontana; se andate verso il mondo, vi allontanate da Lui. In quale direzione dovreste quindi andare? Voi avete attaccamenti terreni e desiderio di Dio, ma non potete avere i due insieme. Il cuore è una poltrona singola, non è un divano, né una sedia musicale; non deve neppur cambiare di continuo.

“L’immortalità non si consegue con l’azione, la progenie o la ricchezza:
si raggiunge soltanto col sacrificio.”

Pertanto, se si vuole ottenere l’immortalità, bisogna rinunciare alle cose del mondo.
In questo contenitore c’è dell’acqua; se volete versarvi del latte, dovete prima vuotarlo. Se vi versate il latte mentre c’è l’acqua, non ci starà né l’uno né l’altra. In modo simile, nel vostro cuore ci sono molti desideri terreni, per cui prima vuotatelo rimuovendoli, poi riempitelo con i desideri divini. Il cuore si può riempire di qualunque cosa se è vuoto davvero; si può riempirlo di Conoscenza Divina se è già pieno di cose varie? Prima ripulite il cuore. Questa si chiama citta shuddi (purezza di cuore). Senza purezza, l’unità è impossibile e dove non c’è unità, non entrerà mai la Divinità, mentre può entrarci l’inimicizia. Acquisite quindi, prima di tutto, la purezza. Che cosa si intende per purezza? Dio è in tutti, per cui dovete rispettare tutti. Dovete acquisire questa caratteristica. Il saluto ossequioso che rivolgete a chiunque raggiunge Dio. Chiunque critichiate, quella critica raggiunge Dio. Quindi rispettate tutti coloro che incontrate comprendendo che Dio è dentro di loro. Non criticate mai nessuno. Criticare gli altri significa criticare Dio. Correggete i vostri errori, senza mai evidenziare quelli degli altri. Come ha detto Gesù, l’uomo non vede la trave che ha nel suo occhio, ma vede la pagliuzza in quello dell’altro. Questo non è bene. Bisogna liberarsi dei propri difetti e vedere il bene negli altri, senza mai guardare i loro errori: questa è vera pratica spirituale. Se si guardano i propri difetti e i meriti degli altri, si raggiungono nobili altezze; se si cerca di coprire i propri difetti e si esagerano i demeriti degli altri, si degrada la propria umanità. Per questo, bisogna per prima cosa esaminare se stessi, fare autoanalisi; se si indaga, si raggiunge l’autorealizzazione. Da dove proviene l’autorealizzazione? Viene dal Sé. La fiducia in se stessi porta alla soddisfazione di sé, la soddisfazione di sé porta al sacrificio di sé e il sacrificio di sé fa raggiungere l’autorealizzazione. Tutto è nel Sé; che cos’è, allora, il Sé? È l’Âtma.

Acquisite apertura mentale
L’essere umano deve esaminare e visualizzare il suo vero Sé. Egli dice: “Io, Io”. Chi è “Io”? Dov’è questo “Io”? È nel corpo, nella mente, nell’intelletto, in citta (il pensiero individuale) o nell’antahkarana (l’organo di percezione interiore)? No, questo “Io” è presente dovunque. La Consapevolezza Piena e Costante è “Io”, è la Consapevolezza Suprema, è Dio, ed è nel corpo, nella mente, nell’intelletto, ovunque. Quindi, Dio è onnipervadente. Acquisite la certezza del fatto che Dio è dovunque e, per avere questo sentimento espansivo, liberatevi delle caratteristiche animali; i sentimenti divini si manifesteranno in voi solamente se le rimuovete. Assieme alla recitazione del Nome di Dio, dovete acquisire l’apertura mentale. Molte persone vengono qui da luoghi lontani spendendo molti soldi. Che cosa dovrebbero ottenere dopo aver speso tutti quei soldi e aver viaggiato così a lungo? Dovrebbero scoprire la Divinità in se stesse. Anche stamane Swami ha detto questo. Nel bicchiere c’è dell’acqua. Se ci mettete un cucchiaino di zucchero, esso si depositerà sul fondo. Sopra c’è l’acqua; il sapore è in fondo non in cima e, bevendo la parte superiore dell’acqua, non sentirete alcun sapore. Che cos’è quell’acqua insapore? Sono i desideri terreni. La Divinità è in fondo. Che cosa dovreste fare per mischiare lo zucchero con l’acqua che è sopra? Bisogna che la mescoliate bene con un cucchiaio, così lo zucchero che è in fondo si miscela con tutta l’acqua e qualunque parte ne beviate è dolce.
Il cuore è il bicchiere, la Divinità è lo zucchero, i desideri terreni sono l’acqua: se usate il cucchiaio dell’intelletto e agitate l’acqua, vale a dire che seguite una disciplina spirituale, la Divinità si diffonderà ovunque. Allora che cosa dovreste fare? La Divinità in voi è del tutto naturale. Voi non La state espandendo dappertutto: La state limitando, La state rendendo ristretta con i sentimenti di “io” e “mio”. Questa non è altro che la contrazione dell’amore che invece dovrebbe espandersi. Per espandere l’amore, dovete sentire che tutti vi appartengono perché in tutti c’è Dio. La vera pratica spirituale consiste quindi nell’andare dall’“io” al “noi”. Dovete andare dallo zero piccolo allo zero grande. Questo è uno zero; c’è uno zero più grande che è anch’esso zero; c’è uno zero ancora più grande ed è zero anche quello. Tutti sono zeri. C’è differenza nella quantità, ma il significato è lo stesso. Pensare che ci stiamo muovendo da una verità piccola a una più grande è un errore. La verità è la verità e rimane sempre la stessa.
Dovete avere apertura mentale: allora sarete capaci di riconoscere la Divinità in tutti. Senza sentimenti espansivi, lo studio dei testi sacri non è altro che uno spreco di tempo e una fatica. Non si può raggiungere la Divinità semplicemente leggendo le Scritture se si hanno sentimenti meschini. Per portare a manifestazione il Sé basta una parola. Per dirlo agli altri dovete leggere molti libri, ma ciò che si dice traendolo dai libri non ha sapore, non è il vero segno della Divinità.

Cantate il Nome Divino dal profondo del cuore
Shiva tiene la luna in cima alla testa per dare luce a tutti e il veleno in gola. Tiene tutto ciò che è dannoso in Se Stesso e distribuisce ciò che è bene a tutti. Questa è l’equanimità della natura di Îshvara o Shiva.

“Dio risiede in tutti gli esseri.”

Quell’Îshvara è in ognuno. Anche voi dovreste essere come Îshvara; distribuite il bene agli altri, ma tenete tutto il male con voi. Non distribuite le vostre qualità negative; bisogna che le sottomettiate e non le passiate ad altri. Fate del bene, distribuite il bene a tutti. Potete non avere tempo per leggere i diciotto Purâna (testi mitologici), ma dovete conoscerne l’essenza. Qual è la loro essenza? L’essenza dei diciotto Purâna è “Aiuta sempre, non ferire mai”; basta che sappiate questo. Aiutate tutti, non fate mai danno a nessuno. Se conoscete questi due princìpi, potete conoscere qualunque cosa. Dio è in tutti: dovete riconoscere questa verità e amare tutti. Lo spirito dell’Amore è spiritualità, la divisione dell’amore è dualità.

Ragazzi!
A questa età giovanile, dovete maturare sentimenti espansivi. Invece di dire tante cose agli altri, basta che ne mettiate in pratica una voi stessi. Studiare i testi sacri non può mai trasformare nessuno; si possono ripetere molti shloka (versi), ma il vostro shoka (afflizione) non viene sradicato. Mettete in pratica l’essenza di uno di essi: questo basta.
Nel piatto ci sono patate e chapati: anche se ripetete “patate chapati, patate chapati” cento volte, non vi sazierete; solamente mangiando calmerete la fame. Prima sperimentate, poi mettete in pratica. Ripetere semplicemente il Nome di Dio non serve a niente. Voi ripetete: “Ram, Sai Ram, Sai Ram, Ram, Ram, Ram, Ram, Ram, Ram, Ram, Ram; Krishna, Krishna, Krishna…” come dei registratori. Questo non serve, non basta che venga fuori dalle labbra; deve scaturire dal cuore. Se viene dal cuore, ci sarà la trasformazione e, tramite questa, otterrete la Beatitudine. Solamente la Beatitudine vi porterà all’autorealizzazione. L’autorealizzazione è importante. Dovremmo chiederci: “Chi sono io, chi sono io; sono il corpo?” No! Se dite: “Questo è il mio corpo”, significa che il corpo è distinto da voi. Se dite: “Questa è la mia mente”, vuol dire che la mente è distinta da voi. Voi dite: “Questo è il mio corpo, questa è la mia mente, questo è il mio intelletto.” Quindi chiedetevi: “Chi sono io?” e la risposta che dovete dare è: “Io sono Io. Non sono il corpo, non sono la mente. Essi sono solamente degli strumenti. Io sono il padrone, io sono il capo; quindi, io sono l’Âtma.” Usate tutti gli strumenti, sentite di essere l’Âtma e sperimenterete il Sé. Il corpo è una bolla nell’acqua, la mente è una scimmia pazza; non seguite il corpo, non seguite la mente: seguite la coscienza. Essa è l’Âtma, è il vero Sé.

Realizzate l’unità nella diversità
Il corpo serve. Il corpo è uno strumento e, grazie a esso, avete potuto, finora, mettere in pratica. C’è la mente: non lasciate che dei pensieri malvagi vi entrino. Dirigete tutte le azioni del corpo e tutti i pensieri della mente verso Dio e il lavoro si trasformerà in adorazione. Considerate qualunque azione facciate come un atto di adorazione. Non dite mai “questo è il mio lavoro e quello è il lavoro di Dio”; tutti i lavori, ogni lavoro è di Dio. Se procediamo con questa convinzione, possiamo comprendere facilmente la spiritualità. Non date mai spazio al sentimento di “mio” e “tuo”; è ego e voi non dovete avere ego. Finché avete ego, non potete concludere niente. Dovete essere molto umili, dovete avere umiltà e obbedienza; con l’umiltà, avrete tutte le potenzialità e capacità. Finché c’è l’ego non si può raggiungere niente; quindi liberatevi dell’ego e maturate l’obbedienza e l’umiltà.
Pensare al Signore, che è onnipervadente, è assolutamente essenziale. Da domani, se i devoti hanno dei dubbi, questi verranno chiariti. Gli occidentali vengono qui con aspettative molto elevate e noi dobbiamo dar loro questa opportunità. Essi non hanno idea della cultura bhâratiya. Che cosa s’intende per “cultura”? Che differenza c’è tra la cultura indiana e quella occidentale? Secondo Swami, non c’è alcuna differenza; la diversità sta nelle parole, nella nomenclatura, ma il materiale è identico. In inglese acqua si dice “water”, in hindî “pani”, in telugu “niru”, in tamil “thanni” e una persona che conosce il sanscrito usa il termine “vâri”. C’è un cambiamento nella parola, ma l’acqua è acqua. Dio è uno anche se i Nomi e le Forme differiscono; questa è unità nella diversità.

“I gioielli sono molti, ma l’oro è uno.
Gli esseri sono tanti, ma il respiro è uno.
Le stelle sono numerose, ma il cielo è uno.
Le nazioni sono tante, ma la terra è una.”

Dobbiamo instaurare questa unità nella diversità. Non c’è alcuna differenza, non ci sono differenze di alcun tipo nella riunione dei fedeli qui. Qui c’è solamente una sola grande casa. L’universo intero è una sola residenza grandissima. L’America è una stanza, l’Italia un’altra stanza, l’Inghilterra un’altra ancora; i diversi Paesi sono come stanze diverse. In una casa grande ci sono stanze di ogni tipo. Ecco un esempio. Prendiamo una casa grande: c’è la sala da pranzo, il salotto, la stanza da letto, il bagno e la cucina; ci sono delle differenze. Quando abbiamo delle differenze? Solamente quando ci sono dei muri; se togliete i muri, ci sarà solamente una grande sala singola. Nessuna stanza, nessuna differenza. Allora da dove vengono le differenze? Le aggiunte limitanti le causano. I muri sono ostacoli; se rimuovete i muri, tutte le cose saranno una. Dobbiamo togliere i muri dell’ego; se eliminate i muri dell’ego, la stanza da pranzo, il bagno, la cucina, tutto diventa uno. Quindi dobbiamo eliminare l’ego. Dobbiamo generare amore e amore soltanto.

“L’Amore è Dio, vivete nell’Amore.”

Solamente con l’amore si possono risolvere tutte le differenze. Qui ci sono devoti che vengono dalla Russia, dalla Gran Bretagna, dalla Cina, dagli U.S.A. Qui la relazione è d’amore soltanto. L’Amore è uno. Se non c’è amore, non occorre venire qui spendendo un mucchio di soldi e sopportando tutte le scomodità. Per amore, non siete disturbati dalle scomodità. A casa vostra, dove avete il salotto separato, la stanza da letto separata e lo spogliatoio separato, non avete soddisfazione, ma qui, dove non ci sono comodità disponibili, tutto si aggiusta. Voi comprendete, e questa comprensione costituisce una grandissima pratica spirituale. Sacrificando tutte le comodità, voi cercate di godere della Beatitudine; è soltanto quella Beatitudine che unifica. Nell’adattarsi in una sola stanza, bisogna maturare una mentalità aperta; liberatevi dei pensieri ristretti e maturate lo spirito dell’amore. Lo spirito dell’amore è spiritualità.

Kodaikanal, 4 aprile 1993,
Sai Shruti

(Da “Sanâtana Sârathi”, aprile 2016)

discorsi/1993/19930404.txt · Ultima modifica: 2016/06/29 19:17 da sathyamax