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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1993:19930418

19930418 - 18 aprile

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Mantenete costantemente l'attenzione su Dio

“Tutti i nomi e le forme sono manifestazioni dell’Essere Supremo che è l’incarnazione della pace e del buon auspicio. Egli è Esistenza-Conoscenza-Beatitudine assolute e non duali. È Verità-Bontà-Bellezza (Sathyam-Sivam-Sundaram.)”

“La mente è responsabile di tutto. Il mero andare nella foresta non garantisce il raggiungimento della liberazione. Se trascendete la mente, il risultato è lo stesso sia a casa, nella foresta o in un tempio”.

Cominciate immediatamente a recitare il Nome Divino

Incarnazioni dell’Amore!
Ciò che si trova tra Âtma e anâtma, spirituale e terreno, buono e cattivo, peccato e buona azione è la mente umana; essa è come un muro della residenza della vita che causa divisione nell’unità. L’essere umano può sperimentare l’unità quando elimina l’ostacolo della mente.

“L’Uno volle divenire i molti.”

Solamente l’Uno si è manifestato nei molti. L’uomo vede la diversità nell’unità a causa dell’illusione mentale provocata dall’ego e dall’attaccamento.

L’ego e l’attaccamento causano l’illusione

Costruiamo un grande palazzo che ha una stanza da bagno, un salotto, una cucina, una stanza da letto e così via. Che cosa c’è tra le stanze? Ci sono i muri che abbiamo costruito. Se togliamo i muri, tutta la costruzione diventa una grande sala. La mente è la causa della diversità nella vita umana come i muri in un palazzo. Per sua natura, la mente umana ha pensieri positivi e negativi; l’uomo deve comprendere questo principio della mente e comportarsi con discriminazione. I pensieri negativi si manifestano nella mente quando essa è collegata a tutto ciò che appartiene al mondo. Il coinvolgimento della mente nello scenario del mondo aumenta l’agitazione e l’ansia; a causa dell’ansia, i pensieri negativi crescono sempre di più. I pensieri positivi e negativi sono come la trama e l’ordito della stoffa; togliendo i fili, potete eliminare la stoffa. Se non ci sono pensieri, non c’è mente. Sono i pensieri negativi a danneggiare l’uomo. Essi si possono controllare solamente con la pratica costante. Una volta, Arjuna disse a Krishna: “Swami, la mente è molto instabile e anche molto potente; controllarla non è facile.” Quindi pregò il Signore di insegnargli come controllarla, al che Krishna rispose: “O scervellato! In questo mondo non c’è niente di più facile che controllare la mente.” Da dove ha origine la mente? Origina dai pensieri. Se rendete i pensieri buoni e giusti, non avrete mai alcun problema con la mente. Che pratica dovete seguire? Solamente una: avere piena fede nel fatto che tutto l’universo è la forma effettiva di Dio. Dovete riconoscere che esiste un solo Principio Divino in tutta la varietà di nomi e forme nel mondo.

“I gioielli sono molti, ma l’oro è uno;
le mucche sono numerose, ma il latte è uno;
gli esseri sono tanti, ma il respiro è uno;
i fiori sono molti, ma l’adorazione è una;
le religioni sono numerose, ma la meta è una;
gli esseri viventi sono tanti, ma l’Âtma è uno.”

Le lampadine possono essere di potenze e colori diversi, rosse, nere, blu, ma la corrente elettrica è la stessa in tutte; così, gli esseri possono avere forme e nomi diversi, ma la Divinità è identica in tutti. In tutti gli esseri c’è lo stesso Âtma come in tutte le lampadine c’è una sola corrente. Noi dobbiamo professare questo e riconoscere “io sono il Sé, io sono l’Âtma”. Anche “io sono l’Âtma” è un pensiero e neanche questo dovrebbe manifestarsi perché significa che io e Âtma sono due entità, quindi sono dualità. Dove c’è la dualità c’è l’ignoranza.

“L’uomo con mente duale è mezzo cieco.”

Oggi non siamo totalmente ciechi. Abbiamo soltanto una visione non chiara; siamo mezzo ciechi. Per liberarci di questa mezza cecità, dovremmo allontanarci dal sentimento duale di io e Sé, e dire: “Io sono Io”, prendendo il sentiero dell’unicità. Anche Arjuna lo percorse. Dio è come la corrente. La corrente non si può vedere isolata; essa non ha forma. Quando entra in una lampadina, genera la luce, nel ventilatore provoca una brezza fresca, nel forno vi aiuta a cucinare, in una macchina la fa funzionare. Si può usare la corrente in uno strumento; senza lo strumento non se ne può fare uso. Il corpo, la mente, l’intelletto, l’ego e i sensi sono solamente degli strumenti. Il Principio Atmico è come la corrente: li fa funzionare. Senza il Principio Divino, essi non possono funzionare.

Riconoscete il valore delle vita umana

L’essere umano deve tentare di conoscere il Principio Divino che fa funzionare tutti gli organi. Per questo, la forma del Divino è assolutamente essenziale. Alcuni dicono che Dio non ha forma; chi pensa questo è ignorante, non ha alcuna conoscenza. La forma è assolutamente essenziale. Voi volete la liberazione, volete la beatitudine, volete la pace, volete sperimentare la Divinità. Come sperimentarle? Voi volete bere del latte, dell’acqua o del pâyasam; per questo, avete bisogno di un bicchiere o di un recipiente. Senza un contenitore, non potete attingere il liquido; quindi, qualunque cosa consumiate, vi serve un contenitore. Quando il contenitore-corpo riceve la beatitudine, voi la sperimentate; anche la Divinità è come un liquido e per sperimentarlo avete bisogno di un contenitore che è il corpo. Per usare questo liquido non c’è altro modo. Se non avete alcun contenitore, dovete almeno unire le palme e fare una coppa. Quindi il contenitore è del tutto essenziale: è il corpo. Il Sé è l’abitante eterno del tempio-corpo.

“Il corpo è un tempio il cui abitante è Dio.”

Solamente pensare a Dio non basta: dovete fare lo sforzo appropriato.

“L’oscurità del mondo sarà eliminata dal messaggio della luce?
Si può curare la malattia con il solo ascoltare l’efficacia della medicina?
Può un povero liberarsi della povertà ascoltando i princìpi dell’economia?
Si può saziare la fame soltanto ripetendo i nomi di vari deliziosi piatti?”

No. Voi dovete acquisire, sperimentare e afferrare ciò che desiderate. Per eliminare l’oscurità, vi serve la luce. Non dovete preoccuparvi di quanto tempo ci vorrà per dissolvere l’oscurità che è rimasta con voi per molte vite. Un edificio può rimanere chiuso per dieci anni. In quella costruzione può esserci, giorno e notte, buio pesto per dieci anni, ma non occorre molto tempo per dissipare quell’oscurità. Non appena si accende una lampada, tutta l’oscurità se ne andrà in un attimo. Conoscere questa verità è sufficiente; non vi serve molto tempo per questo. L’uomo non si rende conto di quanto sacra, preziosa e nobile sia la vita umana. Sforzarsi di conoscere il valore del proprio Sé è vera pratica spirituale. Il diamante non conosce il suo valore; colui che lo possiede e ha discriminazione lo conosce veramente. Perché l’uomo non conosce il proprio valore? La ragione è l’ego. Egli ha dimenticato la sua vera natura per colpa dell’ego, ha dimenticato la sua verità a causa dell’identificazione con questo mondo fisico effimero e transitorio. Questa è la causa di tutte le difficoltà. Noi vediamo con gli occhi, ascoltiamo con le orecchie, sperimentiamo con la mente e consideriamo il mondo vero; quanto durerà?

Volgete la mente verso Dio

Oggi, tutti voi state ascoltando il Discorso di Swami. Lo vedete e sperimentate gioia. Quanto durerà questa verità? Dura finché non tornate a casa stasera, mangiate e andate a letto. Dopo essere andati a letto, fate molti sogni; in essi non c’è lo stato di veglia. Credendo a tutto ciò che accade nel sogno, voi sperimentate il piacere e il dolore. Ma quanto dura il sogno? Dura fin quando non vi svegliate. Nello stato di veglia, non c’è il sogno; nel sogno, non c’è lo stato di veglia, ma voi siete in ambedue, siete onnipresenti. Che cos’è quest’onnipresenza? È Divinità. Voi siete la forma effettiva della Divinità. Se comprendete queste semplici cose, capirete anche profonde verità.
Oggi l’uomo si preoccupa del passato. Preoccuparsi del passato non serve a niente. Perché vi voltate indietro a guardare la strada che avete già percorso? Il passato è passato, dimenticatelo. Voi costruite castelli in aria pensando al futuro, ma il futuro non è certo. Chi è completamente sicuro di vedere il domani? Per questo, pensare al futuro non serve a niente. Il passato è passato, il futuro è incerto. Non rimuginate sul futuro; vivete nel presente. Questo non è un presente ordinario: è onnipresente. I risultati del passato sono nel presente; anche i risultati futuri sono nel presente. Il seme piantato prima è una pianta oggi; se non aveste piantato il seme l’anno scorso, oggi non avreste l’albero. Anche il seme del futuro è presente nell’albero. L’albero presente è quindi un albero onnipresente con i semi del passato e del futuro. In modo simile, il tempo presente è onnipresente; quindi siate sereni nell’onnipresente. Perché oggi l’essere umano è preda dell’infelicità? Egli è infelice perché dimentica il presente e si preoccupa del passato e del futuro. La causa di ambedue è la mente.

“La mente è la causa della schiavitù e della liberazione dell’uomo.”

Swami ha detto questo molte volte. Voi mettete una serratura alla porta. Per aprirla, infilate la chiave e la girate verso destra. Così la serratura si apre.
Per chiudere, voi girate la chiave verso sinistra. La stessa serratura, la stessa chiave; la differenza è solamente nel girare a destra o a sinistra. Allo stesso modo, il cuore è la serratura e la mente è la chiave: girate dalla parte di Dio e ottenete il distacco, girate dalla parte del mondo e avete l’attaccamento. Volgendo la mente verso Dio, ottenete la liberazione; volgendola verso il mondo, ottenete la schiavitù. Quindi la mente è responsabile sia della liberazione sia della schiavitù. L’altro giorno, Swami ha parlato di pratica individuale, pratica di famiglia e pratica nella comunità. Il mondo progredirà per mezzo di queste tre pratiche. Che cosa si intende per pratica individuale? È la pratica spirituale fatta dall’individuo personalmente. Che cos’è la pratica? È recitare il Nome di Dio, meditare o lo yoga? No! Nessuno di questi. È il fiorire completo dell’individualità della persona. Senza il fiorire della propria individualità, tutte le pratiche sono inutili. L’individualità è necessaria. Come si sviluppa? Non dovete mai prendere la strada stretta; solamente così otterrete lo sviluppo completo della vostra personalità. In primo luogo che cosa intendete per personalità? Personalità significa manifestazione della Divinità latente nell’individuo. Il corpo non costituisce la personalità. Chi è una persona davvero? Chi manifesta la sua beatitudine latente è una persona nel vero senso della parola.

Manifestate la Divinità latente

Com’è nata questa parola persona? Viene dalla stessa parola latina. Prima di tutto, dobbiamo conoscere ciò che si intende per persona. Gesù che discende dalla Divinità è chiamato “persona”, per cui “persona” significa “Divinità”; quindi indica che la Divinità è presente in ogni persona. Tale Divinità è onnipresente. Vediamo un altro semplice esempio. Voi dite: “Questo è il mio corpo, questa è la mia mente, questa è la mia mano, questo è il mio naso, questi sono i miei occhi ecc.” Tutto è mio, mio, mio. Allora chi sono io? Ponetevi la domanda. Anche qui si trova la personalità, anche qui si trova l’onnipresenza. Voi dite: “Il mio occhio.” Anche nella parola “occhio” c’è l’io. Voi dite: “La mia mano, il mio corpo, il mio stomaco, la mia mente.” L’“io” è in tutti questi; quindi esso è ovunque. Quell’“io” denota la vostra vera personalità. Voi dite: “Io sono venuto.” Chi è venuto? Quello che è venuto è il corpo. Quando dite: “Io sono arrivato ieri”, intendete il corpo; quindi l’“io” si identifica col corpo, ma l’“Io” divino è oltre il nome e la forma. Sebbene risplenda in molti modi, rimane Uno.

“La Verità è una, ma il saggio le si riferisce con molti nomi.”

Essa è una, non due. È il vostro vero Sé. Nell’alfabeto inglese, avete visto la lettera “I”. Nel campo dei numeri, uno è scritto “1”, quindi “1” e “I” sono simili, ma, se sommate I+I+I un milione di volte, il totale rimane “I”.
L’“I” rimane solamente uno e questo è l’Âtma, ma, se lo scrivete come numero “1”, diventa milioni. Ecco l’unità nella diversità. Quando considerate il corpo come “I”, avete la molteplicità; quando siete consapevoli dell’Âtma come “I”, avete l’unità. Le Upanishad vi insegnano a comprendere l’unità nella diversità. Gli esseri sono molti, il respiro è uno. Le nazioni sono molte, la terra è una. Voi non dovreste mai dire: “Io sono americano, io sono australiano, io sono inglese, io sono indiano.” Non dovreste dire mai così, no! Tutti appartenete alla stessa terra; la Divinità è la stessa in tutti. Che cos’è la terra? In sanscrito la chiamiamo bhûmi, ma in senso spirituale è chiamata bhûman, che indica il Brahman illimitato. La terra non è permanente, ma bhûman lo è. Comprendere questa verità denota vera spiritualità. Comunque, non considerate il mondo come un ostacolo sulla via della spiritualità; fate il vostro dovere, assolvete le vostre responsabilità vivendo nel mondo, ma rimanete consapevoli della meta, non dimenticatela mai. Ecco un piccolo esempio: una madre di famiglia va al fiume, pulisce il recipiente, lo riempie d’acqua, lo mette in testa e torna indietro chiacchierando con le altre donne. Ella può anche discutere con loro, ma non dimentica mai il recipiente che ha sulla testa. Ecco un altro esempio: una ballerina esegue una danza. Ella muove le mani, gira gli occhi di qua e di là mentre segue il ritmo e la melodia. Nonostante questo, esegue la danza correttamente perché è concentrata sulla sua esecuzione. Nessuna distrazione può fargliela dimenticare. Questo dovrebbe essere il nostro vero obiettivo nella vita.

Ricordate sempre che voi siete l’Âtma

Potete essere un capofamiglia, uno studente o un uomo d’affari, ma, in qualunque faccenda siate impegnati, tenete presente che lo scopo è conoscere l’Âtma. Questa è spiritualità. La spiritualità non consiste soltanto nelle pratiche spirituali. Tenere la mente nella costante consapevolezza dell’Âtma e sperimentare la beatitudine nel cuore è vera spiritualità. Allora qualunque cosa facciate diverrà sacra e utile, ma voi dovete tener d’occhio la mente perché essa si comporta da ostacolo in tutto. Tenetela da parte. Ditele: “Non stare tra Dio e me; tu ti rivolgi al mondo mentre la mia relazione con Dio è sacra e spirituale.” Pacificate la mente in questo modo e mantenetela calma.
Nel Râmâyana c’è un ideale molto valido. Mentre camminavano nella foresta, Sîtâ seguiva Râma e Lakshmana seguiva Sîtâ per proteggerla. Non erano su una strada regale; camminavano uno dietro l’altro su un sentiero stretto. A un certo punto, Lakshmana desiderò vedere Râma, ma Sîtâ era tra di loro ed egli non osava superarla o mostrare irritazione verso di lei perché questo sarebbe dispiaciuto a Râma essendo Sîtâ una Sua proprietà effettiva. Se egli avesse pregato Sîtâ dicendo: “Madre, per favore, fammi passare in modo che io possa vedere Râma”, ella avrebbe certamente acconsentito, Râma sarebbe stato contento, Sîtâ sarebbe stata contenta e anche Lakshmana lo sarebbe stato. Questo mostra una verità profonda: Lakshmana è il Jîvâtma (Sé individuale), Sîtâ è mâyâ (illusione) e Râma è l’Âtma. I tre sono uno dietro l’altro: quando il Jîvâtma vuol vedere Dio, mâyâ si trova in mezzo come ostacolo. Voi non dovete odiare mâyâ perché essa è l’abito di Dio; piuttosto pregate con tutto il cuore. Allora non vi sarà alcuna mâyâ e voi vedrete Dio. Non si può mai sopraffare mâyâ con l’odio; bisogna farsela amica. Con parole buone, ella si arrenderà e voi potrete vedere Dio. In effetti, mâyâ è la nostra illusione; non ha esistenza altrimenti: è la nostra immaginazione. Questa immaginazione dovrebbe finire. Ecco un esempio: c’è una corda, ma, nel buio, voi ne avete paura scambiandola per un serpente. Non è arrivato alcun serpente; si tratta solo della vostra illusione. Accendete una torcia e osservate: la corda rimane quello che è, non c’è alcun serpente. Il serpente non è andato via, la corda non è venuta. All’inizio, la corda non era andata via né il serpente era venuto; non è accaduto che il serpente sia andato via quando avete acceso la torcia. Allora e ora, era ed è la medesima corda. Ciò che è venuto e scomparso era un’illusione. Mâyâ non ha una forma distinta; è costituita solamente di pensieri. Riempite d’amore il vostro cuore e procedete sulla via del sacrificio. Allora non sarete mai disturbati da mâyâ. Voi, però, vi date da fare per il vostro interesse egoistico. Avete paura di ciò che gli altri potrebbero pensare, di che cosa potrebbero dire. Perché avete paure come queste? Se non cantate il Nome del Signore ora a causa di simili paure infondate, chi vi verrà in aiuto quando i messaggeri della morte vi afferreranno?

“Nel momento in cui i messaggeri di Yama (Dio della morte) vi pongono il laccio intorno al colloe cominciano a trascinarvi via dicendo: ‘Vieni, andiamo’;
nel momento in cui i parenti suggeriscono ai membri della famiglia di portarvi fuori di casa dicendo che la vostra fine è arrivata;
nel momento in cui vostra moglie e i figli cominciano a piangere e a lamentarsi, come potete cantare il Nome di Hari?”

Parti presto, guida piano, arrivi sano. Non rimandate, non perdete tempo, cominciate ora e sperimentate ora la gioia di cantare il Nome Divino. Più tardi è più tardi. Dopo è dopo. Non sprecate assolutamente del tempo; impegnate la mente nella pratica del sacrificio. Incamminatevi sul sentiero della rinuncia con la pratica necessaria; questo è l’atteggiamento corretto della mente. In mezzo a tutti i tipi di pensieri e attività, dovete ricordare sempre che siete l’Âtma, nient’altro che l’Âtma. Non dimenticate mai questo sentimento divino; nutrite il sentimento di essere divini in ogni momento, in ogni luogo, dovunque. Non c’è pratica spirituale più grande di questa; nient’altro è necessario. Non occorre che abbandoniate i vostri doveri e le responsabilità; assolveteli con sentimenti divini. Soltanto così otterrete la pace imperitura.

Kodaikanal, 18 aprile 1993,
Sai Shruti

(Da “Sanâtana Sârathi”, ottobre 2016)

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