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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1994:19940626

19940626 - 26 giugno

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Pensar bene è pensare da Dio

Incarnazioni dell’Amore Divino,

Per la crescita della personalità dell’uomo sono essenziali lo sviluppo della mente e la purificazione del cuore.

Tutte le azioni dell’uomo nascono dalla mente, che funziona per mezzo del pensiero; perciò, i pensieri sono la causa prima delle sue azioni. L’essere umano è una risultanza di pensieri: quando essi sono puri, anche la mente è pura e, dalla purezza della mente, discende la purezza del comportamento umano. Quindi, i pensieri, sono i primi responsabili della purezza o dell’impurità dell’azione.

Mente e Corpo

Mentre all’uomo risulta facile restare immobile e difficile correre, per la mente è difficile rimaner ferma ed estremamente facile correre. Ecco in che differiscono l’uomo e la mente. Il movimento della mente è istantaneo, e ciò è dovuto alla potenza del pensiero. Se si getta un sasso in un pozzo, si può vedere come sulla superficie dell’acqua nascano tante onde concentriche che vanno allargandosi sino a coprire tutta l’area del pozzo. Allo stesso modo, se si getta il sasso dei pensieri nello stagno della mente, si generano delle onde che raggiungono tutti i sensi e tutto il corpo. Quando il pensiero è puro e sacro, le onde che nascono dalla mente raggiungono i sensi e il corpo, e si hanno reazioni pure. Il pensiero puro, passando attraverso gli occhi, ne purifica la visione; entrando nelle orecchie, fa sì che vengano recepiti solo suoni sacri; attraversando la bocca, porta purezza al modo di parlare; quando passa per le mani, le induce a prodigarsi in azioni sante. Quando, poi, le sacre onde del pensiero arrivano ai piedi, li ispira a intraprendere dei pellegrinaggi. Ma, se i pensieri sono impuri, giungono ai sensi con le loro onde e li spingono a intrattenersi in azioni malvagie. Di qui, il noto detto: «La mente è fatta di pensieri e dalle sue aberrazioni». Ne consegue che mai si dovrebbe dare spazio a brutti pensieri, a compagnie cattive o a relazioni abiette.

I buoni amici sono un tesoro

Tutto ciò che nell’uomo c’è di buono o di cattivo nasce dal suo buono o cattivo comportamento. Il comportamento nasce dalla mente, e la mente dai pensieri. Perciò, per avere buoni pensieri, dovete coltivare buone compagnie. I pensieri buoni, sembrano inizialmente piccoli come un’ombra quando il sole è allo zenit, ma, con l’approssimarsi della sera, le ombre si allungano. Così è anche dell’influsso dei pensieri buoni: cresce col passar del tempo, sino a raggiungere una forma magnifica, che può arrivare a livelli di elevata santità, donare la beatitudine divina e redimere la vita intera.

Per questo, è enormemente importante il satsa¼gam, ossia la compagnia delle persone buone. Poiché lo stare insieme ai buoni stimola ad avere buoni pensieri, è una scelta che conduce alle conquiste più alte della vita. Al contrario, le cattive compagnie sono come l’ombra sotto la luce del sole: al tramonto l’ombra si allunga e al mattino si accorcia sino ad arrivare ai piedi. In questo modo funzionano le cattive compagnie: all’inizio sembra di avere ogni vantaggio, ma con l’andar del tempo non rimane niente, i valori umani si disintegrano.

Immensa è la potenza del pensiero; esso sopravvive immodificato alla morte, per cui è opportuno nutrire sempre pensieri nobili. Non bisogna mai lasciare che i pensieri cattivi facciano breccia nella mente, come pure bisogna evitare il più possibile le compagnie cattive. E c’è una ragione: la meditazione è importante per chi fa yoga, come la salute lo è per chi si sottopone a sacrifici, il canto sacro per il devoto, la medicina per il malato. La compagnia dei malati, contagerà anche voi; la compagnia degli yoghi vi farà diventare degli yoghi. Nello yoga realizzate il Divino; per mezzo dello yoga tenete sotto controllo la mente. Di qui l’importanza del satsa¼gam, del frequentare le persone che danno buone ispirazioni.

Sangam e Sat-sangam

Ma in che consiste il satsa¼gam, lo stare insieme ai buoni? È lo stare insieme a chi canta i bhajan? È un gruppo di devoti? Consiste nel frequentare chi svolge del servizio sociale in associazioni di volontariato? No. Sat si riferisce a ciò che è permanente, e ciò che è permanente è divino. Satsa¼gam significa, dunque, coltivare la compagnia del Divino. Dove si trova il Divino? Dentro ciascun uomo. Il corpo umano si compone di arti, o a¼ga, che si combinano con vizi quali la lussuria, l’ira, la cupidigia e l’orgoglio; tale associazione è il sa¼gam. All’interno del sa¼gam c’è il jangam, l’energia della vita, la quale esercita la facoltà di discriminare fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Tale facoltà discernitiva è oggigiorno utilizzata in modo improprio, col risultato che l’uomo è in preda alle forze perverse della concupiscenza, dell’ira, insomma di tutto ciò che fa il sa¼gam.

Dunque, Sat-sa¼gam significa “la compagnia di Sat”, Dio; in altre parole, “compagnia dei buoni” significa intrattenersi in buoni pensieri, avere buoni sentimenti. Quindi, “compagnia” qui non ha il senso di associazione di persone.

Dai pensieri derivano principalmente sentimenti di amicizia o di ostilità. Chi dunque è il vero amico o nemico? I pensieri sono i veri amici o nemici, ed è per questo che nelle Scritture è stato detto che la mente è causa di schiavitù o di liberazione per il genere umano.

Samadhi

Che significa samadhi? È forse uno stato di estasi? No. È una condizione di particolare suggestione emotiva? No. È l’essere assorti nel proprio Sé? Nemmeno. È assai diffusa l’erronea credenza che il samadhi sia uno stato di trance o di incoscienza; ma potrebbe trattarsi di casi d’isteria o di epilessia, oppure del risultato di una intensa emozione o di una reazione a stati d’eccitazione nervosa. In realtà, quando si parla di samŒdhi, si deve intendere uno stato di unione con il Sat, cioè con il Divino. Il termine si compone di sama (uguale, equanime) + dh (mente); significa, quindi, “mente equanime”. Il termine giusto è samadh, e non samadhi (l’aggettivo sama, che significa “stesso, identico”, ha l’ultima “a” breve, non doppia come viene comunemente indicato, NdT). C’è vero samadh quando si considerano alla stessa stregua sia il piacere che il dolore, il caldo e il freddo, il buio e la luce. Questa è l’autentica qualità del Sat: non essere sensibili né al piacere né al dolore, poiché il Divino pervade tutto allo stesso modo. (Baba ha poi cantato dei versi in cui le gop descrivono Krshna come l’inconoscibile Infinito Divino, che è imperscrutabile e le cui vie sono imprevedibili).

C’è una domanda che si fa spesso: dov’è Dio? La risposta più comune che viene data è che Egli sta in Cielo, o in Paradiso, o sul monte KailŒsa. Ma non è affatto vero, perché il Signore non ha nulla a che fare con questi luoghi. Il Signore è all’Inferno, per stare laddove c’è gente che soffre incessantemente e Lo invoca. Il Signore dimora fra coloro che cercano la pace. L’ospedale serve a curare gli ammalati; ma dove non c’è gente che sta male non c’è alcun bisogno d’un ospedale. Allo stesso modo, il Medico Divino si rivolge solo a coloro che soffrono e che stanno male. Vaidya NŒrŒya±o HariÀ: «NŒrŒya±a, ovvero il Signore, è il Medico»; per cui, dove c’è umanità, c’è il Divino.

La discesa del Divino

Il Divino discende sulla Terra in forma umana e detta le Scritture per alleviare le sofferenze di chi è ammalato nel corpo o nella mente. L’uomo d’oggi vorrebbe avere una prova visiva del Soprannaturale e del Trascendentale, ma questa pretesa è una pura follia, in quanto, finché egli rimarrà nella consapevolezza di essere semplicemente un essere umano, potrà aspirare a vedere Dio solo secondo una forma umana; non avrà titolo ad avere la visione del Suo aspetto trascendentale. Una volta trasceso il senso del proprio livello umano, l’uomo acquisisce il privilegio di vedere Dio secondo la Sua forma trascendentale. È questa la ragione per cui RŒma e K¨§±a discesero sulla Terra in forma umana, come vatŒr. È un’illusione quella che vi fa pretendere, quando chiudete gli occhi per meditare, di vedere una fulgida luce; c’è un’enorme quantità di cose invisibili ai vostri occhi, che superano la vostra comprensione. Come potete pensare di vederle o conoscerle? Voi conoscete solo la forma umana; per cui, cercate prima di tutto di capire la natura dell’uomo. Dovete comprendere il Principio vitale che dà vita all’uomo. Da quel Principio vitale, poi, cercherete di sondare la natura del Divino.

Deha (corpo) + Atma (anima) = dehAtma (coscienza di essere corpo); jiva (vita) + Atma (anima) = Jivatman (Sé individuale); param (supremo) + Atma (anima) = Paramatman (Sé Supremo). Sebbene il corpo, la vita e l’individuo siano tre parole diverse, hanno in comune un unico termine, l’Atma, l’Anima, il Sé, che è sempre lo stesso e compresente. L’Anima, o Spirito, è onnipervadente ed è definita anche “l’Essere”, il Sat: può essere paragonato allo zucchero che rimane dolce in qualsiasi modo lo si tratti. La Consapevolezza, o Cit, è soggetta al cambiamento e al movimento. Anche se viene innalzata ai livelli più alti, tende a ridiscendere. Se mescolate dello zucchero con acqua, non avrete più né zucchero né acqua, ma solo dello sciroppo. Quando l’Essere, il Divino, Sat, si unisce alla Coscienza, al Principio vitale, Cit, nasce la Beatitudine, Ananda. Ecco, dunque, Sat-Cit-Ananda, che è come un oceano in cui, a guisa di onde, viene in esistenza e poi sparisce una miriade di creature. Vari sono i loro nomi, diverse le loro forme, ma sono tutti della stessa essenza dell’oceano; un’infinità di esseri viventi, che sono emersi dall’Essere-Coscienza-Beatitudine.

Quando apro i miei discorsi con l’espressione DivyAtmasvarupulara – “Incarnazioni del Divino Spirito” – intendo farvi capire che lo Spirito Santo è in ognuno di voi. Così come l’oceano, l’onda e la schiuma sono sempre fatti della medesima acqua, anche lo Spirito che abita nel corpo umano, negli individui e nel Supremo, è sempre Uno e medesimo. Per avere esperienza di quest’unità spirituale, dovreste avere uno stile di vita santo; la qual cosa trova il suo compimento solo nell’ospitare pensieri santi, seguiti da una condotta altrettanto buona.

Dio può essere sperimentato dagli esseri umani solo secondo manifestazioni di carattere umano. Ad esempio, Rama e Krshna sono adorati nei meravigliosi dipinti di Ravi Varma; ma, se a Rama si togliesse l’arco e a Krshna il flauto, rimarrebbero delle semplici figure umane. L’uomo è chiamato anche nara, dove ra significa “mortale” e na è la negazione. Per cui, nara si riferisce a ciò che nell’uomo è immortale, cioè allo Spirito, e Narayana è una manifestazione del Divino Spirito. Di conseguenza, il dolore dovrebbe essere estraneo all’uomo: egli non ha motivo di versare nemmeno una lacrima.

Consideratevi divini e vivete con questa ferma convinzione. Si dovrebbe avere rispetto per la divinità presente in ogni essere. Sappiate intravedere l’unità nella diversità. «Molte sono le creature, ma uno solo il respiro»: chiunque può sperimentarlo seguendo il processo dell’inspirazione e dell’espirazione. (Swami dà una dimostrazione pratica di come il respiro di ciascuno costituisca una ripetizione del mantra So-ham, “Io sono Lui”, cioè “Io sono Dio”).

Non date mai spazio ad alcun pensiero cattivo, perché il corpo è il tempio del Divino, e a nessun pensiero malvagio si deve permettere di profanarlo. L’uomo dovrebbe fare ogni sforzo per raggiungere il Sublime senza badare alle difficoltà e ai problemi.

Incarnazioni del Divino, sviluppate pensieri edificanti e sentimenti di abnegazione. Accarezzate nel vostro cuore pensieri spirituali, divini. Coltivate l’amicizia. Rivolgetevi a Dio come a un padre, a una madre; non provare sentimenti di fraternità verso tutti indistintamente equivale a tradire Dio. Coltivate sentimenti di unità tra figli dell’unico Dio e vivete armoniosamente in compagnia di persone buone e pie.

Condividete con tutti il nettare dell’amore che è in voi. Non generate del malcontento tra la gente. Parlate a tutti con dolcezza. Recitate il nome del Signore, che vi aiuterà ad attraversare l’oceano dell’esistenza materiale.

(Sai Baba conclude il discorso con il bhajan Hari bhajana bina sukha shanti nahi).

Whitefield, Sai Ramesh Hall, 26 giugno 1994.

(Da Sanathana Sarathi, 8/1994)

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