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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1996:19960904

19960904 - 04 settembre

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

L’AMORE PER DIO È LA SOLA VERA RICCHEZZA

“Più dolci dello zucchero, più gustosi dello yogurt e più dolci certamente del miele sono i Nomi di Râma e di Krishna.
La ripetizione costante di questi Nomi dolcissimi fa provare il sapore del nettare divino.
Quindi, si dovrebbe meditare sui Nomi di Râma e Krishna continuamente.”

Krishna non è differente dai Suoi insegnamenti

Sarvam khalvidam brahma
In verità, tutto questo è Brahman.

Tutto è manifestazione della Divinità. Criticare i giochi divini e i poteri supremi degli Avatâr è facile, ma comprendere il principio della loro divinità è difficile. Dio, che è onnipervadente, è presente nella verità e nella non verità, nella rettitudine e nella disonestà, nel bene e nel male; stando così le cose, come potete definire qualcosa come bene e qualcos’altro come male, questo come divino e quello no? Sin dai tempi antichi, l’essere umano ha indagato sul Principio della Divinità e l’ha diffuso in tutto il mondo; basandosi sulle esperienze proprie, è andato dichiarando che il Divino ha una forma particolare dotata di certi attributi.

La Divinità risplende in tutti

Il mondo intero è governato da tre princìpi: creazione, sostentamento e dissoluzione. A qualunque nazione o fede uno appartenga, che si tratti di uno scienziato o di un filosofo, egli non può negare questa verità. I tre princìpi, tuttavia, possono solamente indicare il Principio della Divinità, non possono concederNe la visione. Sono soltanto gli indicatori della Sua esistenza. Guardando da lontano, voi dite che la stella polare è sulla cima di un particolare albero, ma, in realtà, essa non è lì: l’albero è solamente un indicatore della posizione dell’astro, che è situato lontano milioni di miglia. In modo simile, i Veda, le Shâstra, l’Itihâsa e i Purâna (Scritture, epiche e testi mitologici) sono soltanto indicatori dell’Esistenza della Divinità, non possono dare l’esperienza diretta del Principio Divino. Quando vedete una fitta foresta, un’enorme montagna o un fiume che scorre, il vostro cuore si colma di gioia; essi evidenziano il potere immenso di Dio. Le stelle brillano nel cielo, i pianeti ruotano nelle loro orbite, il sole dà la luce e il vento spira: tutti questi sono indicatori della Divinità. Quando riconoscete la natura di una scintilla, conoscete la natura del fuoco; quando conoscete la natura di una goccia d’acqua, conoscete quella di tutto il Gange. Allo stesso modo, se comprendete anche una piccola frazione del principio della natura, capite l’infinita Divinità. Per questo, le Upanishad dichiarano: “Brahman è più sottile del più sottile e più vasto del più vasto.” L’essere umano è essenzialmente l’incarnazione della Divinità onnipotente; la Divinità splende fulgidamente in ognuno, ma l’uomo è incapace di comprendere la sua divinità innata a causa dell’attaccamento al corpo. Dovreste considerare ogni cosa del mondo come divina e perseguire satyanveshana (la ricerca della verità). Che cosa significa satyansveshana? Dov’è la Verità? Che bisogno c’è di cercarla se è ovunque? Eppure esiste qualcosa, che chiamiamo “fatto”, che è differente dalla Verità. Per esempio: noi diciamo che, ogni giorno, il sole sorge a est e tramonta a ovest. Qui si deve applicare satyanveshana per scoprire se si tratti di un fatto o della verità. Stando all’esperienza quotidiana, è un fatto che tutti i giorni il sole sorga a est e tramonti a ovest, ma, se indagate più a fondo, scoprite che questo non è vero. Il sole è fisso e non si muove; è a causa della rotazione della Terra sul suo asse che vedete l’alba e il tramonto ogni giorno. Questo è chiamato satyanveshana. Siamo noi che ci muoviamo con la Terra e, come risultato, sperimentiamo il fenomeno dell’alba e del tramonto: il sole non si muove. Allo stesso modo, dovreste sforzarvi di cercare la Divinità nell’essere umano. In che modo possiamo scoprirne la Divinità innata? È a questo proposito che le Upanishad esortano: “Conosci te stesso.”

Il cuore umano puro è la residenza di Dio

Che risposta potete dare quando qualcuno vi chiede: “Chi sei tu?” Se dite che appartenete a una certa nazione, alla tale comunità, che siete figli di questo e quella, equivale questo a dichiarare chi siete? Questa non è la risposta corretta. Conoscere voi stessi comporta la scoperta del vostro vero Sé, che trascende il corpo, la mente, l’intelletto, il complesso di ricordi e semi mentali, l’ego. Riferendosi a questo, il Vedânta insegna il principio del neti, neti (non questo, non quello). Il corpo, la mente, l’intelletto, i ricordi, i semi mentali e i sensi sono semplici strumenti. Voi siete la Divinità che è oltre tutto questo. La Divinità è responsabile del loro funzionamento. Comunque, quando cominciate a cercare la verità in questo modo, potete incontrare molte difficoltà, problemi e sofferenze. Quando i demoni e gli dei zangolarono l’oceano di latte, il primo che emerse da quel processo fu un veleno mortale; solamente dopo si manifestarono uno dopo l’altro: Kâmadhenu (la mucca che soddisfa i desideri), Airavat (l’elefante celeste) e Laksmî (la Dea della ricchezza). Anche la divina ambrosia emerse soltanto dopo il veleno. In modo simile, quando zangolate il vostro cuore, che è come l’oceano di latte, usando la saggezza e una zangola, è possibile che dobbiate affrontare inizialmente delle difficoltà, ma, se continuate il processo con determinazione, qualità preziose come la compassione, la tolleranza, l’empatia e l’amore si manifesteranno da quell’oceano. Il cuore umano è puro come l’oceano di latte, ma oggi è diventato impuro a causa della presenza di mostri marini come il desiderio, l’ira, l’illusione, l’avidità, l’orgoglio e la gelosia. Il cuore umano è il contenitore di qualità sacre, per cui lo si paragona all’oceano di latte. Per questo il Santo Tyâgarâja cantava: “O Tu, che sei l’Uno che giace disteso sull’oceano di latte, proteggimi, Ti prego.” Dio è descritto come Colui che giace disteso sull’oceano di latte, il che significa che Egli alberga nel cuore umano puro: quella è la Sua vera residenza.

L’Âtma è la sorgente della Beatitudine

Nel ricevere le rimostranze delle gopî per il fatto che Krishna rubava il burro dalle loro case, madre Yashodâ Lo riprese dicendo: “Non abbiamo cibo a casa? Non abbiamo burro e latte? Perché rubi il burro nelle case delle gopî?” Un altro giorno, una gopî le disse che Krishna stava mangiando del fango. Allora ella Lo prese per un orecchio e disse: “Non ti piace il burro che faccio io? Perché mangi il fango?” Allora Krishna rispose sorridendo: “Madre, sono un bambino, ho fame o sono pazzo? Perché mai mangerò il fango?” Le parole di Dio sono piene di mistero e hanno un profondo, intimo significato. Con la Sua risposta, Krishna bambino comunicò indirettamente a Sua madre di non essere un bambino, ma Dio Stesso. Dio insegna sempre in modo indiretto; dato che l’essere umano è sempre immerso nella vita mondana, nelle tendenze secolari e nelle preoccupazioni, non è possibile che comprenda gli insegnamenti che si riferiscono ai Princìpi Trascendentali se questi gli vengono impartiti direttamente. La vita dell’essere umano è centrata sulla materialità, mentre ciò che Dio fa è centrato sulla spiritualità. Per comprendere il principio della spiritualità, l’uomo dovrebbe trasformarsi e prendere la via che conduce alla spiritualità; egli dovrebbe sapere come comportarsi in armonia con il tempo, il luogo e le circostanze. Âdi Shankara disse:

“Colui che ha la mente fissa in Brahman
è sempre beato mentre è impegnato nella spiritualità
o nei piaceri derivanti dalle cose del mondo,
mentre è solo o in compagnia.”

Possono gli yogin raggiungere la Divinità semplicemente perché vivono in modo semplice e austero? Possono i materialisti raggiungere la Divinità soltanto perché si danno a tutti i piaceri e alle comodità? Si può ottenere la Beatitudine Divina solamente offrendo tutto a Dio e maturando fede certa nel fatto che Egli alberga nel proprio cuore, non la si può ottenere dalle persone, dai possedimenti materiali o dalle imprese terrene. L’Âtma è la sola fonte della Beatitudine. L’essere umano cerca per sua natura la Beatitudine, è un contenitore di Beatitudine e l’incarnazione effettiva della Beatitudine. Allora qual è la causa della sua infelicità? L’attaccamento al corpo ne è la causa maggiore. Voi non potete lasciare il corpo e andare altrove. Non dovete abbandonare i doveri e le responsabilità terrene: potete continuare ad assolvere tutti i compiti che il vivere in società comporta, ma non lasciate mai Dio. Avere una qualunque quantità di ricchezza non serve a niente se non nutrite amore per Dio nel cuore; la vostra ricchezza e proprietà vera è l’Amore di Dio e solamente l’Amore di Dio. A che cosa serve l’esistenza dell’essere umano nel mondo se egli non recepisce l’Amore di Dio? L’amore terreno è temporaneo come una nuvola passeggera: in un momento viene e un momento dopo va. Solamente l’Amore di Dio è duraturo e dona la Beatitudine eterna. Dovreste rendervi meritevoli di un Amore simile. Le gopî, i gopâla e tutta la gente di Repalle (nome in telugu del villaggio di Brindâvan – N.d.T.) divennero i recettori di quell’Amore Divino, ma molti criticarono i giochi divini di Krishna a causa del loro modo di pensare deviato. Krishna visse a Repalle solamente fino all’età di sette anni. Dire che un bambino così piccolo indulgesse in azioni contrarie alle norme della società non ha senso. Dopo che, a sette anni, andò a Mathurâ, non tornò più a Repalle. Le persone, incapaci di comprendere la sacralità delle Azioni Divine, attribuiscono i loro stessi sentimenti a Dio e si allontanano da Lui a causa della loro incomprensione.

“Come sono i sentimenti, così è il risultato.”

Prima di tutto, dovete riconoscere che cos’è la vera Divinità. La consapevolezza presente in ognuno è la vera Divinità. Dovete comprendere la natura di questa consapevolezza. In questa sala ci sono tante persone; il fatto che siano qui indica “essere”. È la luce a renderci consapevoli della loro presenza. Sat indica l’esistenza, Cit la consapevolezza; quando Sat e Cit si incontrano, ne risulta la Beatitudine. Perciò, Sat, Cit e Ânanda definiscono la nostra vera natura. Esse sono tutte dentro di noi.

“Quel Dio onnipervadente è presente dentro e fuori.”

La stessa Divinità è presente all’interno e all’esterno. Quando comprenderete questa verità, sperimenterete la Beatitudine. Le persone pensano di conoscere la natura della Divinità, ma, in effetti, non conoscono niente. Perché? Perché non Ne hanno alcuna esperienza.

Il mondo è un’illusione

Una volta una persona incapace di sostenere la famiglia lasciò la sua casa senza informare nessuno. Dopo aver guadagnato del denaro facendo dei lavori occasionali, decise di tornare a casa. Quando era partito, aveva un figlio molto attaccato a lui che morì per il dolore della separazione. Sulla via del ritorno, l’uomo si trovò improvvisamente sotto un temporale con tuoni, fulmini e pioggia battente mentre calava la sera. Pensò allora che non fosse saggio viaggiare in quella situazione e si fermò per la notte in un ostello di un villaggio vicino. Appena addormentato sognò di essere un re seduto su un trono d’oro. Aveva molti servitori, sei figli in abiti principeschi, un letto reale su cui riposare senza preoccupazioni di sorta. All’improvviso, un forte tuono lo svegliò ed egli, guardandosi attorno, pensò: “Ahimè! Che cosa ne è stato del letto reale? Poco fa, ero un re: dov’è il mio trono? Dove sono i famigli che mi servivano? E dove sono i miei sei figli?” A quel punto si disperò comprendendo che tutto questo era stato un sogno. Al mattino si rimise in cammino e giunse a casa. La moglie, appena lo vide, scoppiò in lacrime; era felice di vedere il marito di nuovo a casa e addolorata per la perdita dell’unico figlio. L’uomo le chiese dove fosse il figlio e, quando seppe che era morto, rimase scioccato, bloccato in piedi senza mostrare alcuna emozione. La donna allora gli chiese la ragione di questo suo non mostrare segni di dolore per la morte del figlio a cui era molto affezionato ed egli rispose: “O donna ingenua! La notte scorsa, mentre dormivo nell’ostello, ho sognato di essere un re sdraiato su un letto d’oro, con molti servitori ai miei comandi e sei figli vestiti da principi; ora ho perduto quei figli. Per che cosa dovrei piangere? Per la perdita di sei figli o per quella del nostro unico figlio? Quelli erano figli miei nel sogno e questo era mio figlio nello stato di veglia; nello stato di veglia non c’è sogno e nel sogno non c’è stato di veglia, ma io sono presente in ambedue, per cui sono la sola realtà e tutto il resto è mera illusione. Io sono onnipresente; tutte le altre cose sono nuvole passeggere.” Egli comprese che questo mondo è solamente un’illusione.

Come sperimentare la vera felicità?

Al fine di sperimentare la vera felicità, l’uomo ha bisogno di tre cose: prima di tutto, deve sapere ciò che ci si aspetta che sappia, poi deve abbandonare ciò che è suo dovere abbandonare e, infine, deve arrivare dove è suo compito arrivare. Solamente allora può sperimentare la vera felicità.

“L’Amore di Swami è sempre con voi.”

Acquisite fede salda in Dio

Che cos’è che l’essere umano dovrebbe sapere? Egli dovrebbe cercare le risposte a “Qual è la natura di questo mondo?” “Quanto vi rimarrò?” “Che cosa sto sperimentando qui?” Voi vedete molti nascere e molti altri lasciare questo mondo. Come il nome ja-gat (venire e andare) indica, ogni cosa viene e va in questo jagat (mondo). Se riconoscerete la natura passeggera del mondo, sperimenterete la felicità; questo è ciò che dovreste sapere. Il mondo è così. Che cosa dovreste, dunque, abbandonare? L’illusione è ciò che dovreste abbandonare. Nella vostra illusione, voi considerate reali cose che non lo sono e sperimentate la sofferenza cercando di aggrapparvici. Pensate nientemeno che Mâyâ e la sofferenza vi abbiano afferrato e non vi lasceranno più. Il dolore ha forse mani, piedi, occhi, naso ecc.? Solamente voi avete questi organi; quindi siete voi che avete afferrato il dolore e non il contrario. Il dolore non ha le mani per afferrarvi, ma voi immaginate di essere in sua balia, causa della vostra sofferenza. Questa è ignoranza, ed è ciò che dovreste abbandonare: solamente allora potrete sperimentare la vera felicità. Dove dovreste arrivare infine? Dovete arrivare là da dove siete venuti; tornare alla sorgente, all’origine, è del tutto naturale per gli esseri viventi. Voi siete venuti dall’Âtma e all’Âtma dovete tornare; in questo risiede la vera felicità. La stessa cosa è affermata nella preghiera vedica “Asatomâ Sadgamaya, Tamasomâ Jyotirgamaya, Mrityormâ Amritamgamaya (guidami dall’irrealtà alla realtà, dall’oscurità alla luce, dalla morte all’immortalità). Questa è una preghiera a Dio affinché Egli conduca il ricercatore dalla non verità alla Verità. La non verità segue la Verità come un’ombra. Che cos’è la luce e che cos’è l’oscurità? C’è solamente una cosa: la luce. Quando non vedete la luce, sperimentate l’oscurità. La luce e l’oscurità non esistono separatamente; l’assenza di luce è oscurità. Se comprendete questo, potete ottenere la felicità. Che cosa nasce e muore? Solamente il corpo e non voi: voi non nascete né morite. Ciò che nasce deve morire; quindi nascita e morte riguardano il corpo e non l’Âtma. Solamente l’Âtma è vero, eterno e immortale; se comprendete questa verità, potete sperimentare la vera felicità. Voi recitate ogni giorno questa preghiera vedica, ma non cercate di sapere ciò che dovreste. Dovete sapere ciò che dovete sapere, abbandonare ciò che dovete abbandonare e giungere dove dovete giungere: solamente allora potrete sperimentare la vera felicità. Fino a quel momento, la felicità che sperimentate è solamente temporanea, non permanente. La condizione di felicità permanente è chiamata immortalità; questa condizione di felicità è descritta dai Veda come priva di attributi, immacolata, residenza finale, eterna, pura, illuminata, libera e incarnazione della sacralità. Dovete acquisire fede salda in Dio per sperimentare la felicità vera ed eterna.

Gli Avatâr vengono per mostrare grandi ideali

Dove nacque Krishna è che cos’era Sua proprietà? Egli nacque in una prigione, fu allevato nella casa di Nanda e visse a Mathurâ, ma ottenne nome e fama grandissimi nel mondo perché non considerò mai reali le ricchezze terrene. La ricchezza del mondo è temporanea e, in effetti, non è affatto ricchezza. La beatitudine era la Sua vera ricchezza. Egli era sempre beato. Dovete comprendere la differenza tra i due Avatâr, Râma e Krishna. Krishna fece ogni cosa sempre in stato di felicità, mentre Râma trasse felicità dal lavoro che fece. Râma combatté con il nemico dopo esser stato provocato, mentre Krishna provocava Egli Stesso il nemico e lo combatteva. Ambedue agirono in accordo con le necessità dei tempi. Krishna rappresentò la beatitudine, mentre Râma fu simbolo di responsabilità. Râma si incarnò per mostrare al mondo intero il potere impareggiabile della Verità e della Rettitudine. Râma+ayana (viaggio) è il Râmâyana, il che significa che il Râmâyana è la storia del soggiorno terreno di Râma. Il Principio di Krishna è differente nel senso che Egli era il maestro del mondo. Krishna non desiderò mai niente per Se Stesso, né fu attaccato ad alcunché. Offrì tutto ciò che aveva alla Sua gente, uccise lo zio materno Kamsa, ma non ne prese il regno; lo dette al di lui padre Ugrasena. In modo simile, prese le parti dei Pândava, sconfisse i Kaurava e ne nominò re Dharmarâja. Egli non desiderò mai diventare re; era un re senza corona, il Re dei re e Signore dei signori senza alcun regno. In effetti, fu l’imperatore del cuore di tutti. Questa è la Verità mostrata dal Principio di Krishna. Se indagate in profondità, comprenderete che ogni Avatâr viene a mostrare un ideale.

Krishna rubò il cuore puro delle gopî

Krishna disse sempre la verità anche quando diceva qualcosa per gioco; non pronunciò mai una menzogna neppure per scherzare, ma coloro che non comprendono il significato delle parole di Krishna pensano che Egli dicesse bugie. In ogni Yuga (era) e durante il tempo di ogni Avatâr, ci sono persone affette da questo tipo di malattia. Una volta, le gopî andarono da Madre Yashodâ e lamentarono: “Madre, il tuo Krishna è venuto sulla nostra terrazza a notte fonda e ci ha annodato insieme le trecce mentre dormivamo profondamente. ChiediGlielo, madre, chiediGlielo!” Allora Yashodâ domandò a Krishna: “Che cosa vai a fare nelle case degli altri a mezzanotte? Sembra che Tu abbia annodato insieme le loro trecce e sia tornato di corsa. Non Te lo permetterò più.” Krishna rispose con un sorriso: “Madre, non sono stato al tuo fianco senza andare in alcun luogo stanotte? Quando sono andato e quando sono tornato? Dimmelo tu stessa.” Ciò che Krishna intendeva dire è: “Io sono qui, là e in ogni luogo, dovunque tu guardi.” Egli comunicava tali verità supreme con i Suoi giochi divini. Una giorno arrivò un altro gruppo di gopî e si lamentò con Madre Yashodâ: “Madre, mentre trasportavamo dei recipienti di latticello per venderlo, Krishna si è avvicinato e ci ha chiesto di pagare una tassa; poi ha colpito i recipienti e li ha bucati. O Madre, chiediGlielo!” Allora Krishna disse a Madre Yashodâ: “Esse volevano offrire quei recipienti di latticello a Dio e Dio è venuto e li ha bucati, ma, non sapendolo, esse danno la colpa a Me. Io non so niente di tutto questo. Sono innocente.” Qui Krishna mostra indirettamente a Yashodâ che Egli è Dio Stesso. Cerca di spiegare alla madre la Sua Natura Divina in un modo che essa possa comprendere. Molte volte Krishna rubava il latte e il burro dalle case delle gopî e scappava via quando esse cercavano di acchiapparLo. Che cosa rappresentano il latte e il burro? Essi sono di colore bianco che è simbolo di purezza; quindi Krishna accettava i sentimenti puri e satvici delle gopî. Una volta, Madre Yashodâ rimproverò il piccolo Krishna:

“O Krishna! Tu non mangi ciò che Ti servo a casa,
ma vai nelle case delle gopî e rubi il loro burro.
Caro Krishna, questo rovina il nostro buon nome!”

Ella si lamentò: “Oh, Krishna! Tu sei un bambino così piccolo, ma stai creando una grande agitazione in tutto il villaggio con le tue azioni disdicevoli. Non Ti piace il burro preparato a casa? Il burro delle case delle gopî è così buono per Te?” Quando Yashodâ Lo sgridò in questo modo, Egli le disse: “I cuori delle gopî sono puri, sacri e privi di ogni traccia di egoismo, mentre c’è un elemento di egoismo nel tuo amore materno verso di Me, per cui Io non sono interessato al burro che prepari a casa. Ciò che Io rubo dalle loro case non è il burro, ma i loro cuori puri e altruisti. Io rubo i cuori di coloro che sono puri e completamente liberi dall’egoismo.” Per questo i devoti lodano Krishna cantando la canzone “Citta Cora Yashodâ Ke Bal Navanita Cora Gopâl” (O Krishna, Figlio di Madre Yashodâ, Tu rubi il burro e i cuori dei devoti). La gente pensa che Krishna rubasse il burro, ma, in effetti, Egli rubava i cuori puri delle gopî.

“A che serve adorare il Signore se il cuore non è puro?
Senza purezza interiore, che utilità hanno le pratiche ritualistiche?
A quale scopo cuocere piatti prelibati in una pentola sporca?
La parola di Sai è davvero la Verità.”

I giochi di Krishna rivelano la Sua Divinità

Se reciterete il Nome di Râma con cuore puro anche solo una volta, Egli risponderà subito. Solamente Lui può darvi la vera felicità. Purandaradasa disse: “Râma e Yama non sono differenti; sono lo Stesso Dio.” Lo Stesso Râma apparve come Yama (Dio della morte) al malvagio Râvana e come Dio al pio Vibhîshana che si era affidato completamente a Lui. Egli apparve come Râma o Yama a seconda dei sentimenti dei due individui. Lo Stesso Krishna apparve come Dio a Ugrasena che aveva fede in Lui e come Yama al malvagio Kamsa che Lo considerava suo nemico. Allo stesso modo divenne Yama per Hiranyakashipu che odiava Dio e si presentò come Nârâyana a Prahlâda che Lo aveva sempre in mente. Una volta, le gopî si stancarono degli scherzi birichini di Krishna. A dispetto dei loro più strenui sforzi, non riuscivano a prenderLo. Per questo, un giorno Krishna pensò: “Le povere gopî sono pure di cuore, innocenti e del tutto prive d’egoismo; non è giusto che Io sfugga loro ogni volta che cercano di prenderMi. Io sono il servitore dei devoti, quindi non devo metterli in difficoltà. Questa volta lascerò che Mi prendano.” Allora fece un piano per cui esse potessero sapere dove fosse e catturarLo. Accortesi che Krishna era nella casa di una di loro, tutte le altre circondarono la zona come soldati in modo che Egli non potesse scappare. Che cosa fece Krishna quando le gopî andarono per prenderLo? Versò per terra il latte di una brocca che pendeva dal soffitto, vi bagnò i piedini e scappò, così esse poterono seguire le Sue tracce e trovarLo. In questo episodio c’era un messaggio per le gopî. Krishna comunicava loro: “Seguite le Mie tracce e Mi raggiungerete.” Nel Bhâgavata ci sono molti avvenimenti simili che comunicano un profondo messaggio ai devoti, ma essi appaiono semplici scherzi a coloro che li considerano tali.

“Le opinioni variano da una persona all’altra.”

Essendo le teste differenti, anche i pensieri variano. Il Bhâgavata non è altro che la storia del Signore. Gli scherzi divini di Krishna sono il mezzo per comprendere la Sua Divinità. Tutte le storie del Signore Krishna mostrano ideali elevati e non possono esser messe in ridicolo come certe persone tendono a fare. Râdhâ desiderò sempre ardentemente Krishna ed Egli rimestò il suo cuore con la zangola di Jñâna e le donò il prezioso gioiello della devozione. Ella non fece mai affidamento sugli amici e i parenti: considerava Krishna come il suo unico rifugio.

“Io non ho altro rifugio che Te.
O Krishna! Io sopporto questo peso della vita solamente per amor Tuo.
La mia mente diventa irrequieta se non vedo il Tuo volto sorridente.
Appari almeno nei miei sogni: non posso vivere senza di Te neppure per un momento.”

Dio è pronto a concedere qualunque cosa il devoto chieda; è pronto a concedere Se Stesso. Non potete trovare un simile spirito di sacrificio supremo negli amici, nei parenti, né in alcuno altro al mondo. Râdhâ era completamente esausta e stava per morire. In quel momento, Krishna apparve e le chiese: “Qual è il tuo ultimo desiderio?” Ella rispose: “Krishna, io non voglio niente. Il mio unico desiderio è di ascoltare la melodia del Tuo flauto per l’ultima volta.”

“O Krishna! Canta una dolce canzone
e riempi il mio cuore di parole dolci
come il nettare e di beatitudine.
Distilla l’essenza dei Veda,
trasformala in musica divina,
suonala con il Tuo flauto
e rapiscimi con la Tua melodia.
Canta, o Krishna, canta per me!”

Il corpo umano è il flauto che ha nove fori. Râdhâ pregò Krishna di far fluire l’essenza dei Veda attraverso questo “flauto”; di conseguenza, Krishna suonò una canzone dolcissima col flauto e Râdhâ, ascoltandola, abbandonò le spoglie mortali. In quel preciso momento, Krishna depose il flauto per sempre. Da quel giorno, Egli non lo toccò più come riconoscimento della grande devozione di Râdhâ verso di Lui.

Vale la pena emulare la devozione delle gopi

Una volta, Rukminî invitò Râdhâ a casa sua ed ella vi andò subito. A quei tempi, gli idli, i dosa, le torte ecc. non erano conosciuti come oggi; la gente offriva del latte o del latte cagliato agli ospiti. Nell’eccitazione della contentezza, Rukminî offrì a Râdhâ del latte bollente in un bicchiere. Râdhâ era solita offrire ogni cosa a Krishna prima di mangiarla, per cui disse: “Lo offro a Krishna”, e lo bevve d’un fiato. La sera, quando Krishna andò da Rukminî, ella fece Pâdaseva (Gli toccò i Piedi) e fu molto sorpresa di vedere delle vesciche su di essi. Pertanto chiese: “O Signore! Che cos’è accaduto? Che cosa ha causato delle vesciche ai Tuoi piedi?” Krishna rispose: “Sei stata tu. Quando Râdhâ è venuta stamane, tu le hai offerto del latte bollente senza controllare se si potesse berlo. Ella, prima, lo ha offerto a Me con il risultato che sui Miei piedi si sono formate queste vesciche.” Alcuni pensano che queste siano semplici storie, invece non sono storie ma Giochi Divini che mirano a eliminare le sofferenze dell’essere umano. Tutti i giochi di Krishna intendono liberarlo dalle sofferenze. Egli utilizzava tutti i Suoi Poteri Divini solamente per il bene dei devoti. Se cercherete di comprendere il significato del testo sacro Bhâgavata, raggiungerete il potere supremo della Divinità. Le gopî vissero in continua contemplazione di Krishna mentre compivano i loro doveri quotidiani; esse non avevano alcuna educazione formale né alcun diploma, non frequentarono alcuna università, né studiarono le Upanishad. Il Nome di Krishna costituì le uniche Upanishad e Shastra che conoscessero. Il Nome di Gopâla è il solo Veda che avessero studiato. Così esse santificarono la loro vita nella contemplazione continua di Krishna e godettero di tutti i tipi di felicità terrena. Le gopî erano unite nel loro amore e devozione per Krishna; tutti i devoti dovrebbero emularle al riguardo e disconoscere tutte le differenze basate sulla casta, sulla razza e la religione. Qual è la casta dei cinque elementi che sono presenti in noi? Qual è la casta del fuoco, del vento, dell’etere, dell’acqua e della terra? Tra le gopî, c’era un grande spirito di unità; dove c’è unità c’è purezza e, dove unità e purezza si uniscono, la Divinità si manifesta.

Suguna ebbe la visione di Krishna

La gente del villaggio di Gokul accendeva le proprie lampade a olio da quella che c’era nella casa di Nanda perché pensava di ottenere prosperità e abbondanza accendendole da quelle che ardevano nelle case di persone benestanti. Un giorno, una gopî appena sposata che si chiamava Suguna arrivò al villaggio; ella voleva disperatamente vedere Krishna avendo sentito molto parlare dei Suoi giochi, ma non poteva esprimere i suoi sentimenti né al marito né ai suoceri. La suocera le aveva proibito di andare nella casa di Yashodâ per timore che vedesse Krishna e diventasse Sua devota, ma nessuno ha il diritto di impedire a qualcuno di avere la visione di Dio. Ogni giorno, la suocera andava essa stessa alla casa di Yashodâ ad accendere la propria lampada, ma un giorno, avendo la febbre alta, non ebbe altra scelta che mandarci Suguna, la quale fu felicissima pensando che avrebbe finalmente avuto l’occasione di vedere Krishna. Con quel sentimento di estrema felicità, mentre entrava nella casa di Yashodâ dimenticò se stessa. Quando accese la lampada da quella che si trovava nella casa, vide Krishna nella fiamma. Fu così rapita da tale visione che non sentì che stava bruciandosi una mano. Anche altre donne delle case vicine erano andate ad accendere le loro lampade e furono sbigottite nell’assistere alla scena; esse notarono che Suguna non si ritraeva dalla fiamma nonostante le sue dita fossero a contatto con essa. Anche Madre Yashodâ accorse e le chiese: “Che cosa succede? Non ti sei accorta che ti stai bruciando?” Suguna però non poteva udire quelle parole perché la sua mente era focalizzata completamente su Krishna. Egli le sorrideva ed ella sorrideva a Lui, per cui non sentiva alcun dolore. Più tardi, quando le gopî le chiesero come fosse accaduto quel fatto, ella disse: “Ho avuto la visione di Krishna nella fiamma. Egli mi sorrideva e mi faceva sorridere.” Quelle donne potevano starsene tranquille avendo saputo questo? In un momento, la notizia si sparse per tutto il villaggio e le gopî si riunirono e intonarono una canzone descrivendo l’avvenimento:

“Sembra che Suguna abbia avuto una visione
di Gopâla nella casa di Nanda.
Ella ha visto Krishna nella fiamma!”

Anche sua suocera lo venne a sapere, ma Suguna non se ne preoccupò: era felice di aver avuto la visione di Krishna. Descrivere la grandezza e la magnificenza dei giochi di Krishna è impossibile: Egli era donna tra le donne, uomo tra gli uomini, bambino tra i bambini e un anziano tra gli anziani. Per questo la Bhagavad Gîtâ dichiara:

“Con mani, piedi, occhi, testa, bocca e orecchie che pervadono ogni cosa,
Egli permea l’universo intero. Egli risiede nel cuore di ognuno.”

Non considerate mai delle differenze, a proposito della Divinità, basate sul nome e sulla forma.

“Dio è uno senza secondo.”

Potete chiamarLo con qualunque nome come Allah, Gesù, Zoroastro, Buddha o Krishna; non considerate differenze di alcun tipo. C’è una sola religione, quella dell’umanità. Può esserci qualcosa di sbagliato nella mente (mati), ma non nella religione (matam). Quindi correggete le vostre menti, non date spazio ai conflitti e all’odio basati sulle differenze religiose.

Studenti!
Dovete diffondere il principio di unità nel mondo intero. Non date mai spazio alle differenze; questa è la vera istruzione che dovete acquisire. Solamente gli studenti hanno la capacità di far rivivere l’antica cultura di Bhârat aderendo alla via della devozione e dell’affidamento totale.

La Parola di Swami è Swami

C’è un altro argomento importante di cui voglio parlarvi. I devoti che vengono a Prashânti Nilayam aumentano di giorno in giorno e, siccome sono felici di avere il Mio darshan, anch’Io sono molto contento di trascorrere il tempo con loro. Essendo impegnato con i Miei devoti, Io non ho tempo libero, per cui non Mi sarà possibile celebrare matrimoni a Prashânti Nilayam. Coloro che vogliono sposarsi possono farlo tranquillamente dovunque sia praticabile per loro e poi venire qui: Io li benedirò con gioia. Comunque, continuerò a celebrare matrimoni collettivi e Upanayanam di massa (cerimonie di investitura del sacro cordino). L’Amore di Swami è sempre con voi dovunque siate, ma, da oggi in poi, non celebrerò matrimoni né nella stanza dei colloqui né in altri luoghi. Se qualcuno vuole sposarsi, può farlo nel Kalyâna Mandapam, non ho niente in contrario. Sposatevi e venite da Me: Io vi benedirò con tutto il Mio Amore. Conducete una vita matrimoniale ideale servendo la nazione e propagando il Principio di Unità. Oggi si celebra il Gokulashtamî (Compleanno di Krishna). Ma che cos’è il compleanno per Dio? È solamente il compleanno della forma fisica. Non date importanza ai compleanni: datene invece agli insegnamenti e agli ideali di Krishna. Egli non è differente dai Suoi Insegnamenti; Krishna è la Gîtâ, la Gîtâ è Krishna. Allo stesso modo, Swami non è diverso dal Suo Insegnamento: la Parola di Swami è Swami.

Bhagavân ha concluso il Discorso con il bhajan: “Govinda Krishna Jai…..”

Prashânti Nilayam, 4 settembre 1996 Sai Kulwant Hall

(Da “Sanâtana Sârathi”, dicembre e gennaio 1996)

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