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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1998:19980814

19980814 - 14 agosto

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

UN AVATÂR SEMPRE SORRIDENTE

(Swami canta:)

“Dio è Amore, Dio è l’incarnazione stessa dell’Amore.
In questo mondo, non siete capaci di comprendere neppure una piccolissima parte di questo Amore divino.
Se voi non lo capite, come potete sperare di realizzare la Verità e soddisfare le vostre aspirazioni?”

Incarnazioni del divino Amore,

pace, verità, disponibilità al servizio, dolcezza, amicizia, affetto, amore sono tutti sinonimi del principio fondamentale dell’Amore. Più un uomo espande il proprio amore, maggiore sarà la sua gioia.

L’uomo spera di poter essere in uno stato di gioia; egli vuole essere costantemente felice. Per quale motivo? Perché egli è nato da questa gioia, vive in questa gioia e in essa termina l’esistenza. Questa gioia è la manifestazione di Dio.

La qualità divina è presente nell’uomo allo stato latente, ma egli va alla ricerca del Divino nel mondo esterno. Non troveremo la gioia in nessun luogo se metteremo da parte l’uomo. L’uomo si è formato l’idea di poter trovare la felicità grazie allo studio. Egli fa di tutto per ottenere un impiego al fine di essere felice; studia con grande impegno per poter occupare una posizione importante che lo renda felice. Egli pensa che, per raggiungere la felicità, dovrebbe crearsi una famiglia…

Malgrado tutti i suoi sforzi, però, è ben lontano dall’aver trovato la felicità.

Di tutti gli attributi e nomi del Signore, Sat - Cit - Ânanda è il più prezioso.
Per raggiungere la vera gioia, l’uomo deve seguire il sentiero che conduce a Sat - Cit - Ânanda.

  • Sat: è la Verità che resta immutabile nei tre mondi e nelle tre dimensioni di tempo. Per conoscere la Verità, è necessario che si persegua esclusivamente questa Verità.
  • Cit: significa “Conoscenza Integrale”. È attraverso questa comprensione globale che potrete entrare in contatto con la Divinità.
  • Laddove esistano questi tre princìpi di Sat - Cit - Ânanda, vi è Beatitudine Suprema, Brahmânanda.

L’uomo si sottopone a numerose discipline spirituali per ottenere questa Ânanda (Gioia Suprema). Egli segue il sentiero dei nove aspetti (della devozione). Queste pratiche, tuttavia, gli concedono solo delle soddisfazioni temporanee e non la gioia perfetta. Non sono altro che esercizi fisici.

Potrete raggiungere la Gioia eliminando queste pratiche esteriori e ricercando la vostra dimensione interiore.

Coloro che aspirano a questa beatitudine eterna, suprema e non duale, dovrebbero ricercare la via di Sat - Cit - Ânanda.

Per poter raggiungere questo stato di Gioia, è necessario aderire alla Verità.

La Verità è Dio. La Verità è onnipresente. La Verità è al di là del tempo e dello spazio; essa va oltre ogni valutazione, trascende il tempo ed è al di là dello spazio. La Verità è senza attributi. Quando qualcuno cerca sinceramente la Verità, arriva in modo naturale a Dio che ne è l’espressione stessa.

I Veda dichiarano Uddhâret Âtmanâtmânam, che vuol dire: “Dovete lavorare per la vostra emancipazione”.

Dovreste conoscere la vostra verità, sondare il vostro cuore. In ciò risiede la vera gioia. Tutti gli esercizi fisici vi procurano soltanto qualche gioia momentanea. Il corpo fisico è chiamato pindamu (telugu), il tempio di Dio, e dona una certa felicità. Per far sì che il nostro sentiero spirituale sia autentico, dovremmo offrire questo corpo a Dio.

Durante la sua esistenza, l’uomo ha quattro obiettivi essenziali da raggiungere. Essi sono: Dharma (la Rettitudine), Artha (la Prosperità), Kâma (il Desiderio) e Moksha (la Liberazione).

Questi quattro punti possono, in certa misura, procurarci gioia e serenità durante questa vita terrena. Ci donano conforto per la vita fisica, ma non costituiscono la vera felicità.

Esiste tuttavia un quinto obiettivo da raggiungere nella vita: è l’Amore Supremo. È la scienza dell’Amore che vi fa amare Dio intensamente. Colui che comprende e si conforma a questo libro sacro dell’Amore raggiungerà la Liberazione.

Che cos’è la Liberazione? Per Liberazione si intende ciò che mette fine alle vostre ricerche della felicità all’esterno di voi stessi. Che cosa dovrebbe essere offerto a Dio? Il corpo è il tempio di Dio; Dio risiede in esso. Occorrerebbe dunque restituire questo corpo in offerta a Dio. È ciò che chiamiamo Pitr dhanamu (la proprietà del Padre) o Pitr pindamu (il tempio del Padre).

Pindamu è il corpo. Offrendolo a Dio, otteniamo la Liberazione. In altre parole, ciò vuol dire che tutte le azioni che compiamo per mezzo del corpo dovremmo offrirle a Dio. Questo è il quinto obiettivo dell’esistenza, la dottrina sacra dell’Amore. È per insegnare questa legge sacra dell’Amore, per trasmettere questo Amore, per diffonderlo ed espanderlo, per far sì che la gente beva questo nettare dell’Amore che Dio senza forma discende dal Goloka al Bhûrloka e assume una forma umana.

Il giorno della discesa di Dio sulla Terra è considerato come la “nascita” di Dio. Perché Dio si incarna? Dio scende sulla Terra per consentire all’umanità di abbeverarsi al nettare dell’Amore, gioire della dolcezza divina e prendere contatto con il Sé. Colui che gusta questo dolce nettare dimentica se stesso e si identifica totalmente con Dio, potendo così gioire di questo stato di beatitudine per l’eternità. Non si tratta solo di conoscere la natura temporale del corpo.

Sharîramâdyam khalu dharmasâdhanam vuol dire che il corpo ci è donato per poter compiere azioni sacre. Dobbiamo compiere il nostro dovere e rinunciare ai frutti delle nostre azioni. Facciamo completamente nostro il principio di tyâga (la rinuncia). Dio è l’incarnazione stessa del sacrificio e la gioia che voi ricavate dal sacrificio è divina.

Coloro che aspirano a gioire dello stato di beatitudine di Dio debbono abbandonare ogni attaccamento al corpo e rivolgersi verso l’interno. Non dobbiamo passare tutto il nostro tempo a preoccuparci di curare il corpo. È ovvio che un po’ di tempo deve essere dedicato al corpo per la sua salvaguardia. Per quale obiettivo? Il corpo è importante per poter servire Dio. Che cosa dobbiamo abbandonare a Dio? A Dio dobbiamo offrire tutto il nostro amore. Dove è nato questo amore? Da Dio, perché Dio è Amore. Viviamo dunque nell’Amore.

Voi sapete bene che le bollicine nascono nell’acqua, si mantengono per un certo tempo sulla superficie dell’acqua e poi spariscono nell’acqua. Allo stesso modo, l’uomo nasce dalla Gioia, vive grazie alla Gioia e alla fine si dissolve nella Gioia. Il corpo, a un dato momento, è destinato a perire. Non dovremmo quindi perdere il nostro tempo e la nostra energia per questo corpo effimero. Ciò che importa veramente è forgiarci un buon carattere.

Gli studenti odierni cercano attivamente di sviluppare la loro forza fisica, l’amicizia e la facilità di comunicare. Questi aspetti non sono importanti; è il carattere a essere essenziale. Infatti, forza fisica, amicizia e benessere sono inutili se il carattere fa difetto. Potete anche perdere tutti i vostri beni e i vostri amici; l’importante è che manteniate integro il vostro carattere.

Nei tempi antichi, i Bhâratîya (gli Indiani) avevano l’abitudine di dire che: “Se si perdono i beni materiali, nulla è perduto; se si perde la salute, qualche cosa è perduta; se si perde il carattere, tutto è perduto!”

Ma sotto l’effetto del Kali Yuga, la gente d’oggi dichiara: “Se si perde il carattere, nulla è perduto; se si perde la salute, qualche cosa è perduta; se si perdono i beni materiali, tutto è perduto!” È così che vanno le cose oggi!

Ma non è il cammino che noi dobbiamo seguire. Dovremmo sapere con molta chiarezza che “se si perde il carattere, tutto è perduto!” In effetti, un essere senza carattere non ha posto in questo mondo. Dovremmo fare tutti gli sforzi possibili per rinforzare e migliorare il nostro carattere.

Per proteggere e alimentare l’Amore divino, Krishna lo propagò, e insegnò in molti modi che la Sua natura era il principio divino.

Il prof. Chatterji, che ha parlato prima, ha narrato un episodio della vita di Krishna che descrive come Egli sollevò la montagna Govardhana al fine di proteggere i mandriani e le pastorelle dalle piogge torrenziali impossibili da sopportare. Ma l’uomo è pieno di dubbi dalla testa ai piedi. Infatti:

(Swami canta:)

“Quando Krishna disse loro: “Andiamo, venite con Me e riparatevi sotto questa montagna!”, la gente si mise a dubitare e a mormorare: “È solo un bambino! E questa montagna è enorme. Come potrebbe mai sollevarla?”

Gli esseri umani modellano la loro opinione sulla base della forza fisica e della statura. La Divinità si basa solo sul carattere e non sulla forza fisica. Dobbiamo sforzarci di capire bene la differenza esistente fra l’Amore divino e l’amore umano. L’uomo pretende di essere amato da tutti e in ogni circostanza. Egli è sempre pronto a ricevere e ad accettare, ma non a donare.

L’Amore divino, invece, non è di questa specie. L’Amore di Dio dona e dona ancora, e non accetta mai nulla in cambio. La mano di chi riceve sta sotto rispetto alla mano di chi dona, che sta sopra. La mano di Dio è sempre al di sopra della vostra! Mai sotto! Qualunque cosa Dio dica o faccia è sempre completamente disinteressata. In Lui non vi è la minima ombra di egoismo o d’interesse personale.

L’uomo, al contrario, considera l’egoismo e l’interesse personale come ideali della vita sociale. Il giorno in cui sacrificherà il proprio egoismo, egli diventerà spirituale.

Che cos’è l’egoismo? Che cosa si intende con ciò? Che effetto ha? Quale obiettivo ha? Che tipo di gioia ne ricaviamo? È unicamente per effetto dell’immaginazione e dell’illusione che ci identifichiamo con il corpo e diventiamo egoisti. Tutte le attività fisiche portano in sé gioie e pene transitorie, profitti e perdite, secondo i casi. Tutto ciò è temporaneo.

Perché dovremmo giocarci il nostro stato di beatitudine permanente solo per beneficiare di qualche piccolo piacere passeggero? Ci arrabattiamo tanto per procurarci dei piaceri transitori perché non abbiamo coscienza della gioia permanente che è nel profondo di noi stessi; ma nel momento in cui entriamo in contatto con la Verità eterna, le gioie fuggevoli non ci affascinano più.

In ogni attività, occorre ricercare il principio di Verità. Colui che riconosce la Verità sarà sempre nella gioia.

L’Amore è Verità.
L’Amore è la vita e il punto d’arrivo.
L’Amore non è secondo a nulla.
L’amore eguaglia solo l’Amore.

Percorrendo la via dell’Amore, potete raggiungere l’incarnazione dell’Amore: Dio. Questo Amore non ha nulla a che vedere con l’amore fisico o mondano. Non è pravritti prema, non è esterno; ma è nivritti prema, Amore eterno e divino.

Potete guadagnarvi l’Amore di Dio sia con la critica che con la lode, sia con la perdita che con il profitto o con qualsiasi altro sistema d’approccio.

Per esempio, un giorno, mentre Dharmarâja stava offrendo i suoi omaggi a Krishna, Shishupâla si mise a criticare con violenza Krishna indirizzandoGli delle parole indegne. Dharmarâja era al limite della sopportazione e fortemente scosso nell’ascoltare tali volgari invettive. Non riusciva a pensare ad altro. Ma mentre assisteva alla scena, potè vedere il principio vitale di Shishupâla fondersi in Krishna! Questa situazione lo rese ancora più nervoso, e si chiese come fosse possibile che il principio vitale d’una persona come Shishupâla potesse fondersi con il Signore.

Gli passarono allora dei dubbi per la mente e si chiese: “È dunque questo il tipo d’amore che ci permette di raggiungere Dio e di fonderci in Lui?” Lui, che con gesti tanto cerimoniosi aveva offerto i suoi omaggi a Krishna, si sentiva superato da un semplice guardiano di mucche, volgare e maleducato! Era troppo! Poiché il saggio Nârada gli era accanto, Dharmarâja lo interrogò riguardo a quell’evento. “Nârada, - egli chiese - spiegami come mai tutte quelle accuse portano alla fusione finale con Dio!”

Nârada gli rispose: “O re, sia la critica che l’elogio riguardano il corpo e non raggiungono lo Spirito. Inoltre Shishupâla ha accusato Krishna a causa del suo attaccamento a Lui. Nel momento in cui la sua vita si è interrotta, egli s’è immerso in Dio liberandosi anche della maledizione. Egli sapeva che quanto più avesse accusato Krishna, tanto prima si sarebbe immerso in Lui. Non c’è nessun male nel criticare Dio per amore. Questo tipo di critica è, in fin dei conti, una sorta d’elogio”.

Quando Kamsa seppe che avrebbe dovuto morire per mano di Krishna, decise di uccidere Krishna e Suo fratello Balârama. Convocò Akrûra (uno zio di Krishna) e gli ordinò di cercare Krishna e Balârama, dicendogli: “Akrûra, tu sei un grande amico di Krishna e Gli sei sinceramente devoto. Se Lo inviti a venire qui, Egli acconsentirà certamente ad accompagnarti”.

Poiché Akrûra non poteva disobbedire al re, si recò da Yashodâ e Nanda (genitori adottivi di Krisha), e li informò dell’intenzione di Kamsa di celebrare un rituale al quale erano invitati ad assistere sia Krishna che Balârama.

Egli disse loro che dovevano assolutamente accettare l’invito. Yashodâ e Nanda non nascosero la loro perplessità a riguardo. Le gopika ebbero sentore della cosa e si presentarono a casa di Yashodâ e Nanda, esclamando: “No, no! Krishna non può recarsi a Mathurâ. Egli è il nostro bene, è la nostra vita. Non possiamo vivere senza di Lui!” Esse sollevarono tutte le obiezioni immaginabili.

Krishna è veramente il massimo del mistero e dello stupore. Egli non disse una sola parola in risposta alle gopika, perché sapeva che non era facile convincerle. Prese posto su un carro e lo fece sparire grazie ai Suoi poteri divini. Né Yashodâ, né Nanda, né le gopika poterono vedere il carro. Poiché Egli era spirito, le gopika tornarono a Brindavan. Com’è l’atteggiamento, così è il risultato.

Le gopika provavano per Krishna un amore così intenso, che potevano vedere questo amore espandersi ovunque. Esse andarono a tormentare i cespugli e i fiori con le loro domande trepidanti; essi, che non potevano né vedere né parlare! Le gopika interrogarono i fiori in questi termini:

(Swami canta:)

“Lui, che ha la carnagione scura
e i cui occhi sono simili a dei loti;
Lui, che ci inonda della Sua compassione
e che Si orna la testa con una piuma di pavone,
ci ha derubate di tutto.
O fiori di gelsomino, perché non ci dite se
per caso Krishna si è nascosto dietro di voi?”

Esse passavano così di fiore in cespuglio. Questo atteggiamento fa parte delle qualità dell’Amore. La sofferenza della separazione viene suscitata dall’Amore. Il loro intenso Amore per Krishna le rendeva sconvolte di tristezza.

L’Amore non ha né ragioni né stagioni. L’Amore è il fondamento dell’Amore ed è solo attraverso l’Amore che si può raggiungere Dio. Ogni altra ricerca spirituale non potrà procurarci che una gioia temporanea, non la beatitudine permanente. Attraverso il principio dell’Amore e la sua applicazione, noi dovremmo riconoscere e realizzare l’incarnazione dell’Amore: Dio.

Dove si trova questo Amore divino? È in noi stessi, ma noi lo deformiamo in vari modi. Infatti noi ricorriamo a questo Amore per soddisfare i nostri desideri.

I sentieri sono diversi, ma l’Amore è unico.

Prendiamo, per esempio, un certo numero di dolci: le loro forme cambiano, ma lo zucchero presente in essi è lo stesso. Allo stesso modo, l’Amore divino è inerente, immanente in ogni essere. Non esiste cuore umano senza Amore.

È per questo che dovremmo percepire questo Amore presente in ognuno.

Krishna si è incarnato per insegnare il sentiero dell’Amore.

La Bhagavad Gîtâ afferma:

“Ogni volta che i cuori degli esseri umani diventano aridi a causa della corruzione e dell’egoismo, Dio s’incarna per seminare il seme dell’Amore e propagare il principio dell’Amore”.

La missione principale di Dio è la diffusione del principio dell’Amore fra gli esseri umani, per farne loro gustare la dolcezza. Dovremmo dimenticare noi stessi, gioire pienamente di questo principio dell’Amore ed esserne ebbri: allora troveremmo la via della liberazione.

Per sperimentare Sat - Cit - Ânanda, dobbiamo prendere la via della Verità e avere la totale comprensione del Sé; allora potremo gioire della manifestazione di Dio.

Dio non risiede in un luogo lontano. Egli è presente nel vostro stesso corpo, è presente in ognuno. Perché dovremmo andare alla ricerca di Dio se Egli è ovunque? Poiché Dio è in noi stessi, perché dovremmo cercarLo altrove?

Dio è eterna beatitudine, felicità suprema, saggezza; Egli è non duale, immacolato, puro, eterno, senza attributi né soggetto a mutamenti. E una beatitudine eterna di questa specie è presente in ogni essere. Come potete comprendere questo?

Supponiamo che abbiate una lampada a olio. Vi mettete sopra un vaso di terra con dieci fori che coprite con un tessuto molto spesso. Malgrado vi sia la luce all’interno, voi non riuscite a vederla perché essa è coperta dal vaso e dal tessuto. Il nostro corpo è come questo vaso con dieci fori che copre la luce dello Spirito, la luce divina. Esso è ricoperto dallo spesso tessuto dell’illusione. Per poter quindi vedere la fiamma divina, la prima cosa da fare è togliere la copertura dell’inerzia (tamoguna). Allora vedete dieci piccole luci che provengono dai dieci buchi del vaso. Ma soltanto quando rompete il vaso, cioè l’attaccamento al corpo, voi percepite una sola Luce, la Fiamma della Verità.

La Verità è una e una sola

Benché esista una sola Verità, noi la vediamo come molteplice a causa dei sensi. Di conseguenza, dovremmo essere in grado di vedere la Luce unica, la Luce divina, ovunque attorno a noi. Dovremmo vedere e sperimentare l’unità nella diversità.

Vi sono molte lampadine. Esse variano per forma e intensità luminosa, ma la corrente elettrica è la stessa in tutte. Allo stesso modo, il principio atmico è identico in tutti i corpi. Un corpo è come una lampada; la sua energia rappresenta la capacità luminosa. Vi è un principio divino unico e identico in tutti i corpi.

Dovremmo percepire questa unità attraverso la diversità. Senza ciò, dobbiamo seguire uno dei nove sentieri della devozione:

(Swami canta:)

“Shravanam, l’ascolto dei discorsi sacri;
Kirtanam, il canto delle lodi divine;
Vishnu Smaranam, il ricordo costante del Signore;
Pâdasevanam, il servizio (ai Suoi divini Piedi);
Vandanam, l’atteggiamento di riverenza (verso tutto e tutti);
Archanam, l’adorazione;
Dâsyam, l’assistenza;
Sneham, l’amicizia (nei confronti del Signore);
Âtmanivedanam, la totale sottomissione (a Lui)”.

Questi sentieri sono adatti per coloro che hanno ancora attaccamento al corpo, perché quelli che si sono spogliati di questo attaccamento non hanno più bisogno di seguire nessun tipo di sâdhanâ.

Nel momento in cui realizzate che Dio e voi siete una cosa sola, potete abbandonare tutte le discipline spirituali.

Il principio atmico è unico. Vi ripete spesso che non siete una sola persona, bensì tre:

  • quella che credete di essere (il corpo fisico);
  • quella che gli altri pensano che voi siate (il corpo mentale);
  • quella che siete realmente (l’Âtma).

Tenete come obiettivo il principio dell’Âtma: occorre che voi lo realizziate.

Il corpo fisico è costituito di cinque elementi; esso è destinato a perire. Ma il Residente interiore è permanente, non ha né nascita né morte. In verità, questo Residente interiore è Dio stesso.

“Il corpo fisico è pieno di sudiciume e malattie; è destinato a perire, e non è in grado di attraversare l’oceano dell’esistenza. Esso è un ammasso d’ossa. O mente mia! Non credere che questo corpo durerà! Abbandonati piuttosto ai Piedi di loto del Signore!” (Parole di Shankara).

Tutte le comodità, gli agi e i beni materiali vengono e poi spariscono come le nuvole nel cielo. Nessuna di queste cose è permanente. Vigiliamo, dunque, affinché le nostre azioni siano sacre!

Un giorno, Krishna chiese ai mandriani che Lo circondavano: “Chi è un vero vincitore?” Uno di essi rispose: “Vincitore è colui che esce vittorioso dal combattimento”. Altri risposero: “È colui che riesce ad affrontare tutte le difficoltà e gli ostacoli con fermezza e coraggio”.

Ciascuno di essi, a proprio turno, dette una definizione. Allora, Krishna disse loro sorridendo: “Amici miei, tutto ciò che menzionate è di natura temporanea. Non si può parlare di vero vincitore in questi casi. No, no! È la capacità di controllare i propri sensi che si può definire vittoria autentica! Allora si è veri vincitori. Dobbiamo controllare i nostri sensi, i quali appartengono al corpo. Fate che questo corpo sia il tempio di Dio”.

Come potremmo mai descrivere la Divinità? Le gopî cantavano così:

(Swami canta:)

“O Krishna, potremo mai comprenderTi?
Tu sei più piccolo dell’atomo e più vasto dell’infinitamente grande.
Tu sei sempre presente negli 8.400.000 specie esistenti.
Dall’atomo fino al cosmo intero, Tu sei presente ovunque.
Come possiamo trovarTi?”

È assolutamente impossibile comprendere Dio. Ma voi potete comprenderLo come Incarnazione dell’Amore e riconoscerLo come espressione della Verità.

Rimanendo fedeli a questi princìpi gemelli dell’Amore e della Verità, saremo in grado di controllare i nostri sensi.

Le ricerche spirituali o gli esercizi fisici non ci daranno la capacità di controllare i nostri sensi: essi danno solo effetti temporanei. Se volete ottenere un successo permanente nel controllo dei sensi, dovete necessariamente passare attraverso l’Amore e la Verità. L’Amore, unito alla Verità, forgerà il Dharma (la Rettitudine).

I Veda affermano: “Dite la Verità, agite rettamente”.

A partire dal momento in cui diciamo la Verità e stimoliamo il risveglio della Verità in noi, possiamo avere la visione di Dio.

È per questo che il Vedânta dichiara: “O uomo ignorante, immerso nel torpore, risvegliati e alzati; non fermarti fino a quando l’obiettivo non sia raggiunto. Accendi la lampada della saggezza, rigetta l’ignoranza e sperimenta la Divinità!”

Anche l’ignoranza è presente in noi. Essa proviene dalla moltitudine dei desideri. Se considero che tutte le cose mi appartengono, mi espongo a grandi pene. La felicità consiste nel sentirsi libero da ogni fardello e nel pensare che nulla mi appartiene. Chi siete voi per dichiarare che questo o quest’altro vi appartengono? Tutto ciò non è, da parte vostra, che immaginazione. Il senso dell’ego e della proprietà sono la radice di ogni infelicità. Per sbarazzarvi di questo sentimento di “io” e “mio”, coltivate l’Amore e non abbandonatelo in alcun caso, giacché l’Amore vero vi permette di raggiungere qualsiasi cosa, e grazie a esso la vostra fede crescerà.

Dio è Amore. Vivete nell’Amore.

L’Amore è Dio e possiamo trovarlo ovunque. Nell’amore umano l’egoismo è abituale, ma, nell’Amore divino, non si trova la minima traccia di egoismo. Per quale motivo? Perché Dio non ha il senso di “io” e “mio”, giacché tutto è Lui, tutto Gli appartiene. Nella Sua ottica, non vi è oggetto che Egli proclami essere di Sua proprietà.

Ekam Sat: la Verità è una! La Verità è una! La Verità è una! Essa, però, viene vista come molteplice. Possiamo dire anche così: mettendo l’1 in testa, possiamo aggiungere tutti gli zeri che vogliamo; il valore del numero aumenterà continuamente. Ma se l’1 viene soppresso, tutto diventa zero, indipendentemente dal numero di zeri aggiunti!

l’uno è l’eroe. L’eroe diventa zero se dimentica Dio.

Quindi, non dimentichiamo mai Dio. Dio è infatti il Principio Primo. L’Amore è la Causa Suprema. La gopika pregavano Krishna in questi termini:

(Swami canta:)

“O Krishna, su questa terra arida
dove l’amore è assente,
per gettare i semi dell’amore,
per risvegliare la dolce emozione dell’amore,
per vedere cadere la pioggia dell’amore
e scorrere ininterrottamente il fiume dell’amore,
noi Ti supplichiamo!
Suona un motivo con il Tuo divino flauto!”

È una terra arida. Com’è possibile viverci senza l’Amore? Infatti ogni cosa è Amore: la terra, il seme, la pioggia, il fiume, gli alberi, i frutti…tutto è Amore, solamente Amore! Abbiamo assunto questa forma umana che è piena d’Amore. Ma allora, come mai abbiamo perso questo Amore? Perché? È perché noi esprimiamo il nostro amore in senso mondano, fisico.

Quand’è che il nostro amore diventa vero Amore? Quando offriamo il nostro corpo a Dio: questa è la vera offerta. Molte persone offrono a Dio oggetti vari; un devoto autentico offre a Dio il proprio corpo.

L’imperatore Bali si offrì a Dio e Gli sacrificò il proprio corpo. Dio gli si manifestò, ed egli non dovette più nascere un’altra volta.

Dovremmo considerare questo corpo come un fiore da deporre ai Piedi di loto del Signore, trascorrere questa esistenza che ci è stata concessa in azioni di bene e in pratiche positive, e terminarla offrendola a Dio.

I brahmani di solito pensano che la parola pindârpanam si riferisca ai rituali funebri! No, non è così; il vero senso della parola pindârpanam è ”offrire il proprio corpo a Dio”. È la giusta offerta che ci procura la Liberazione.

Una volta che il corpo è restituito a Dio, non vi è più attaccamento; e quando l’attaccamento se ne è andato, c’è la Liberazione.

Moha Kshayam è Moksham: “La distruzione dell’attaccamento è Liberazione”.

Coloro che comprendono questa Verità e vi aderiscono con la loro condotta vivono nella Gioia. Prima di raggiungere questo stato sublime, però, dobbiamo proteggere il nostro corpo, per poterci assumere le nostre responsabilità e compiere il nostro lavoro nella rettitudine. Dobbiamo sostenere la Verità e il Sacrificio.

Dai tempi antichi, i Bhâratîya (gli Indiani) hanno dato grande importanza al concetto di sacrificio. Infatti essi tengono in grande considerazione la rinuncia e accolgono favorevolmente tutto ciò che è nella Verità. Questa è la missione dell’India.

Fin dall’antichità, il cuore dei Bhâratîya è stato traboccante di compassione.

Vi ho parlato spesso di Max Müller. Questo uomo era anche chiamato “Moksha Müller” in virtù delle sue nobili qualità. Benché fosse straniero, il suo amore per l’India era sconfinato. Egli volle morire in questa sacra terra di Bhârat. Perché?

Molti dei suoi amici gli chiedevano che cosa ci trovasse di così speciale nell’India. Egli rispondeva loro: “L’atmosfera di Bhârat è impregnata di Verità. La polvere di Bhârat è piena di Dharma. Nel fango di Bhârat c’è l’Amore. Nel Gange, c’è il sacrificio. Nessuna nazione al mondo è sacra quanto Bhârat! Ciò che non si trova in Bhârat non si trova in nessun altro luogo!”

Malgrado siamo nati in Bhârat e portiamo il nome di Bhâratîya, non siamo in grado di riconoscere la grandezza di questo paese!

Dobbiamo lavorare per capirne la santità e la grandezza. Tutto ciò che è trasmesso in eredità da una generazione all’altra, in questo paese, è puro nettare d’Amore. L’Amore non è da qualche altra parte.

Un giorno le gopika andarono a lamentarsi da Yashodâ perché Krishna rubava il burro nelle loro case. Allora Yashodâ rimproverò Krishna in questi termini:

(Swami canta:)

“Krishna! Non mangi forse già ciò che Ti servo a casa?
Perché vai a rubare il burro nelle case dei vicini?
Perché mangi il burro di nascosto?
Tu mi dai molti problemi!
La Tua bocca odora di burro.
Tutto il villaggio parla dei Tuoi misfatti!”

“Non sei più alto di tre spanne, ma mi dai un mucchio di problemi.
Abbandona le Tue cattive abitudini!
Vi è del burro in casa; perché non mangi quello?
Perché vai dalle vicine a mangiare il loro burro di nascosto?”

Allora Krishna rispose: “Mamma, il burro di casa nostra non è diverso da quello delle vicine; ma il cuore delle gopika è esso stesso come il burro, così dolce, così vellutato! Il burro che tu produci è piuttosto ruvido a causa del tuo attaccamento materno. Le gopika non hanno invece ombra di attaccamento. L’Amore va oltre ogni attaccamento; esso è puro nettare. È per questo che il loro cuore è così dolce, così delicato!”

Un giorno, Balarâma prese con sé qualche amico vaccaro e andò a lamentarsi da Yashodâ: “Mamma, com’è possibile che Krishna abbia un tale appetito? Mangia a casa e poi va a mangiare un po’ dappertutto come un ingordo. Oggi, si è messo a mangiare anche della terra. Perché mangia della terra?”

Yashodâ diventò triste e furibonda; afferrò Krishna per la mano e Gli chiese: “Krishna, dimmi, non Ti nutro a sufficienza? Non hai divorato abbastanza burro dalle vicine? Perché ora hai bisogno di mangiare della terra?

Allora Krishna si mise a spiegarle:

(Swami canta:)

“Mamma, sono un bambino o un folle per mangiare della terra?”

Benché Krishna avesse allora solo cinque anni, rivelò indirettamente la Sua grandezza dicendo di non essere né un bambino, né un folle, né un sempliciotto.

In questo modo, Krishna trasmetteva e diffondeva molti intimi segreti. Nessuno era però in grado di capire il senso profondo dei Suoi lîlâ (giochi). Ognuno dei Suoi gesti o dei Suoi miracoli possiede delle implicazioni esteriori e un significato interiore.

Ma anche ai giorni nostri sono molto rari coloro che comprendono queste realtà interiori. La gente è piena di dubbi: si dubita persino di ciò che si vede con i propri occhi fisici. Anche Yashodâ aveva dei dubbi. Quando Krishna aprì la bocca, ella vi scorse l’Universo intero, e ne fu spaventata: “Che cos’è, un sogno? È realmente vero tutto ciò? Ma io, sono proprio Yashodâ?”, essa si chiese.

Malgrado essa avesse avuto personalmente questa visione, continuò a dubitare. Per quale motivo? I suoi dubbi derivavano dal fatto che essa pensava a Krishna come proprio figlio. È l’attaccamento fisico che è alla base dei dubbi.

Dovremmo attaccarci solo all’Âtma. Quando l’Âtma s’immerge nell’Âtma, tutto si unifica. Questa relazione atmica è vera spiritualità. Le relazioni del corpo non sono che fisiche.

Krishna venne dunque per chiarire ogni interrogativo, per dimostrare ed evidenziare la Divinità in ciascuno. Tutte le Incarnazioni sono divine, ma l’Avatâr Krishna era particolare: Egli passò tutto il Suo tempo a sorridere e a ridere, radioso e pieno d’Amore. Non andò mai in collera, ed era sempre sorridente. Questa è una delle maggiori qualità di Dio. Dio non ha in Sé alcuna traccia d’ego, d’orgoglio o di gelosia.

Tutte le sacre qualità di Krishna sono presenti anche nell’Avatâr Sai.

In nessun’ altra Incarnazione divina si sono potute rilevare qualità simili, poiché, sebbene la Divinità sia uniforme in tutte le Incarnazioni, ogni Avatâr si esprime in funzione delle circostanze del momento.

Abbiate piena fede in Dio. Come avete fiducia in voi stessi, abbiate fede in Dio. Fede in voi stessi e in Dio è il segreto della grandezza.

Voi siete Dio e Dio è veramente voi. Perché permettere che il dubbio prenda piede in voi! Attenzione! Questi dubbi vi condurranno alla rovina. Abbandonateli! Crescete in Amore, seguite la via della Verità e sperimentate la Divinità. È questa la vera sâdhanâ, la vera spiritualità.

Swami conclude cantando: Hare Râma, Hare Râma, Hare Hare, Hare Krishna, Hare Krishna…

e

Govinda Krishna Jai, Gopâla Krishna Jai

Prashânti Nilayam, 14 agosto 1998

Krishnâshtamî, Sai Kulwant Hall

Versione integrale

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