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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:2000:20000901

20000901 - 01 settembre

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

BEATITUDINE E PACE NEL PERDONO

Se avete perso del denaro, non c’è motivo che ve ne preoccupiate,perché potrete riguadagnarlo.
Se avete perso un amico, ne troverete un altro.
Se avete perso la moglie, vi potrete risposare.
Se avete perso un appezzamento di terreno, ne riacquisterete un altro.
Tutte queste cose si possono riavere, mentre, quando si è perso il corpo, non c’è più niente da fare:
è irrimediabilmente perduto.

Incarnazioni dell’amore,
tutto ciò che esiste nel mondo fenomenico, è pura apparenza, è transeunte, effimero, viene e va. La ricchezza che un uomo guadagna in una vita, la può perdere in un momento. Durante un’esistenza si alternano tanti amici e tanti se ne perdono, ci si sposa, ci si separa e poi ci si risposa. Ma il corpo, una volta che è andato perduto, non lo si può riottenere. Pertanto, finché il corpo vi offre una dimora, datevi da fare per redimervi sviluppando i valori umani.

Passa il mondo;
passano con esso giovinezza e ricchezza.
Passano le relazioni e le amicizie,
ma la verità e la rettitudine rimangono per sempre.

Gli insegnamenti per la vita

Incarnazioni dell’Amore Divino, la verità e la rettitudine non lasceranno mai l’uomo, indipendentemente dal momento, dalla vita o dal piano d’esistenza. Fin dall’antichità la cultura dell’India è stata conservata e promossa dall’aderenza alla verità e al dharma. Tutti i sacri testi, come i Purâna, le Shâstra, le Upanishad, insegnano questi due principi:

Satyam vada dharmam chara
“Di’ la verità, pratica la giustizia”.

L’uomo, che viene al mondo per raggiungere la verità e la giustizia, soccombe a numerose difficoltà e perdite, cede al dolore, e finisce per perdere di vista quei due princìpi. Fra i numerosi tentativi, le prove, le ricerche di ogni giorno egli dimentica la sua autentica essenza divina e, impegnato com’è, gli è impossibile sperimentarla di nuovo. Nascendo, si è rivestito di una forma umana, ma non sa riconoscere i valori umani e spreca il suo tempo o ne fa un uso sbagliato.

In che consiste la vita umana? Forse solo nel nascere, crescere, godere le gioie della vita e poi morire? Ci sono già uccelli, le bestie e gli insetti che sanno realizzare questi quattro obiettivi. Oh no! Ad ogni essere umano è stato assegnato un ideale specifico: evidenziare i valori umani. Il senso umano ancora non albeggia. “L’anima umana viene elevata da una mente purificata”, dicono i testi sacri. Scopo della vita umana è lavorare alla propria redenzione, in modo che sorga il Sole del Sé, e si superi il livello di vita degli insetti, degli uccelli e delle bestie selvatiche.

La Sapienza di Ganapati

Ganapati insegna una tale conoscenza e saggezza suprema. Egli è il Maestro di tutti i Gana (Dei) e di tutte le virtù. Ga significa “intelletto” (buddhi). Na sta per “suprema saggezza” (Vijñâna). Ganapati, dunque, è il Maestro della conoscenza intellettiva e della saggezza suprema, il Maestro del mondo dei semi-dei, detto Sura Loka. Egli santifica la vita umana insegnando la Conoscenza e la Somma Sapienza, e donando la Divina Beatitudine al mondo.

Non vi è altro Maestro al di sopra di Ganapati. Noi non stiamo sperimentando solo oggi la natura di Ganapati, Colui che ha dato vita al principio del comando e dell’autorevolezza. La Sua suprema guida è stata esaltata ed insegnata fin dall’antichità, dai tempi dei Veda e delle Upanishad. Si fa menzione di Ganapati anche nel Rig-Veda e nella Taittirîya Upanishad. Vi si afferma: Tanno sarva prachodayât, “Voglia Egli darci tutto”.

L’uomo può non avere null’altro, ma la Divinità che risplende in Lui. Questa Divinità si manifesta, proclama Sé stessa, insegna e Si propaga. Noi oggi la stiamo perdendo; perdendone l’insegnamento e lo splendore, perdiamo l’umanità e i suoi valori, e viviamo la vita di un debole. Noi siamo tormentati e frustrati a causa delle cose materiali transitorie ed effimere, e per questo soccombiamo a numerosi tipi di perdita della pace interiore, alla perdita della speranza e dell’entusiasmo e abbandoniamo l’umanità. Non è questo quanto il genere umano deve raggiungere. Non è la scienza profana, non sono i poteri del mondo, non sono i sentimenti passeggeri, non lo è la semplice felicità d’un momento. Tutte queste cose si dissolvono in un attimo. Noi stiamo perdendo virtù preziose e forti e valori umani in cambio di tutte queste cose impermanenti.

Tutto quello che viene ottenuto sulla strada verso le cose esteriori passa in fretta e dura poco. Dovremmo invece sperimentare il cammino verso le cose interiori, trovare la beatitudine e condividerla con gli altri. Pertanto, non dovremmo sopravvalutare l’esteriorità, ma basarci sull’interiorità. In che cosa consiste la verità nel mondo? Non c’è nulla che sia vero. Il corpo è composto da cinque elementi ed è costretto a perire prima o dopo. Al contrario, Colui che dimora nel corpo non ha nascita né morte. Non ha attaccamenti né vincoli. In verità, Colui che dimora nel corpo è Dio Stesso.

Scambiando il corpo per una realtà immutabile e ignorando Colui che vi dimora, si dimentica anche il valore del tempo. Il tempo è un grande dono di Dio, di importanza fondamentale. Oggi lo si è privato del suo valore, poiché gli uomini ne sprecano almeno tre quarti. E quanto più tempo si spreca, tanto più si spreca il corpo! Per rendere sacro il corpo, bisogna santificare il tempo.

Solo quando il tempo (kâla), l’azione (karma), l’origine dell’azione (kâranam) e il dovere (kartyavam) andranno insieme, l’umanità potrà realizzare la Divinità.

Tutti i testi sacri come le Upanishad, i Purâna, i Veda, le Shâstra e le Itihâsa esaltano e lodano la vita umana. Ma a che serve questa celebrazione? Dove ha portato il loro studio? E chi li studia è poi capace di afferrarne il significato? Sono in grado di metterlo in pratica? No. Non ci si può santificare se non si mettono in pratica le letture fatte sui testi.

Il principio che Ganapati insegna è quello della guida e del comando. È da comprendere la grandezza e la forza potente che sta dietro questa autorevolezza. La cosa più importante è che Ganapati è il Maestro di tutti, il Condottiero.

Rituali e cibi sacri e salutari

In questo giorno del Vinâyaka Châturthi numerosi Indiani offrono a Ganapati tanti diversi tipi di preparati a base di farina, molto speciali ed unici nel loro genere. Particolare è anche il modo con cui si cucinano: si presta attenzione al fatto che nulla giunga a completa bollitura. Si prende la farina di riso, vengono messi dei semi di sesamo e si fa bollire a vapore. Il fuoco non deve toccare questo cibo. Poi, lo si offre. Qual è la ragione di questo? Il significato sta nel fatto che comunica un ideale di salute e di felicità. Tutte queste preparazioni cotte al vapore sono salutari per la vista e, inoltre, curano disturbi come l’asma e l’eosinofilia. Quindi, oggi si offrono questi cibi che conferiscono salute e felicità.

Non vi è azione che sia senza un significato nelle cose che riguardano Dio. Però, l’uomo è incapace di riconoscere questa verità. Noi spendiamo il nostro tempo seguendo le vie del mondo. Questo non è corretto. Il culto di Ganesha è molto importante non solo per l’uomo, ma è ideale per il benessere degli animali, uccelli e bestie. Nelle formule rituali di tale adorazione, insegnata da Dio, si trasmette benessere e beatitudine a tutte le creature viventi. Purtroppo oggi questo giorno è stato dissacrato.

L’uomo e la bestia

L’uomo possiede due tipi di qualità: da una parte egli è animale (pashu), dall’altra è signore degli animali (pashupati). Oggigiorno, la qualità del “signore degli animali” è stata dimenticata, mentre si antepongono quelle dell’animale. Così si spreca la vita. Le facoltà di essere signori nascono tutte dalla testa. Tutta l’istruzione odierna, la razionalità e la pratica hanno origine dalla testa. Ciò che lo scienziato sperimenta è generato dalla sua testa, che considera come sede dell’intelligenza. Ma questa intelligenza ha solo obiettivi materiali e si è specializzata per cogliere ciò che appartiene alla sfera terrena. In realtà, è la qualità del cuore ad essere eterna, immarcescibile.

Compassione, amore, tolleranza, pazienza, comprensione e verità sono tutte virtù che partono dal cuore. È evidente che non stiamo cercando affatto di crescere interiormente. Da qualsiasi parte si osservi l’uomo, egli non fa che voler sviluppare la sua razionalità, dimenticando la sua divinità e trasformandosi in un essere di natura diabolica. “Il mondo è temporaneo e pieno d’infelicità; – dice la Bhagavad Gîtâ – e invero nulla dura per sempre al mondo e nulla qui offre una felicità sempiterna. Realizza Dio soffermandoti sulla Sua Gloria”. Se il mondo fosse eterno, non ci sarebbe bisogno di pensare a Dio. Ma, poiché è materiale ed effimero, causa di sofferenze e infelicità, ciò che dobbiamo fare è lavorare per la nostra liberazione.

Davvero vogliamo la pace?

La gente, specie tra l’alto ceto, è interessata alle cose del mondo, ai problemi materiali: non parla mai di ciò che sta nel profondo del cuore. E allora, perché darsi tanta importanza? Dall’infanzia alla vecchiaia siete passati per ogni tipo d’esperienza. In tutti quegli anni, avete almeno trovato un po’ di pace? Parlate tanto di pace, pace, pace! Ma dov’è la pace?

Possediamo la bomba atomica
e andiamo gridando: “Pace, Pace!”.
Siamo andati sulla Luna, ma siamo senza pace e felicità.

Non sono queste le cose che vi danno la pace. La pace è dentro di voi. Voi siete l’incarnazione della pace e, per averla, non avete bisogno di cercarla nel mondo esterno. Tutte le ricerche che hanno per fine il mondo esteriore sono foriere di inquietudine, poiché tutto quanto fa parte del mondo fisico è temporaneo.

Incarnazioni dell’amore, l’amore è dentro di voi. Non esiste una forza superiore all’amore; eppure gli uomini se ne dimenticano e sprecano la vita prendendo direzioni folli, forvianti. La pace è un diritto esistenziale. Dovete battervi per questo diritto, dovete reclamarlo insistentemente. La pace è un vostro diritto, non come la dà il mondo, però, bensì la pace vera, quella spirituale: “senza attributi, immacolata, eterna, immortale, incontaminata, pura, dolcissima”.

Il tempo e l’eternità

Per insegnare questo principio di eternità è sorta questa festa di Ganapati. Sono contenuti così tanti significati nel nome ‘Ganapati’. Ganapati è il comandante di tutti i Gana, il Signore di tutte le virtù. È Colui che conduce a tutte le gioie, il Maestro di tutte le virtù. Pur essendo il Maestro di tutte le sacre qualità, la gente che non se ne rende conto ne fa un culto improprio.

Di 24 ore che ci sono in una giornata, se ne usano male 23 e 55 minuti. “Fino a che punto sto utilizzando bene il mio tempo oggi?”: se ci si ponesse questo interrogativo, si scoprirebbe che non vi è un solo momento in cui si fa un buon uso del tempo. Usar bene il tempo è dovere specifico di ogni uomo. Non ci sono norme morali superiori a questa. A che serve far tante cose se si spreca tempo? Si spreca tempo in parole inutili, in pettegolezzi e in chiacchiere sugli altri; si perde tempo proiettando tutta l’attenzione sulle vicende o sui racconti degli altri. Vi sembra il modo di fare un buon uso del tempo? No, no, no; non lo è proprio! Non si deve affatto pensare ad altri come se fossero degli estranei, poiché tutti sono divini.

I cosiddetti ‘altri’, in verità, non sono altri, sono divini!

Tutti divini

Considerate divino ognuno. Abbiate fede che il principio dell’Âtma è uno in ognuno. Bisogna arrivare a sentire che “Il mondo intero è manifestazione di Dio” (Îshâvâsyam idam jagat), a sperimentare dovunque il principio di Dio, la natura di Dio che vive in tutto.

Deho devâlayah prokto jîvo sanatanah: “Il corpo è un tempio e Colui che dentro vive è il Dio Eterno”. L’essere vivente dentro il corpo, il Jîva, che è Dio, è in tutto. Così, qualsiasi corpo si veda, Colui che vi dimora, che è il principio dell’individuo, dev’essere riconosciuto con gioia. Non potete amare una persona e odiarne un’altra; non dite che uno vi è simpatico e l’altro antipatico. Dobbiamo considerare la Divinità come il principio dell’Unità. Ekâtma sarva bhuta antar: “Lo stesso Spirito dimora in tutti gli esseri viventi”. Quando riconoscerete questa verità, non vivrete più nell’inquietudine. Allora sperimenterete una pace totale.

Il culto degli idoli

Oggi i devoti da Bangalore hanno portato 750 statue di Ganapati per il 75° anno di questo Mio corpo e così l’adorano. Siano 750 statue di Ganapati o 7 milioni di statue, il nostro numero (gana) è uno. A che serve portare tanti Ganapati, se manca la purezza del cuore (citta)? Non servono. Quando c’è il senso dell’unità, basta rendere culto ad una sola statua di Ganapati. Dove credete che vi portino tali rituali e restrizioni? Cittasya shuddhaye karmah: “Il fine delle azioni è la purezza della mente”.

Perciò, i nove sentieri di devozione sono prescritti in funzione della purificazione della mente. Ascolto (Sravanam), Canto (Kirtanam), Ricordo (Vishnu Smaranam), Servizio ai Piedi di Loto (Pada Sevanam), Saluto (Vandanam), Adorazione (Archanam), Servizio (Dâsyam), Amicizia (Sneham), Abbandono di Sè (Âtma Nivedanam). L’amore è a capo di tutti questi sentieri. I cammini possono essere diversi, ma l’amore è uno.

Come per i dolci – Mysore pak, gulab jamun, burfi, palu kova, mithai, jilabi, kheer – ne sappiamo preparare molti, ma l’unico ingrediente che li accomuna tutti è lo zucchero. Se pensate all’esempio dello zucchero, potete comprendere tutte le forme. Mantenete la qualità dell’amore. Seguite l’amore. Chiudete le vostre vite nell’amore. Questo è il modo giusto per fare la vostra disciplina spirituale.

C’è tanta divinità nella vita umana. Nel mondo ci sono tante cose che ci piacciono, seguiamo ed esaltiamo, e per tutte abbiamo tanta venerazione, sebbene effimere. Nelle Upanishad si legge: “Il fine delle azioni è la purezza della mente”. Per questo si usa offrire un saluto a tutte quelle cose. Un autista, prima di salire a bordo della sua macchina e prendervi posto, saluta il sedile e il volante, poi si siede. Che significa? È una sorta di preghiera in cui invoca assistenza per compiere quell’azione nel modo più corretto. È come se dicesse: “Sto per compiere un’azione che va santificata”. Quando una danzatrice si presenta sul palco, prima d’iniziare la danza saluta le sue cavigliere, le indossa e poi danza. Così pure fa lo studioso della Bhagavad Gîtâ: prima di tutto, appena apre il libro, gli fa l’inchino, e poi comincia a leggere.

Saggezza e ignoranza

Per quale motivo vigeva questa pratica nell’antica cultura sacra? Prima di cominciare una qualsiasi attività bisogna offrirla a Dio. Dobbiamo salutare Dio, rendergli omaggio e poi prendere parte all’azione. Se lo fa un camionista incolto che, salendo sul suo camion, saluta il volante con timore e devozione, perché non dovrebbe farlo anche il dotto scienziato? Ma il dotto che non lo fa cade in grave errore, un errore di ego, causa fondamentale di tutti gli errori. Così è l’ignoranza. In realtà, chiunque creda di essere un sapiente, è un grand’ignorante. Quando camminiamo, la nostra ombra ci segue passo passo. Alla stesso modo, quando uno crede di essere saggio, non s’accorge di avere proprio dietro di sé l’ombra dell’ignoranza.

Il genere umano è una combinazione di saggezza e d’ignoranza. È pertanto un grave errore credere di essere un “gran sapiente”. Quanta saggezza credi di avere, tanta è l’ignoranza che ti segue. Dietro qualsiasi cosa si faccia segue l’ignoranza.

Onnipresenza di Dio

Per evitare questo, bisogna percepire che tutto è Divino. Sarva vishnu mayam jagat: “Vishnu pervade l’intero Universo”. Questo è quanto è insegnato nelle Upanishad. Ogni cosa è una manifestazione di Dio. Non esiste niente al mondo che sia senza Dio. E a proposito di questo, Tyâgarâja disse anche:

Swami, dove stai Tu?
Nella formica, in Brahma,
in Shiva, in Keshava,
Tu risplendi come forma dell’amore.
Râma, rendimi degno!

C’è divinità dalla formica a Brahma. Perché oggi si dimentica una tale divinità? E più avanzano le strutture dell’istruzione, più ne seguiamo i perversi modelli. Oggi non c’è più rispetto per gli anziani, né per i genitori, né per gli insegnanti. Sono andate perse tutte quelle virtù d’un tempo.

Per insegnare tutte queste sacre qualità, Vinâyaka impostò un ideale. Tutto l’insegnamento di Ganapati è espresso nella forma dell’educazione. Egli disse: Tanno dânta prachodayât, “Meditare su Quello che è dotato di ogni controllo”. In effetti, è la radiosità del Divino che risplende in ognuno. Noi oggi stiamo dimenticando questa Divinità.

Incarnazioni dell’amore, ogni giorno va considerato divino. Non occorre aspettare festività specifiche, come quella di Ganapati o di Navarâtrî. Ogni momento è divino. Dio si manifesta istante per istante. Ma oggi si è dimenticato un Dio così.

Il canto dei bhajan

Incarnazioni dell’amore, perché cantiamo i bhajan? Non ne comprendiamo il fine. Ci si concentra sulla tonalità, battiamo il tempo, rispettiamo le chiavi e il ritmo. Certo, son tutte cose che servono, ma se riempiste il vostro cuore dell’amore di Dio, tono e ritmo verranno invero da sé, ci verranno spontanei. Se state a pensare alla tonalità, il canto non avrà buona riuscita, perché perdete di vista il sentimento. Fate dunque in modo di radicare all’interno del canto il principio divino.

Tenete la mente immersa in Dio. Quando si mette al fuoco una palla di ferro, essa assume tutto l’aspetto del fuoco. Se la toccaste, infatti, vi ustionerebbe. Se mescolate del latte in un certo quantitativo d’acqua, tutta l’acqua prende l’aspetto del latte. Non separerete i due elementi, ma li unirete. Così fate anche voi: non dividete, ma unite. La nostra cultura sacra indiana è una dimostrazione di unità nella diversità. Dobbiamo riconoscere sempre l’unità nella diversità. Solo l’uomo che riconosce questa unità è un vero essere umano.

Come pensare sempre a Dio?

La devozione non consiste nel celebrare dei riti ogniqualvolta arriva una festa. Ogni momento dovrebbe essere un momento di preghiera. Vi domanderete allora come sia possibile dedicarsi al proprio lavoro se si deve pensare continuamente a Dio. Ma come? Il vostro lavoro è forse diverso da quello di Dio? I due, non dovrebbero essere divisi. Entrambi sono una sola cosa. Voi e Dio siete uno. È un grave errore sentire il proprio lavoro e quello di Dio come due cose diverse. In effetti, voi restate terreni finché non cominciate l’adorazione. Appena entrate nella stanza per il rito di adorazione e chiudete le porte, pensate: “Questa è una preghiera a Dio”. Staccatevi da questo modo di pensare. Pensate invece: “Il mio cuore è il tempio di Dio, ed io sto entrando nel mio cuore. Non sto portando verso l’esterno i miei pensieri aprendo le porte del mondo”. Colui che riconosce e pratica questa verità è una persona vera.

Amore, attaccamento e devozione

Dobbiamo insediare nei nostri cuori la sacra Divinità. Sta scritto: Îshvara sarva bhutanam, “Dio è in tutte le creature viventi”. Qualunque cosa si faccia, è un lavoro di Dio. Voi volete bene a tante persone, ma il vostro amore è un fuoco di paglia e non lo si può chiamare amore. È piuttosto attaccamento. Amore è solamente ciò che ha per unico fine Dio. Un cuore che ama di amore divino è puro, saldo e altruista.

Non è del devoto comportarsi in modo ribelle o contraddittorio, dicendo “Sono devoto di Swami!”, ma agendo poi secondo i suoi comodi. Credete di essere dei devoti solo perché avete preso due sacchi di riso, preparato del riso al limone e l’avete distribuito a tutti? Vi ritenete dei devoti per aver portato 500 capi, tra sari e dhoti, a tanta gente bisognosa? Se fate conteggi e liste, presentatele all’Ufficio Imposte, non a Dio. Dio guarda e valuta il sentimento e le ragioni per cui agite. C’è chi offre una minima parte di quello che ha, ma bisogna vedere con quale cuore la sta offrendo. Anche una piccola porzione, se offerta con cuore puro, muove la potenza di Dio. Perché procurare barili di latte d’asina? Un cucchiaino di latte di mucca è sufficiente, purché dato con amore.

Ciò che Dio sta sempre a guardare è la purezza del cuore. Il Suo esame si basa solamente sul sentimento del cuore. Nessuno meglio di Lui sa fare questo esame, poiché Egli è assai preciso in ogni tipo d’indagine. Le vostre opinioni e i vostri progetti possono andare incontro ad alcune variazioni, ma la natura di Dio resta sempre la stessa. Voi non state riconoscendo questa natura. Chi riconosce e pratica questa verità è una persona vera.

La preghiera dello studente

Incarnazioni dell’amore, oggi anche numerosi studenti adorano Vinâyaka e Lo pregano per avere una buona cultura, delle buone qualità, per passare bene gli esami, e così via. Ma…

Non pregheranno per dei buoni intelletti,
per la saggezza e un buon comportamento.

Vogliono avere dei buoni voti a scuola, mirano ad avere una buona reputazione e un’alta cultura. Ecco a che cosa pensano.

Dove son finite le virtù, il contegno, le qualità e le buone abitudini? Non sono forse queste le qualità care a Dio? Qualunque piccolo lavoro voi cominciate, ponetevi prima di tutto queste domande: “Dio apprezzerà questo lavoro, oppure no? Quest’attività darà gioia a Dio, oppure no? È qualcosa che piace a Dio o no?”. Prima di tutto, chiedetevi questo, poiché, se vi dedicate ad un’attività che piace a Dio, avrete sicuramente successo. Voi pensate solo a ciò che vi piace, ma non guardate a quello che piace a Dio. E così, andate avanti col vostro egoismo. Fate delle scelte che piacciano a Dio, comportatevi in accordo a ciò che Dio vuole. E questo sia il criterio che adottate anche in ogni più piccolo lavoro da fare. Molti vivono solo per sé e in funzione dei propri interessi. Mettete da parte ogni egoismo e abbracciate ciò che vi dà purezza e fermezza.

Ecco quanto Ganapati insegna: le qualità del successo (siddhi) e dell’intelletto (buddhi). Con un buon intelletto (buddhi) ci sarà perfezione. Per sperimentare la natura del Divino, bisogna che ci siano sia l’intelligenza illuminata dal discernimento (buddhi), sia la perfezione (siddhi). Dobbiamo amare Dio con tutto il cuore, con tutta la mente ed offrirGli generosamente tutto. In quel caso, anche un lavoro di poco valore, acquisterà maggior potenza.

Incarnazioni dell’amore, l’istituzione di Ganapati e la sua peculiarità sono tenuti in grande considerazione in India. In nessun altro Paese si presta un culto così sentito ed esiste una devozione così forte a Ganapati quanto in India. È un’inclita fede che parte dal nostro cuore. Chi è Dio, il Bhagavân? È Colui che risplende ovunque. Bha significa “splendore”; vantudu è uno che ha autorevolezza. Bhagavâti è ciò che fa splendere. Che bisogno abbiamo di cercar Dio fuori, quand’Egli è già dentro il nostro cuore? Esaminate il vostro cuore.

I miracoli del servizio

Studenti e studentesse, incarnazioni dell’amore, ciò di cui avete bisogno voi è un amore puro. Per realizzare il Divino, non è necessario recitare i 108 nomi di Dio, e nemmeno i 1008 nomi di Dio. Sono pratiche prescritte per il rispetto dovuto al nome di Dio, ma niente è meglio del servizio. Il sevâ è la pratica spirituale più elevata.

Austerità, pellegrinaggi, lo studio dei testi sacri o la ripetizione del Nome non vi faranno attraversare l’oceano della vita terrena. Riuscirete ad attraversarlo soltanto con il servizio alla gente pia.

(Swami ripete la citazione). Il servizio ai devoti è molto importante per noi, ma servite anche chiunque altro e consideratelo come servizio fatto a Dio. Se vedete qualcuno per strada o nel bazar che sta soffrendo molto, lasciate il vostro lavoro d’ufficio e soccorretelo.

Vi porto un piccolo esempio. Un ragazzo di Delhi, dedito all’ascolto di tutti gli insegnamenti di Swami, stava per recarsi al college, dove quella mattina, alle 8, avevano inizio degli esami. Durante il percorso vide un mendicante, che, non riuscendo a camminare, cadde a terra. Il giovane allora si legò i libri alla cintola, e sollevò il pover’uomo. Gli prestò le prime cure necessarie, e poi lentamente lo accompagnò all’ospedale. Ormai erano le 10 di mattina. Lo studente si rese conto dell’ineluttabile ritardo: “Accidenti! – pensò – Stamattina ho perso l’esame. Ma ho fatto un altro esame che Dio mi ha dato”. E fu molto felice quel giorno. Aveva la sensazione di aver fatto lo stesso il suo esame.

Poi venne da Me e disse: “Swami, ho perso un esame. Quest’anno l’ho perduto e dovrò ripeterlo. Però, non sono triste. Sono felice d’aver superato il Tuo esame”. Gli dissi: “Passerai anche il tuo esame, caro; non sarai bocciato”. Il mese successivo uscirono i risultati: era il primo della classe!

Ciò che si fa di tutto cuore rimane come un testimone dentro di noi. La nostra mente, infatti, è il nostro stesso testimone. Per questa ragione Tirutund Alwar era solito dire di tanto in tanto che “la mente è il testimone del pensiero, la virtù è il testimone della persona, e la stoltezza è il testimone dello stolto”. E ciò è importante anche per noi. La mente è per ciascuno il testimone di sé.

Quello studente non ritenne di aver perso l’esame, poiché aveva servito il mendicante; e ne era così felice che pensò: “Non ho passato quell’esame. Però sono passato all’esame che mi ha fatto Swami”. Laddove sembrava aver fallito, ebbe invece il massimo successo.

Vi sono tanti altri studenti che in questo modo si sono assicurati gli stessi risultati. Considerate qualsiasi attività come servizio di Dio e non subirete alcuna perdita, non avrete mai insuccessi, tutto andrà sempre per il meglio. Però, ciò che fate, fatelo con tutto il vostro cuore: in questo modo sperimenterete il Divino.

Liturgie e preghiere

Molti ritengono che il culto sia importante e accantonano tutto il resto per celebrare riti. È un grave errore. Le liturgie sono certamente importanti. In che consiste un culto? Nell’offrire i fiori che portate dal mercato? No. Date a Dio il fiore del vostro cuore. Ve lo dissi anche l’altro giorno.

La “Non-violenza” è il primo Fiore.
Un altro è il Fiore del “Controllo dei sensi”.
Questi sono i tipi di fiori
di cui dobbiamo aver cura.
Il Fiore della “Compassione per tutti gli esseri viventi”.

Il perdono

Il fiore della sopportazione, della pazienza e del perdono è molto importante. È il più importante di tutti. Dharmaja realizzò il Divino grazie a questo fiore della sopportazione e della pazienza. Nonostante tutte le difficoltà, egli vinse con pieno successo perdite e dolori alle quali stava per soccombere. Quando sua moglie venne umiliata, tutti sentirono la cosa come un grave disdoro. Dharmaja non provò affatto vergogna. “Quello che dev’essere fatto in un determinato momento, va fatto. Accada ciò che deve accadere. Non serve a niente preoccuparsene”. Dopo avere detto questo richiuse i suoi occhi meditando su Krishna. Comunque siano andate le cose, chi alla fine ebbe la meglio?

Bhîma, infuriatosi, si alzò e disse: “Che cosa dobbiamo fare con te, fratello maggiore? Non hai fatto altro che parlarci fin dal principio di doveri, doveri e doveri, ma in questa maniera ci hai causato solo problemi. Il tuo dharma è la causa di tutti i nostri guai. Dacci un taglio! Adesso segui il nostro dharma!”

Dharmaja disse: “Mio caro, il tuo dharma e il mio non sono due cose separate. Il dharma è uno solo e quello che soddisfa la coscienza è il vero dharma”. A quel punto Bhîma si rattristò: “Come puoi chiudere gli occhi di fronte a Draupadî che viene umiliata? Come puoi continuare ad essere il marito di una Draupadî a tal punto disonorata? Non posso sopportarlo. Li ammazzerò!”

“Non è giusto”, disse Dharmaja. Fidandosi completamente delle parole di Dharmaja, grazie al suo modo leale di comportarsi, alla fine furono i Pândava ad aggiudicarsi la vittoria.

Comunque, ci fu un momento in cui anche Arjuna s’inquietò molto ed afferrò Ashvatthâman dicendo: “Guarda qui, Draupadî! Questo è colui che ha ucciso i tuoi figli: Ashvatthâman. Gli taglierò la gola; verserò il sangue sulla tua testa, laverò col sangue i tuoi capelli”.

Allora ella disse: “È questo ciò che vorresti fare? No”.
“È sleale uccidere chi ha paura,
chi non ha coraggio, chi dorme profondamente,
chi è ubriaco, chi si è perso,
chi è intellettualmente menomato,
chi è psicolabile, chi cerca un rifugio e un riparo, e le donne”.
Ma Draupadî non si limitò a dire questo al marito; si gettò anche ai piedi di Ashvatthâman:
“Tutti i miei mariti hanno appreso le arti della guerra
e del tiro all’arco da tuo padre Dronâcharya.
È giusto uccidere gli allievi di tuo padre?
Non hai un briciolo di compassione?
Sono venuti da te senza arroganza, senz’armi e senza inganno.
Tu li hai uccisi nell’oscurità, quando non potevano difendersi.
Come hanno potuto le tue mani compiere un atto simile?”

“Eran giovanissimi, stavano dormendo, ucciderli così…; come hanno potuto le tue mani far questo?” Pensate: Draupadî che prega Ashvatthâman, vi par poco? Fu solo quel sentimento di pace ed amore a proteggerla sempre. Perciò, nelle circostanze difficili, nei momenti di dolore, anche noi dovremmo mantenere la pace ed evitare di offendere o fare lo stesso male che essi in un modo o nell’altro hanno fatto.

(Draupadî, rivolta ad Arjuna e a Bhîma): “Ha ucciso i miei figli, e provo tanto dolore. Non posso pensare alla sofferenza che proverebbe la madre di Ashvatthâman, se le toccasse veder uccidere i propri figli. Bhîma, non devi agire in questa maniera”. E Bhîma:

“L’insopportabile dolore per l’uccisione dei suoi figli,
ha fatto perdere la ragione a Draupadî.
È una sciocca ingenua ed ignorante.
Perché lasciarlo vivere? Uccidilo!
Guarda! Se non lo fai tu, ci penserò io a schiacciargli la testa
con il mio pugno fino a ridurla in polvere”.

“Io l’ammazzo!” Draupadî, a quelle parole, si gettò ai suoi piedi. Davvero grande era la purezza delle donne di quel tempo. Sapevano perdonare anche chi aveva commesso gravi sbagli, senza riguardo alle circostanze benché drammatiche.

La pace delle donne indiane

L’India fu per questo una sacra terra e, grazie a quei nobili sentimenti di perdono, si è guadagnata la stima di tutto il mondo. Draupadî non nutrì sentimenti di vendetta per l’uccisione dei suoi figli; mantenne in ogni caso la pace.

Shântih, Shântih, Shântih: pace nella mente, pace nel corpo, pace nello spirito. Tre tipi di pace: Shântih, Shântih, Shântih: non solo la pace della mente; non solo la pace del corpo. Ci vuole anche la pace interiore, la pace dello Spirito. L’India ha ottenuto una fama intramontabile, proprio grazie a mogli e madri che seppero mantenere in ogni circostanza la pace; furono donne che presero tutte rifugio unicamente negli insegnamenti di Krishna. Draupadî era una di queste: in ogni situazione, mise in pratica gli insegnamenti di Krishna. Donne così nobili e caste hanno fatto la gioia dell’India: una gioia che ha sfidato i secoli fino ad oggi.

Ogni uomo dovrebbe ritenere importante il perdono. Se saprete perdonare tutti, Dio vi si manifesterà nella forma del perdono. La festa di Ganapati è un grande sprone al perdono, c’insegna il principio dell’amore, e ci fa sperimentare la beatitudine del Divino.

(Swami conclude intonando il bhajan “Hari bhajana bina sukha shânti nahi”)

Prashânti Nilayam, 1° Settembre 2000.

Vinâyaka Châturti Sandesh, Festa di Ganesa

Versione integrale.

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