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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1962:19620308

19620308 - 08-09-10 marzo

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

L’arco spezzato

PRIMO GIORNO 08 marzo

[1] Virabhadram vi ha appena letto e spiegato una leggenda tradizionale relativa a Mahāshivarātrī; questa storia è solo un mezzo per insegnarvi la via del Dharma. La storia dei cervi che implorarono il cacciatore di non ucciderli promettendogli che sarebbero tornati appena fossero stati pronti a morire, e che se non avessero mantenuto la parola sarebbero stati puniti per molti gravi peccati, ha solo la funzione di diffondere i principi del Dharma. Ogni storia illustra una morale, e questa su Mahāshivarātrī non fa eccezione. Quando si tratta di descrivere i pregi del Dharma, persino gli animali diventano eloquenti. Il loro linguaggio, in verità, è la stessa voce di Dio. Essi non sono cervi: sono le lingue del Signore. I cervi di quella storia promettono, uno dopo l’altro, che sarebbero tornati per essere uccisi; quel giorno non possono restare perché ognuno di loro ha un congiunto da nutrire, da curare o al quale obbedire; poi affermano che il loro voto è la verità e che non l’infrangerebbero mai poiché è veramente un peccato terribile ingannare gli altri. I cervi dicono che questo peccato equivale a molti altri peccati che elencano. Il cacciatore, dunque, li lascia andare sulla parola. Egli stesso ha commesso i peccati da loro menzionati e sa, per le esperienze vissute in molte nascite, che questi peccati sono terribili poiché causano tragedie tremende e impietose. In questo campo opera la legge ferrea di causa ed effetto. La parte più triste della storia è che l’individuo, nonostante veda ed ascolti, soffra e perisca, non riesce a convincersi che peccare è un esperimento pericoloso che inequivocabilmente procurerà un raccolto di lacrime. Le qualità tamasiche dell’ignoranza e dell’illusione gettano un velo sulla verità e nascondono la fossa in cui il peccatore incauto cadrà nuovamente. Certo, quando la sofferenza vi sorprende ed il dolore vi ha in pugno, il Signore non sempre rivela il peccato esatto che ha determinato la punizione di quell’esperienza specifica. Vi lascia dedurre in modo generico che ogni esperienza è una lezione e ogni perdita è un guadagno. Dovete imparare che siete voi stessi a vincolarvi o a liberarvi. Vi lasciate intrappolare dalle qualità dei tre guna e con i vostri sforzi attirate il mondo a voi e ve lo legate stretto intorno. Siete dotati di discernimento, anche il più illetterato fra voi; avete una coscienza che vi sussurra all’orecchio la legge morale del Dharma, quindi siete voi che dovete decidere e scegliere.

[2] Una volta un famoso pittore si recò da un re che gli chiese di eseguire un enorme affresco sulla parete della sala di corte che riproducesse una scena della battaglia del Mahābhārata. In quel momento, un pittore fino allora sconosciuto s’alzò e chiese il permesso di dipingere un secondo affresco sulla parete opposta. Disse che nello stesso arco di tempo avrebbe eseguito un affresco ugualmente grandioso; infatti, sebbene fosse stata messa una spessa tenda a separare i due muri, l’affresco del secondo pittore risultò essere l’esatta copia del primo! Quando i lavori furono completati, il re entrò nella sala, fece togliere la tenda e guardò la parete opposta; rimase esterrefatto nel vedere la copia identica del primo affresco, persino nei minimi particolari, nelle linee, curve, colori e dinamica. Era proprio la medesima scena del Mahābhārata! L’artista locale, per tutto il tempo in cui l’altro pittore eseguiva la sua opera, aveva solo lucidato la parete che gli era stata assegnata. Non aveva usato alcun pennello né colore; aveva solo lucidato quel muro fino a renderlo uno specchio. Lucidate così anche la vostra mente ed il Signore, con tutta la Sua sublime grandiosità, si rifletterà nel vostro cuore. Come nutrite il corpo e vi preoccupate della sua manutenzione, così anche manas, citta e buddhi, la mente, la coscienza e l’intelletto, devono essere alimentati con del buon cibo nutriente. Se saltate il caffé del mattino vi viene mal di testa; come vi sentite invece quando saltate la dose mattutina di ripetizione del Nome? Forse non ne avete fatto ancora un’abitudine. A mezzogiorno la fame vi conduce dall’ombra di questi alberi al posto dove il cibo vi sta aspettando; nulla di altrettanto potente vi spinge verso la vostra stanza della pūjā. Ma forse voi non avete alcuna stanza riservata alle preghiere. Quando entrate in una casa, anche se è rimasta disabitata per mesi, potete intuire e dire: “Oh, questa è la cucina” per via dei muri fuligginosi e dell’odore dei condimenti. Analogamente, comprenderete che quell’altra stanza è la stanza della pūjā per l’aroma degli incensi e dei fiori che si respira ancora nell’aria. In casa vostra adibite una camera solo per le pratiche spirituali o almeno un angolo dell’abitazione dove poter pregare, meditare e rendere culto. Ritiratevi in quello spazio per qualche minuto almeno due volte al giorno; quella sarà ‘l’ora del pasto per lo spirito’.

[3] Lasciare che la mente riposi sull’albero della Gloria di Dio donerà all’uccello stanco un po’ di riposo per poter volare di nuovo con le proprie ali in cerca di cibo e gioia. Anche la compagnia di persone pie agisce come un tonico. Provate questa ricetta per un po’ di tempo; all’inizio forse risulterà sgradevole. Così come il corpo, anche la mente non riesce a funzionare stabile e risoluta a causa della propria debolezza. Ecco perché oggi mi sono rivolto a voi non come faccio di solito chiamandovi ‘Incarnazioni dell’Amore’ o ‘Incarnazioni del Sé’; come avrete notato con un po’ di sconcerto, vi ho chiamati ‘Incarnazioni della pace ma dal comportamento irrequieto’. Non ho detto queste parole per scoraggiarvi, ma solo per farvi rilevare quest’assurdità. Non lasciate la mente, l’intelletto e la coscienza affamati o malnutriti poiché in tal caso andranno a cercare cibi sconvenienti. Date loro il giusto nutrimento e vedrete che svolgeranno le loro funzioni in modo corretto. Il loro compito è di rivelare il Sé interiore ed aiutarvi a scoprire che quel Sé è il Tutto. Fino a quel momento così fausto, tutto sarà sottosopra: non preoccupatevi. Se andate a visitare una casa dove si celebrerà un matri monio, troverete una gran confusione, molto fracasso, disordine e polvere, ma quando arriverà il momento delle nozze, quella casa sarà tirata a lucido e ben decorata. La grazia del Signore distruggerà tutti gli ostacoli ed il frutto della pratica spirituale sarà garantito. Una volta che vi siete assicurati la grazia, attraverso di essa potrete realizzare tutti i vostri desideri; è come quando si ha un bel pezzo di tessuto: si può realizzare qualsiasi tipo di indumento come giacche, pantaloni od altro. È la grazia che conferisce valore alle vostre esistenze, autenticità ai Testi Sacri ed autorità al beneficiario. Un semplice foglio di carta bianca non ha alcun valore, ma se perviene alla Zecca di Stato ed è convertito in una banconota da cento Rupie, allora gli attribuite valore, sebbene sia tutto stampato e non ci sia rimasto neanche un piccolo spazio bianco per scrivere qualcosa. Lasciate che il marchio di Dio si imprima su di voi; portate la Sua firma che v’investe di valore ed autorità. Per prima cosa, però, dovete diventare puri, forti e resistenti. Eliminate tutti i difetti che vi macchiano.

[4] Il cervo della storia si riferiva alla mucca che veniva adorata durante il rito sacro. Perché proprio la mucca gode di tale considerazione? Perché si nutre di cibo sattvico, vegetale, ha indole mansueta e dona il latte senza alcun desiderio di ricompensa, nemmeno di gratitudine. Una volta un contadino vendette una vecchia mucca ad un macellaio. Quando fece ritorno ai suoi campi, dopo aver concluso l’affare, si trovò faccia a faccia con un serpente. L’uomo a quel punto gridò: “Oh Dio, uccidi questo rettile velenoso!” – ma il serpente gli rispose: “Io non sono un rettile! Tu, piuttosto, meriti quell’appellativo.” Quando il contadino protestò per l’insulto, il serpente gli disse: “Vai a chiedere al vitello.” Il vitello raccontò la storia atroce della sua cupidigia e crudeltà, di come lo avesse trascinato via dalla madre, legato ad un palo con una corda lasciandolo senza il latte materno, di come lo picchiava e gli torceva la coda per obbligarlo a trasportare pesanti carichi. Il vitello disse che quell’uomo era una bestia ingrata, che aveva anche l’abitudine di deridere i suoi simili definendoli animali quando egli stesso era assai peggio di una bestia. Non insultate mai alcun uomo o animale poiché Dio alberga in ogni essere e la vostra offesa colpisce il Residente Interiore.

[5] Seguite le regole del Dharma descritte da questi cervi; essi in realtà non sono dei cervi, sono i rappresentanti dei Veda, infatti sono quattro in tutto. Le Scritture sono l’autorità di riferimento per la Legge Morale del Dharma e per l’azione basata sulla Rettitudine. Solo quando sarete benedetti dalla grazia del Signore, che si ottiene seguendo la retta condotta, potrete conseguire la vera pace. Un pesce è sereno quando è totalmente immerso nell’acqua; anche voi dovete far sì che la grazia vi circondi completamente. Non esistono scorciatoie per guadagnarsi la grazia; la ripetizione del Nome è la via più sicura. Non credete a quelli che vi indicano percorsi più veloci. Costoro vi potrebbero parlare del Prānāyāma (controllo del respiro) o dell’hatha yoga. State attenti: queste pratiche sono gravide di pericoli. Non date ascolto a tali discorsi, non leggete o fidatevi di libri che trattano dei vari tipi di yoga, per poi iniziare a praticarne gli esercizi. So di molti casi di follia e di lussazioni causati dal seguire la carta stampata. Se seguirete le indicazioni delle Scritture non vi sbaglierete; esse illustrano una serie di regole per ogni stadio della vita e per tutte le professioni. Pensate a come il panico divulgato dagli astrologi per la congiunzione degli otto pianeti abbia indotto gli uomini a cercar rifugio nelle Scritture. Certo, quando una malattia vi colpisce bisogna assumere i farmaci. Quando un pericolo vi minaccia dovete pregare più intensamente; non c’è nulla di male in questo. È certamente meglio pregare piuttosto che impegnarsi in stupide pratiche. La ripetizione del Nome di Dio è il mezzo migliore, però voi non credete veramente che vi possa curare o salvare: questa è la tragedia. La gente crede solo nell’efficacia di medicine costose con confezioni appariscenti e largamente pubblicizzate. Il rimedio più semplice e facile che chiunque trova in casa propria viene ignorato o ritenuto inutile. In verità, se solo aveste fede nel Nome, non avreste bisogno di combattere per conquistare un’opportunità di illustrarmi i vostri desideri e necessità: li esaudirei senza che me li diciate. Rāmdas si sedeva forse sotto la veranda come fate voi ora ad aspettare l’occasione di un’intervista? Il Signore portò proprio davanti alla sua porta di casa ciò che avrebbe soddisfatto il suo desiderio più intimo!

[6] Il desiderio non potrà mai essere distrutto soddisfacendolo, poiché esso si moltiplica come un’erba infestante; un seme germoglia e genera una pianta, che a sua volta farà cadere milioni d’altri semi che si trasformeranno in una foresta di milioni d’alberi con migliaia d’altri semi, che cresceranno nuovamente dando origine ad una giungla ancor più fitta. L’unico conforto è in Sai. Il Nome del Signore è come un’incarnazione divina terrifica discesa per combattere i demoni di questa era di Kali. Tenete sulle labbra e nella mente il Nome del Signore chiaro e vivo, con la Forma che lo rappresenta davanti agli occhi e nella mente: nulla potrà farvi del male. Abituate i bambini fin dall’infanzia a ripetere ed a fare assegnamento sul Nome. Fate in modo che lo assorbano col latte della mamma. Educateli a quest’abitudine praticandola voi stessi e dimostrando loro la pace che ne traete. Non fate passi indietro, avanzate; non siate esitanti o dubbiosi. Non negate la gioia che avete ricevuto da un’esperienza spirituale, il coraggio che avete sentito emergere in voi. Se dubiterete di queste cose, il vostro solo conseguimento sarà la sofferenza. Ogni lettera è Bījākshara, una lettera-seme sacra; per questa ragione non sussurro segretamente nelle vostre orecchie alcun mantra. Ve lo dono con ogni Mia parola. Ascoltatemi: ogni mattina quando vi svegliate, pensate che state per entrare sul palcoscenico dove interpreterete il ruolo che vi è stato assegnato dal Signore. Pregate di poterlo interpretare bene e guadagnarvi la Sua approvazione. Di sera, quando andate a dormire, pensate di entrare nel camerino dopo che si è concluso un atto, con ancora addosso i costumi del vostro personaggio, poiché forse quella parte non è conclusa e quindi non vi è ancora permesso di cambiarvi. Può darsi che la mattina seguente dobbiate fare un’altra entrata in scena. Non preoccupatevene. Mettetevi completamente a Sua disposizione: Egli sa. È Lui che ha scritto la storia e sa bene come finirà e per quanto tempo andrà avanti. Il vostro compito è solo quello di recitare la vostra parte e poi ritirarvi.

SECONDO GIORNO 09 marzo

[7] I cervi che vagano per la foresta dove il cacciatore attende la selvaggina, e che gli hanno giurato di tornare più tardi per essere sue prede onde non incorrere in una punizione tremenda, insegnano una lezione sul Dharma. Se praticate quelle virtù ed evitate quei peccati, potrete conseguire la Beatitudine che è la vostra vera realtà. I cervi parlano del ‘peccato’, ma ricordate che non esiste il peccato come tale. Ci sono solo errori dovuti all’ignoranza, alla cupidigia, alla gelosia, all’odio. I principi del Dharma enunciati in questa storia devono essere seguiti; non è solo il cacciatore ad approvarli: ogni ascoltatore dei Purāna deve dare il suo assenso. Coloro che possiedono una coscienza evoluta devono evitare anche il più piccolo errore. È imperdonabile che un uomo saggio cada nell’errore, mentre lo sbaglio di un ignorante, per quanto devastanti siano le conseguenze, deve trovare tolleranza. Alcuni sminuiscono i Dharma Shāstra poiché pensano che siano una creazione dei Bramini, e quindi si rifiutano di attribuire valore alle loro regole e restrizioni. Queste argomentazioni sono sbagliate. Le Scritture hanno l’autorità di Dio stesso. Non vengono dall’uomo, bensì da Dio. Uno stile di vita retto dipende dal guna, dalla tendenza prevalente nell’individuo. Nel diciottesimo capitolo della Bhagavad Gītā sono menzionati i tre guna con le loro relative caratteristiche; come anche la relazione fra il tipo di cibo che si assume ed il carattere che ne deriva. Il cibo determina la qualità predominante, ed essa indurrà a cercare il cibo che le è più congeniale; così il circolo vizioso procede. Nelle Upanishad c’è la storia di un uomo ed una mucca che vanno dal Signore e lo pregano di assegnare loro i doveri quotidiani. Alla mucca fu detto di servire il suo padrone che la nutriva e la curava, ed all’uomo di praticare il Dharma. L’uomo rabbrividì a quella responsabilità e chiese più libertà rispetto a quel tipo di vita così impegnativa. Il Signore gli rispose di ritenersi libero di scegliere il sentiero attraverso il quale avrebbe potuto realizzare Dio, dopodichè alla mucca assegnò come cibo ciò che cresce dalla terra, ed all’uomo assegnò un boccone di cibo nelle prime ore del mattino ed un altro alla fine della giornata; prescrisse così moderazione nel mangiare.

L’uomo e la mucca ritornarono sulla terra, ed ora la mucca mangia e rumina ciò che ha mangiato, mentre l’uomo ha scoperto che un pasto leggero è la garanzia più sicura per la salute.

[8] Arjuna era influenzato dall’ottundimento del tamoguna che lo fece cadere vittima dell’illusione del ‘mio’ e ‘della mia famiglia’. Un momento aveva fede nel Signore, un altro momento aveva dubbi sulle conseguenze: questa era la sua condizione. Voi vi trovate nel medesimo stato. Un giorno dite: “Devo seguire i dettami di Baba” – ed il giorno seguente incominciate a dubitare: “Ci riuscirò?” Ecco perché sistemo le vostre condizioni di vita in modo che possiate migliorarvi secondo i Miei ordini. Vi infondo il coraggio per sviluppare la fede, una fede irremovibile, ma vedo che molti di voi non si sono ancora incamminati lungo il sentiero indicato nonostante la fiducia che vi trasmetto, le circostanze favorevoli che procuro ed i favori che vi ho concesso. Tutto ciò è davvero deplorevole! Dio ha donato all’uomo cento anni di vita e lavoro in quantità con cui saturare quegli anni; ma voi buttate via il vostro tempo in giochi poco seri, nel metter su casa e nel curarvi della vostra famiglia, e diventate consapevoli di dovervi preparare alla dipartita terrena solo quando la morte sta già bussando alla vostra porta. Allora pregate febbrilmente affinché vi sia concesso di estendere il tempo a vostra disposizione per riuscire ad adempiere il compito per cui siete stati mandati. Non avete tempo per recitare il Nome del Signore o meditare sulla Sua Forma che è in voi stessi! Ahimé! Però trovate il tempo per andare al club, giocare a carte, guardare i film, chiacchierare per strada ed impegnarvi in tutti i generi di futilità, ma non per un po’ di quiete, per una cosa tanto semplice come la contemplazione. La mancanza di tempo è una scusa che non regge. No! Guardate in faccia la Verità e procedete verso la Verità. Se camminate lungo il sentiero del Dharma, impercettibilmente sarete spinti verso la Verità, dolcemente ma fermamente.

[9] Osservate come il crudele cacciatore fu trasformato in un ascoltatore interessato dagli appelli che i primi due cervi trasmisero alla sua coscienza. Egli addirittura non vedeva l’ora di sentire cosa avrebbe detto il terzo cervo riguardo le regole prescritte dalle Scritture e le pene che si devono scontare per le loro infrazioni. Il cacciatore è stato lentamente trasforma to anche dal suono delle lontane campane del tempio di Shiva che annunciavano i riti di Mahāshivarātrī. In realtà, sia i cervi sia il cacciatore sono attori; essi costituiscono gli strumenti dell’insegnamento. Tutto fa parte del Progetto del Signore. Ad esempio, molto tempo prima che la Gītā fosse rivelata, considerate come il Signore preparò il veggente Sañjaya e lo mise in grado di vedere ed udire tutto ciò che accadeva o di cui si parlava a distanza. La sua missione era di preservare la Gītā per l’umanità. Arjuna fu solo un interprete affinché la Gītā fosse rivelata. La Gītā ha il fine di salvare e concedere a tutti la Liberazione. In Telugu il termine ‘Gītā’ significa ‘linea’. Essa, infatti, traccia una riga di divisione e cancella la serie delle nascite e delle morti; v’insegna ad incedere sicuri e senza timori lungo la via dritta del Dharma, seguendo appunto la linea stabilita.

[10] Dovete gradualmente liberarvi dagli attaccamenti che vi portano fuori strada. Solo allora riuscirete a stare in piedi ben dritti, senza dovervi curvare sotto il loro carico. Oggi, invece di eliminare le agitazioni mentali, si compie ogni sforzo per moltiplicarle. È come far bere un liquore ad una scimmia: si comporterà in modo ancor più scimmiesco. Mi riferisco alla prassi di attribuire agli aspiranti spirituali dei titoli che esaltino i loro conseguimenti! Essi restano intossicati da questi titoli conferiti da guru esaltati e tronfi che li fanno diventare delle ‘Luci’, dei ‘Veggenti’, delle ‘Stelle’ o dei ‘Grandi Spiriti’. A causa del loro ego gonfiato, questi discepoli saranno maggiormente soggetti ad un disastro spirituale. I dottori che dovrebbero somministrare dei medicinali ai loro pazienti avvelenati, propinano invece farmaci velenosi a persone in ottima salute! Chi conferisce il titolo e chi lo accetta sono entrambi da biasimare. Il primo aggrava quell’ego che vanta di poter curare, il secondo si compiace di ricevere fregi dozzinali.

La disciplina del Varnāshrama ha l’obiettivo di concentrare la mente sull’unione finale con l’infinito. Per ogni gruppo sociale e per ogni stadio della vita è stato fissato un modello di comportamento, sono stati raccomandati determinati modi di vivere e sono stati prescritti dei diritti e dei doveri sociali. Tutto al fine di sublimare gli istinti ed elevare l’impegno. Il Varnāshrama è un albero con radici profonde la cui ombra offre riparo a tutte le varie comunità umane. Non denigrate quella disciplina o le Scritture antiche poiché sono l’autorità che convalidano la Mia Verità. Attraverso lo studio di quelle Scritture potete farvi un’idea della grandiosità di Dio. Non disprezzate Vishnu o Shiva se la vostra devozione è indirizzata verso un altro Nome e Forma che voi onorate. Attenti! Quando disonorate un uomo, state disonorando Me che vivo in lui. Onorate il Sé del quale egli è l’involucro, rispettate l’immortale Sé che è la vostra vera identità, e non commettete alcuna azione che insulti quella Realtà Fondamentale. I cervi della storia indicano al cacciatore che il sentiero verso la realizzazione del Sé ha quattro stadi: le Scritture, il Dharma, la Devozione e la Verità. Forse alcuni di voi sono preoccupati perché non ho ancora incominciato a chiamarvi individualmente per i colloqui durante i quali mi potete parlare dei vostri problemi ed Io vi posso benedire personalmente e mandarvi a casa. Ma siete così numerosi che preferisco vedere prima gli anziani, i malati e coloro che avranno difficoltà a tornare qui. Sicuramente tutti gli altri approveranno questa decisione. Inoltre, è sufficiente che mi chiamiate ovunque siate; nel Mio caso non c’è bisogno di percorrere lunghe distanze e spendere del denaro tanto duramente guadagnato. Esaudirò i vostri desideri là dove vivete. Da domani scenderò quattro volte al giorno e vi darò il privilegio di un colloquio personale nella saletta delle udienze e trascorrerò quasi tutta la giornata con i devoti. Devo farvi un’osservazione: per il vostro bene posso sopportare qualunque cosa, sono venuto per salvarvi e guidarvi, però non tollero l’odore del tabacco e delle sigarette. Non potreste posporre di un’ora quella pratica disgustosa e venire da Me senza quell’odore insopportabile addosso? Ho prescritto, inoltre, delle regole ed un codice di condotta per questa comunità; vi chiedo di studiarle e praticarle, non solo qui ma anche a casa vostra, ovunque viviate.

TERZO GIORNO 10 marzo

[11] Virabhadram vi ha appena letto l’ultima parte della storia tradizionale di Shivarātrī. I cervi tornano dal cacciatore ed insistono per essere uccisi, ma egli, purificato dalla loro lealtà, dai loro insegnamenti e dalla sacra veglia, seppure inconsapevole di quella notte fausta, si rifiuta di ucciderli. Spezza il suo arco e piange pentito, sconvolto dallo scrupolo dimostrato dagli animali nel mantenere la promessa data. I cervi tentano di persuaderlo ad ucciderli ma egli cerca di sottrarsi; dice loro che avrebbe dovuto ucciderli sotto l’albero dove aveva trascorso la notte attendendo la preda, e non vicino alla sua casa alla quale i cervi si erano avvicinati quel mattino! Il cuore malvagio dell’uomo è stato trasformato dall’ascolto di buone parole, dai riti e dalle campane del tempio. Quella è la sottile alchimia operata da ciò che ci circonda e dalle compagnie che frequentiamo. Alcuni luoghi hanno un impatto fortissimo sulla mente; la loro atmosfera è satura del Nome di Dio per via delle generazioni di devoti che vi si sono radunati. Ecco perché dico sempre che l’azione retta è la miglior discipli na, e ciò significa agire colmi di devozione. Questo porterà spontaneamente alla conoscenza spirituale: essa svelerà che il mondo è un sogno e che l’unica Realtà è l’onnipresente Grazia o Potere divino.

[12] L’ateo è cieco, ignorante ed affetto da una febbre che rovina il suo senso del gusto: infatti, trova tutto amaro. Il credente, al contrario, riesce a sentire il gusto autentico di ogni cosa: percepisce l’amaro, l’acido ed il dolce come tali. L’uomo che ha realizzato Dio, invece, trova dolci tutte le esperienze e le cose, piene della dolcezza divina. Prahlāda era così; fu picchiato, torturato, ustionato col fuoco e poi gettato nell’acqua, eppure provò solo e sempre dolcezza. Riuscì a superare tutte quelle tribolazioni grazie alla forza che gli dava il Nome di Nārāyana custodito nel cuore. Esiste una sorgente segreta nel cuore che sgorga quando si pronuncia il Nome, e quella sorgente appagherà la vostra sete. Le sofferenze tremende che Prahlāda dovette sopportare ottennero solo di dimostrare il suo stato di realizzazione.

[13] Una volta il Signore s’introdusse nella casa di un presunto saggio sotto le sembianze di un ladro, e quando il padrone di casa lo agguantò e gli disse: “Sei un ladro, ti ho preso!” – il Signore rispose: “Fin quando ci sono le idee di ‘tu’ ed ‘io’, non ci può essere jñāna, la saggezza” – e scomparve. È facile studiare alla svelta testi e versetti sanscriti e saperli anche citare profusamente, ma tutto ciò risulterà vano se non agite in conformità con quanto dite. La pratica delle austerità induce la grazia di Dio a manifestarsi. Agite e guadagnatevi la grazia. Il fiato rivela il cibo consumato, così come dalla farina dipende il pane. A Chicago, Vivekānanda fu in grado di proclamare il valore del Sanātana Dharma con tono inequivocabilmente leonino perché possedeva la forza delle austerità praticate. L’autista di un’automobile deve fare molta più attenzione quando guida su una strada piena di buche che su un’autostrada ben asfaltata. Analogamente, anche voi dovete imparare ad evitare le tentazioni della falsità e viaggiare lungo la strada liscia della Verità. Potreste dire che spesso vi trovate in un dilemma per le implicazioni contraddittorie della menzogna e della verità. Ricordate allora cosa proclama la Bhagavad Gītā: “Parlate senza cattiveria, odio o invidia. Siate sinceri; parlate per confortare, consolare e trasmettere gioia.” Quando vi trovate in difficoltà, prima di saltare in una direzione o nell’altra, pregate per ricevere un consiglio. Gli uomini vi potranno consigliare fin dove arriva la loro abilità intellettiva, ma il Signore, che trasforma l’ottusità in intelligenza, vi rivelerà come uscire dal problema. Chiedete a Dio ed Egli vi risponderà. Il Signore rivelò al cacciatore quale fosse la via giusta, ed alla fine questi, in risposta a quell’ispirazione, spezzò il suo arco, le frecce e gli altri strumenti di morte. Le frecce simbolizzano il vizio e la perversione. Il cacciatore realizzò il suo vero Sé in quel modo. Coloro che giungono a Puttaparti hanno fatto diversi percorsi; ad esempio da Bombay via Guntakal, da Madras via Jolarpet, ma tutti hanno il medesimo obiettivo e provano la stessa gioia quando arrivano. Che siano monete da quattro ‘anna’, due mezze Rupie o una Rupia intera, il valore è lo stesso. La Realizzazione conseguita attraverso uno dei metodi prescritti appartiene alla medesima Verità, alla stessa Magnificenza e sottintende la stessa vittoria spirituale. Il Signore si manifesterà se vi struggerete per Lui, ovunque siate; e se desiderate che Egli si presenti a voi in carne ed ossa, risponderà. Egli è sempre pronto a rispondere, ma voi non siete sempre pronti ad invitarlo o accoglierlo o a riceverlo nel vostro cuore; non avete ancora purificato il cuore eliminando i rovi della lussuria e della cupidigia, dell’invidia e dell’odio. Il neonato appena allattato può incominciare a piangere, ma non preoccupatevi, fa bene alla sua digestione. Piangete, in modo che possiate digerire la gioia di conoscere Dio; piangete lacrime di gioia. Le ghiandole lacrimali non vi sono state date per lamentarvi impotentemente davanti agli altri con le mani tese per mendicare; la loro funzione è di versare lacrime di gioia e gratitudine ai Piedi di Dio. Non abbattetevi. In verità, voi tutti siete molto fortunati, enormemente fortunati ad essere qui, ora, a questa Presenza e di poter ascoltare queste parole. Saziatevi a volontà di questo nettare di Beatitudine, ed una volta digerito, ritornate con un appetito più intenso.

Prashānti Nilayam, Mahāshivarātrī, 8, 9, 10.03.1962

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da DISCORSI 1961 1962 (Sathya Sai Speaks-Vol.II) ed.Mother Sai Publications
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