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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1963:19630906

19630906 06 settembre

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Il veleno più mortale

[1] Kalluri Virabhadra Shāstri vi ha mandato in estasi con la sua chiara e toccante descrizione degli episodi narrati nel Bhāgavata. Le sue parole sono state appropriate e dolci, ed il suo commento ha rivelato il significato profondo degli eventi; inoltre vi ha reso partecipi della vita che si svolgeva a Brindavan presso le famiglie dei mandriani nel periodo in cui Krishna era in mezzo a loro. Alcune persone si sentono inebriate dall’emozione o diventano quasi pazze a causa della loro devozione, tuttavia queste emozioni travolgenti devono essere tenute sotto controllo. Trasformate la devozione in suprema saggezza e diverrete più forti! La vita umana è di grande valore solo perché l’uomo la può utilizzare per vedere Dio. L’obiettivo dell’esistenza è fondersi nel mare, in Dio. Non riempitela di mondanità: diventerebbe una fiera delle vanità, una fiera di dissennatezze. Ascoltare queste narrazioni vi attirerà verso il Principio Divino; riflettete su di esse nel silenzio ed assorbitele nella vostra Coscienza. Il processo del pensiero vi rende umani: è ciò che distingue l’uomo.

[2] Virabhadra Shāstri ha descritto l’episodio di Krishna che danza sulla testa del serpente Kāliya. Era un serpente enorme, pieno di veleno, che dimorava nel fiume Yamunā e diffondeva morte e distruzione. Kāliya rappresenta l’uomo che si dibatte fra gli oggetti dei sensi, che sono un veleno per il loro effetto sulla vita. I piaceri dei sensi sono il veleno più mortale. Quando Krishna danzò sulla testa di Kāliya, e per inciso aggiungo che dovete rendere i vostri cuori teneri e lisci come la testa di un serpente, tutto il veleno venne vomitato fuori ed il serpente fu sottomesso.

Quando si venera Dio, il mondo ed i suoi fumi velenosi recedono e voi siete ristabiliti nella vostra condizione originaria. Fate in modo che il Nome e la Forma del Signore danzino nel vostro cuore. Krishna non aveva alcun attaccamento ai sensi, perciò poté tuffarsi nelle acque, far emergere Kāliya, balzare sulla sua testa e schiacciarla sotto i piedi per spremere fuori tutto il veleno. Se voi stessi siete in un pantano, non potrete tirare fuori qualcun altro che vi sia caduto dentro; restate perciò sulla sponda, non lasciatevi invischiare. Ora vi state dibattendo nella palude della vita materiale, nella viscida fanghiglia dell’attaccamento. Come potrete calpestare la testa del serpente? Potrete salvarvi solo invocando Dio, che è libero da ogni attaccamento sensoriale ed è sulla sponda. Stringete la Sua mano ed Egli vi tirerà a riva.

[3] A quei tempi, Krishna non si separava mai da Suo fratello Balarāma, ma quel giorno arrivò da solo. Portava una collana di pietre verdi, un anello di perle al naso ed un orecchino di perle all’orecchio destro. Non indossava alcuna camicia, ma solo una seta gialla attorno alla vita ed un telo avvolto con noncuranza attorno alla testa. Non indossava sempre la penna di pavone descritta da saggi e poeti, solo qualche volta. Allora a Brindavan abbondavano i pavoni, così come ora. Sul petto nudo aveva un neo ben visibile, una caratteristica di tutti gli Avatār, compresi gli Avatār Sai. Krishna vide le carcasse degli animali morti perché avevano respirato l’aria avvelenata vicino all’ansa del fiume in cui si trovava il serpente; gli uccelli erano caduti a terra morti, e neppure la vegetazione riusciva a sopravvivere nelle vicinanze di quel luogo. Non appena Krishna si tuffò nelle acque per salvare la regione dalla distruzione, i Suoi compagni corsero a casa a chiamare i Suoi genitori affinché intervenissero per fermare quella stolta monelleria. Tutti erano sgomenti ed in preda al panico; solo Rādhā era calma e controllata: sapeva che per Lui quello era un gioco di un minuto, la risoluzione di un momento. Krishna non aveva alcun attaccamento agli oggetti dei sensi e quindi il veleno non poteva avere effetto su di Lui. Persino i desideri oggettivi saranno trasmutati a livelli superiori di purezza quando l’uomo si accosterà al Signore. Niente che sia in contrasto con il Dharma può restare alla Presenza del Divino: quel fuoco consumerà tutte le impurità. La gente si dimentica che Krishna aveva solo undici anni quando lasciò Brindavan, dove avvenne la danza con le gopī, per andare a Mathurā e da lì a Dvārakā. Il Bhāgavata stesso lo afferma esplicitamente, ma questo fatto viene ignorato perché la mente della gente e dei poeti, che vogliono vedere la sensualità in quel miracolo della danza, è contaminata dall’attaccamento ai piaceri sensoriali.

[4] Il piccolo Dhruva andò nella foresta per impegnarsi in rigorose austerità onde ottenere da Dio una grazia: desiderava che suo padre lo trattasse amorevolmente come trattava il suo fratellastro. Non appena progredì nella disciplina spirituale, si dimenticò di quel desiderio ed altri più elevati ne presero il posto. Quando il Signore entra nella mente, la libera da ogni male. Rāma e kāma [Dio ed il desiderio] non possono coesistere. Com’è possibile quindi che le gopī avessero la coscienza del corpo quando adoravano Krishna? Egli aveva già rivelato loro la Sua gloria con molti miracoli, come quando sollevò il monte Govardhana. Krishna aveva dato prova di essere superiore ad Indra, Brahmā e Varuna. Aveva manifestato l’universo nella Sua bocca e dimostrato che era disceso per una missione divina: salvare i buoni e distruggere i malvagi. Pertanto non c’era traccia di materialità nel comportamento delle pastorelle, c’era solo spiritualità. Il Signore non pronuncia mai una parola che non abbia rilevanza o significato e non compie mai nulla che non sia appropriato o non abbia un fine. Garuda simboleggia il Karma con le due ali della fede e della devozione, è l’uccello su cui il Signore prende posto, ovvero è il cuore dell’uomo. Rādhā rappresenta Prakriti, la Creazione o Natura, che l’uomo conosce come Dharā, Universo; esso vi induce a pensare ad Ādhāra, la Realtà Fondamentale su cui la Creazione si regge nel suo fluire (Dhārā) continuo. L’episodio della corda è un altro esempio. Krishna pensò che fosse il momento di rivelare la propria Verità: quando Sua madre gli disse di mostrarle la lingua perché sospettava che avesse mangiato della terra, le diede una visione dell’intera Creazione nella Sua bocca; poi anche la corda più lunga divenne troppo corta per riuscire a legarlo! Questo miracolo diventò la leggenda del villaggio, e tutti allora compresero che Krishna conteneva in Sé i quattordici mondi!

Gli Avatār scelgono il momento e le modalità adatte per annunciare il proprio avvento e la propria gloria. Anche l’attuale Avatār dovette compiere miracoli simili quando decise che era giunto il momento di svelare alla gente il Suo mistero.

[5] Fate in modo che la vostra mente mediti sempre su Krishna; santificate ogni parola ed ogni azione saturandole dell’amore di Krishna o di qualsiasi Nome e Forma che attribuite al Signore che amate. L’oro di un monile da caviglia può diventare l’oro per una corona da porre sul capo di un idolo del tempio; deve essere solo fuso nel crogiolo e battuto sino a dargli forma. L’acqua di un fiume può essere sporca, ma il devoto che ne prende un sorso con un mantra sulle labbra la trasforma in acqua consacrata. Il corpo diventa sano grazie all’esercizio ed al lavoro; la mente lo diventa con la contemplazione devota e costante e con il continuo ricordo del Nome di Dio, con una disciplina regolare e ben pianificata, accettata con gioia e svolta con letizia. La non-violenza è il riso, la dedizione è il legume, l’espiazione è l’uvetta ed il pentimento è lo zucchero di canna. Mescolate bene questi ingredienti con il burro chiarificato, cioè le virtù. Questa è l’offerta che dovete fare alla vostra Divinità prescelta, non le misere cose comperate al mercato per qualche centesimo. Le gopī conoscevano bene questo passaggio segreto che portava al cuore del Signore e lo realizzarono molto rapidamente.

[6] Avrete sentito che Krishna è descritto come Murali-Mādhava, il Signore con il flauto; ma cosa s’intende esattamente per Murali? Voi dovete essere il flauto. Lasciate che il respiro di Krishna passi attraverso di voi, emettendo una musica soave che sciolga i cuori. Arrendetevi a Lui, diventate cavi, vuoti, privi di tendenze e di desideri, senza ego: allora Egli stesso verrà e teneramente vi prenderà per portare voi – il flauto – alle Sue labbra e per far passare il Suo dolce respiro attraverso di voi. Permettetegli di suonare qualsiasi melodia Egli desideri. Il Signore è solo Amore, in Lui non c’è traccia di odio. Una volta a Shirdi arrivò un certo Dr. Pillai afflitto da un acuto dolore ed implorò che gli fossero concesse dieci nascite per poter suddividere quell’insopportabile sofferenza in dieci parti, in modo da soffrire un po’ ogni volta per espiare così il suo debito karmico e non pagarlo tutto in una volta sola. Kaka Saheb lo informò che avrebbe dovuto prostrarsi ai piedi di Baba, e così egli fece. Baba trasferì su di Sé la sua pena e soffrì per dieci minuti: un minuto per ogni nascita; così liberò il Dr. Pillai dal suo debito. Non appena furono trascorsi i dieci minuti, Baba ritornò perfettamente normale. L’Amore deve comporsi di numerosi fili per essere forte e saldo. Un filo solo è troppo debole, ce ne vogliono molti: uno per la madre, uno per il padre, un altro per il marito, la moglie, i figli, ecc. L’Amore abbraccia tutti e non può essere confinato ad una cosa sola, negandone un’altra. È una corrente che fluisce ed include tutto. Meditare sul Signore e sul Suo Amore vi aiuterà a fare scaturire il vostro Amore dal profondo del cuore.

Prashānti Nilayam, 06.09.1963

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da DISCORSI 1963 (Sathya Sai Speaks-Vol.III) ed.Mother Sai Publications
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