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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1963:19631022

19631022 - 22 ottobre

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Il Residente Interiore e lo Spirito Supremo

[1] L’uomo ha imparato tutto su tante cose, ma non sulla morte. Perché una persona deve morire? A che giova morire? Perché si muore? La risposta è: al fine di non più morire. L’uomo è nato allo scopo di non più rinascere. Poiché è nato, egli guadagna ed acquista terreni, ricchezze, proprietà materiali, beni di servizio e di lusso che ritiene gli diano la felicità e che, quindi, diventano gli obiettivi per cui lotta. In questo modo egli dimentica l’obiettivo di realizzare Dio. Vi potrete chiedere perché si debba cercare la buona compagnia, compiere buone azioni e dirigere la mente verso pensieri nobili. Voi mi state ascoltando e cosa ottenete da questo ascolto? Sarete d’accordo sul fatto che Io vi stia donando gioia, non è vero? Bene, ma voi cosa mi date in cambio? Datemi l’ubbidienza, attenetevi a quello che vi dico, praticate ciò che insegno; è sufficiente ed è tutto ciò che chiedo. L’uomo non deve morire come fa un cane o un gatto. Quando lascerà questo mondo, dovrà essere migliore e più felice di quando vi è arrivato. Dovrà andarsene colmo di gratitudine per l’opportunità ricevuta di vedere Dio in tutto quello che ha visto, udito, toccato, odorato e gustato. Col suo ultimo respiro dovrà ricordarsi del Signore.

[2] Per ottenere tale capacità di ricordare, è necessario fare pratica per tutta la vita. Quando siete al volante di un’automobile, potete ascoltare la conversazione che avviene al suo interno ed anche parteciparvi, potete fare altre cose, ma la vostra attenzione sarà sempre fissa sulla strada davanti a voi. Quando una madre torna a casa con l’acqua presa al pozzo portando tre orci sulla testa, uno sull’altro, anche se chiacchiera con le compagne, la sua mente è concentrata sul bambino che ha lasciato a casa nella culla. Analogamente, pur essendo impegnati nei vari obblighi e doveri sociali, non permettete mai all’attenzione di allontanarsi da Dio, che è il vero obiettivo. Siate sempre attenti ai segni della Sua gloria, della Sua misericordia ed onnipresenza. Un soldato è il frutto di molti anni d’allenamento intenso; il suo coraggio, il suo sangue freddo al fronte sono il risultato di parecchi anni di esercizio e di disciplina. Come ha detto Rani Narasimha Shāstri, solo dopo anni di studio intenso ci si può presentare ad un esame, ed i risultati non saranno annunciati subito, ma solo dopo un po’ di tempo. Coltivate, dunque, l’abitudine di ricordare il Signore ad ogni respiro; solo così potrete ricordarvelo quando esalerete l’ultimo. Un uomo giaceva sul suo letto di morte. Penso che fosse del Karnataka. Negli ultimi istanti riuscì a balbettare solo qualche parola che i figli non riuscirono a comprendere, così chiamarono il medico affinché gli desse dell’ossigeno in modo che le sue parole divenissero chiare. I figli ipotizzavano che stesse per rivelare dove teneva il denaro guadagnato, quindi fecero di tutto per capire correttamente le sue parole, ma riuscirono a distinguere solo una sillaba: ‘ka’. Gli domandarono quindi se intendesse dire kanaka (oro), karu (vitello), kanaja (granaio) o kasabarike (scopa)! Quando gli fu mostrata una scopa, egli annuì e spirò. Così dovette rinascere come scopa!

[3] Non dovete morire come quell’uomo, dovete morire come Bhīshma. Egli giaceva su un letto di frecce mentre insegnava lo Shānti Parva1 ai fratelli Pāndava, e morì con Krishna davanti a lui e nel cuore. La morte è considerata qualcosa di cui avere paura, qualcosa che non si deve menzionare in circostanze felici! Ma la morte non è né buona né cattiva. Non avete scelta sull’argomento. Non potrete anticiparla se vi giunge gradita, né evitarla se la temete. Dal momento della nascita ha avuto inizio la marcia verso il camposanto. Alcuni vi giungono più velocemente, altri percorrono vie più lunghe e vi arrivano più tardi. Questa è la sola differenza fra un uomo e l’altro. Nonostante ciò, l’uomo si comporta come se la morte fosse una disgrazia remota. Se un vostro vicino perde un figlio, voi lo confortate dicendogli che si tratta solo di un sogno, che i figli nascono e muoiono perché sono creditori venuti a liquidare vecchi debiti contratti nelle vite passate; ma se perdete vostro figlio, gli stessi argomenti non vi consoleranno: essi valgono solo per gli altri. Arjuna si rivolge a Krishna chiamandolo Purushottama, poiché Egli soltanto è il Supremo fra i Purusha. Purusha significa Colui che risiede in questo Pura (città), ovvero il corpo. Ogni corpo ha il Purusha in sé, e l’intero universo ha il Purushottama immanente in esso. Così, dopo tutto, quello che muore è il corpo, non il Purusha che vi risiede. La fede che il Purusha è in voi ripulirà la mente da tutti i mali ed i sensi dalle cattive tendenze. Anche il bicchiere deve essere pulito, non solo la bevanda. Senza questo requisito, la recitazione del Nome divino e la meditazione, per quanto lunga sia la pratica, non daranno frutto. Ecco perché i Veda furono affidati ai Bramini insieme a rigorose regole disciplinari. Se la mente non è purificata dalla disciplina, lo studio dei Veda è un esercizio sterile.

[4] Un uomo era in punto di morte e sua moglie si chiese: “Cosa sarà di me?” I genitori si fecero la stessa domanda come pure i figli. Persino i servi domandarono penosamente cosa sarebbe stato di loro. Il moribondo si guardò attorno impotente e chiese ai presenti: “Cosa sarà di me?” Se fosse stato saggio, avrebbe dovuto prevedere l’evento e prepararsi con una risposta adeguata alla domanda; così sarebbe morto in pace e, vedendolo morire serenamente, anche i figli ne avrebbero tratto beneficio.

[5] Si è diffusa la consuetudine di dire: “Oh, tutto dipende dalla grazia di Dio!”– se vi accade qualcosa che considerate buono. Se però accade a qualcuno che non vi piace, allora pensate che non si tratti della grazia di Dio, perché Egli è unicamente vostro e di nessun altro. Quando invece vi accade qualcosa di spiacevole, perché non pensate che anche quello sia un segno della Sua grazia? Abbandonatevi nelle mani del Signore! Lasciate che Egli conceda il successo o la sconfitta; che cosa importa? Potrebbe essere intenzionato a fortificarvi, oppure potrebbe essere per il vostro bene, a lungo termine. Come potete giudicare? Chi siete voi per giudica re? Ed ancora, perché giudicare? Fate del vostro meglio e state zitti. Tenete la mente fissa su questo modo di pensare. Voi non sapete quando il fotografo scatterà la foto. Mathew che fa le foto qui al Nilayam per lo meno salta qua e là con la macchina indicando questo o quel posto, ma la morte non darà alcun segno premonitore e non dirà “Pronti!” – e neppure attenderà che voi lo siate. Pertanto siate sempre pronti, in modo da imprimere il Suo Nome sulle labbra e la Sua Forma nel vostro cuore purificato.

[6] Ora non comprendete quanto siete fortunati ad avere Me come Guida. Non avrò pace finché non avrò riformato tutti voi. Le fondamenta del Mio lavoro sono state completate: ora su di esse sorgerà la struttura. Io vado per tutto il mondo da solo, senza insegne e senza pubblicità, perché sono stabilito nella Mia Gloria, nella Mia Verità. Ho relazioni spirituali con tutti e quindi avrò sempre successo. Per proteggere il raccolto bisogna estirpare le erbacce e distribuire il concime. Tale è il lavoro di questi studiosi vedici della Grande Assemblea, strumenti che per lungo tempo sono stati trascurati ed inutilizzati. Unitevi a questo grande lavoro: è per voi l’opportunità di un’intera vita.

Prashānti Nilayam, 20.10.1963

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da DISCORSI 1963 (Sathya Sai Speaks-Vol.III) ed.Mother Sai Publications
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