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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1963:19631024

19631024 - 24 ottobre

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

La bilancia della Gītā

[1] In tutti questi giorni, molti dotti ed eruditi vi hanno illustrato la Gītā in vari modi; se chiedete a Me, vi dirò che la Gītā è come una bilancia, con i due piatti e l’ago. Il piatto sinistro è il versetto 7 del secondo capitolo, che parla di ‘Karpanya dosha’ (debolezza meschina):

«Oppresso da una meschina debolezza, perplesso su cosa sia il giusto Dharma,
ti domando che cosa sia il meglio. Svelamelo chiaramente, io sono discepolo Tuo e mi rifugio in Te. Istruiscimi!»

Il versetto che costituisce il fulcro è il 22 del nono capitolo che inizia con Ananyāsh cintayanto mām:

«Coloro che, sempre concentrati, meditano su di Me senza altro pensiero, del loro benessere Io mi faccio carico ora e sempre.»

Il piatto destro invece è il verso 66 del capitolo diciottesimo che parla di Sarva Dharmān parityajya:

«Abbandona ogni Dharma.
Prendi Me come tuo unico rifugio.
Io ti libererò dalle conseguenze di tutti i peccati. Non ti addolorare.»

Notate quanto opportuno sia il versetto fulcro: parla dell’attenzione univoca, stabile, come l’ago di una bilancia perfettamente calibrata!

La Gītā incomincia veramente con due piatti ed un fulcro: i due eserciti, quello della rettitudine e quello dell’iniquità, con Krishna come Maestro che si pone al centro. Abbiamo i due piatti della mondanità e della spiritualità che reclamano attenzione e rispetto: solo Jñāna, la saggezza spirituale, può rimuovere l’ignoranza di Arjuna, e tale è la Volontà del Signore. Jñāna deve essere messa in pratica, altrimenti sarà inutile.

[2] Una volta i cervi della foresta si riunirono in una grande assemblea e discussero sulla loro codardia nei confronti dei cani da caccia. Dicevano: “Perché dobbiamo temere quei cani insignificanti, noi che siamo dotati di agili zampe e di corna appuntite?” Alla fine fu deliberato che da quel momento nessun cervo sarebbe scappato di fronte ad un segugio. Tuttavia, mentre stavano ancora acclamando la decisione presa, udirono il distante abbaiare dei cani; più nessuno rimase sul posto, tutti scapparono a gambe levate! La loro risoluzione non fu quindi messa in pratica.

[3] I pandit qui presenti sono molto esperti nell’arte di insegnare e spiegare le Sacre Scritture alla gente che, però, non è pronta ad ascoltarli ed a seguire i loro suggerimenti per progredire spiritualmente. L’importante è apprendere l’arte di impegnarsi nell’azione senza esserne coinvolti. L’azione va svolta perché fa parte della natura umana, non perché viene imposta dall’esterno. Sūrya, il Sole, compie in maniera esemplare il proprio naturale dovere: vaporizza l’acqua e la porta fino al cielo a formare le nuvole che donano di ritorno la pioggia; nessuno glielo ha mai insegnato. Quando eseguite un’azione dettata dalla natura, essa non vi sarà di peso. Vi sentite infelici quando fate qualche cosa fuori luogo, contro natura. L’agente di polizia non svolge un’attività naturale, innata, quindi è felice quando torna a casa e si toglie la divisa per indossare abiti ordinari. Se un neonato piange, tutti accorrono alla culla perché la sua condizione naturale è di essere sorridente e felice. L’azione intrapresa per ottenere un tornaconto fa accumulare le conseguenze che vincolano l’uomo e continuano ad aumentare di dimensione come una valanga, mentre l’azione compiuta senza pensare ai suoi frutti continua a ridursi e vi lascia liberi da ogni conseguenza. Bisogna impegnarsi in azioni virtuose e rette, non c’è altra via d’uscita. Rifugiarsi nella foresta non è una soluzione, in quanto cambia semplicemente le circostanze. Il vostro corpo può essere nella giungla, ma la vostra mente potrebbe girovagare per il mercato!

[4] Una volta un ricercatore spirituale fu iniziato ad un mantra da un saggio; poiché desiderava meditare indisturbato, si rese conto che la sua casa non era idonea perché troppo piena di distrazioni, così si rifugiò nella foresta dove trovò un albero che faceva al caso suo, sotto cui meditare. Poco dopo gli uccelli appollaiati sui rami cominciarono a schiamazzare vivacemente ed a far piovere sulla sua testa i loro escrementi. L’uomo si irritò moltissimo e gridò: “Non ho un posto dove poter meditare su Dio. I bambini a casa, gli uccelli ed i pipistrelli nella foresta!” Così decise di immolarsi per conseguire una nascita più favorevole ed iniziare nuovamente il suo percorso spirituale. Preparò una catasta di legna da utilizzare come pira funeraria e mentre stava salendovi, fu interrotto da un vecchio che gli si accostò: “Porta pure a compimento la tua decisione, ma in questo momento il vento soffia in direzione delle capanne dove noi abitiamo, quindi aspetta finché avrà cambiato direzione perché l’odore di carne umana bruciata non ci piace affatto. Se invece hai molta fretta, puoi spostarti in qualche altro luogo, evitando così di infastidire questa povera gente!” L’aspirante spirituale pensò di non avere neanche la libertà di morire. Così fece ritorno a casa e decise di affrontare la situazione con coraggio lì dov’era. Aveva compreso che il karma deve essere svolto nel mondo oggettivo e che non ha senso cercare di scrollarselo di dosso per stizza. Dall’inquietudine e dai travagli del mondo, l’uomo deve tentare di cogliere armonia e pace.

[5] Vishnu è descritto come ‘Colui che giace sul serpente’, ed anche come ‘Colui che dona la pace’. Il serpente, con il suo veleno, rappresenta i desideri materiali; se vi sdraiate sul serpente senza permettergli di avvolgervi nelle sue spire, potrete trovare la pace. Lasciate pure che la vostra barca galleggi sulle acque, ma non lasciate che l’acqua vi entri. Siate nel mondo, ma non del mondo; questo è il segreto di una vita di successo. Il desiderio conduce alla rovina, e non potrà mai essere distrutto appagandolo. Ogni volta che viene esaudito, cresce sempre più sino a diventare un mostro che divora la vittima stessa; pertanto cercate di contenere i vostri desideri, sforzatevi di ridurli. Una volta un pellegrino si sedette casualmente sotto l’albero che esaudisce i desideri. Aveva una sete terribile e fra sé disse: “Come vorrei avere un bicchiere d’acqua fresca” – ed immediatamente si trovò davanti un bel bicchiere di acqua fresca e deliziosa. Restò sorpreso, ma la bevve comun que. Poi desiderò un pasto gustoso, ed in un batter d’occhio l’ottenne. Questo lo portò a desiderare una coperta ed un letto e, quando desiderò che sua moglie fosse lì per vedere tutta quella meraviglia, improvvisamente la donna apparve. Il pover’uomo pensò che fosse uno spirito ed esclamò: “Oh, è un orco!” – ed infatti la donna lo divenne; il marito tremante di terrore urlò: “Ora mi mangerà!” – e così subito accadde! La catena del desiderio avvinghia l’uomo sino al punto di soffocarlo. Controllate e frenate la vostra tendenza a desiderare questo e quello. Dite al Signore: “Tu mi basti, non desidero altro!” Perché desiderare dei gioielli d’oro? Desiderate l’oro stesso! La Gītā insegna la lezione dell’incondizionato abbandono a Dio; desiderate che sia la Sua Volontà a prevalere, non i vostri desideri, ed è proprio quello che Krishna intendeva quando disse: “Rinuncia ad ogni azione interessata ed egoista.”

[6] La morte non è che un passaggio da questa vita alla successiva; è come cambiare gli abiti vecchi per indossarne di nuovi, come afferma la Gītā. Ma alcuni cinici ridono di questo paragone e chiedono perché i neonati, i bambini, i giovani e le persone di mezza età debbano morire, visto che i loro corpi non possono essere considerati ‘logori’! L’abito può non essere vecchio, ma il tessuto con cui è fatto può provenire da una vecchia giacenza di magazzino; quindi anche se con quella stoffa è stato approntato un abito nuovo, esso dovrà essere scartato dopo poco tempo. Ci sono degli ignoranti che rifiutano di credere ad una vita passata perché non riescono a ricordarne gli eventi! Queste persone non riescono a ricordare gli avvenimenti di una ricorrenza di cinque o dieci anni prima, pur sapendo che a quell’epoca erano sicuramente vivi! Dimenticarsi degli eventi di quella giornata non significa non essere stati vivi; significa solo che non vi si è prestata particolare attenzione o che non c’è stata una ragione speciale per tenerli a mente.

[7] La resa totale a Dio è la porta principale per accedere alla casa della liberazione dal ciclo delle nascite e delle morti. Essa ha quattro piani: meditazione, azione, devozione e saggezza spirituale. I piani sono uno sopra l’altro e non si può raggiungere l’ultimo se prima non si passa per i primi tre. Ricordatevi di questa regola fondamentale se sentite qualcuno discutere sulla superiorità di qualche disciplina o se alcuni si qualificano con questo o quel termine in campo spirituale.

[8] Nella Gītā non troviamo riferimenti a questioni di vita sociale o familiare. Essa insegna all’aspirante spirituale il sentiero che conduce alla perfetta comunione con la Divinità che gli è innata. Lo studioso vedico Bulusu Appanna ha dichiarato che la vita umana è superiore non solo a quella degli animali, ma persino a quella degli Dei perché è solo l’uomo che può ricavare dall’esperienza del mondo fenomenico le risposte sulla propria origine, significato e scopo. Il secondo pandit, Rāmachandra, ha illustrato i metodi per purificare la mente dagli ostacoli che la irretiscono, in modo che le risposte vi si possano riflettere chiaramente. Il terzo ha invece spiegato, attingendo alle sacre Scritture, che il mondo ha la pace, la beatitudine e la saggezza come sua base fondamentale e come sua realtà. Ciò che occorre è eliminare la zona d’ombra che cela lo splendore, lo schermo che occulta la Verità alla vista. La grande Assemblea di studiosi di Prashānti è stata concepita da Me proprio per conseguire questo fine.

Prashānti Nilayam, 24.10.1963

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da DISCORSI 1963 (Sathya Sai Speaks-Vol.III) ed.Mother Sai Publications
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