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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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19670403 - 03 aprile pomeriggio

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Vivere come fiori di loto

[1] Riflettete sul sentimento di beatitudine che abbiamo provato, mentre il Segretario recitava alcuni passaggi degli antichi Veda! Riflettere sul significato dei versi recitati conferisce beatitudine ancor più duratura. Tuttavia, a causa del triste declino dei nostri valori nazionali, sono scomparsi non solo il dhotî (costume tradizionale maschile), il thilak (punto rosso fra le sopracciglia) ed il ciuffo di capelli, che erano emblemi della cultura ortodossa, ma è sparito persino il riverente rispetto delle verità essenziali espresse nei Veda. Tutto ciò è una tragedia.

[2] L’uomo nasce con una gran sete e una gran fame per la beatitudine, sa che può ottenerla, ma non sa come. Ha solo un vago ricordo di essere l’erede del regno di Ânanda, ma non sa come formulare la sua richiesta d’eredità. Qualcosa in lui si ribella quando è condannato a morire, a soffrire ed a odiare; qualcosa gli sussurra che è il figlio dell’immortalità, della beatitudine e dell’amore. L’uomo, tuttavia, ignora questi aneliti e, come chi scambia diamanti per sudiciume, corre alla ricerca di piaceri ignobili e meschine comodità. Per quanto un uomo possa essere istruito, se non ha il senso dei valori è condannato a fallire. Râvana era a capo di un vasto impero, possedeva ricchezze straordinarie, i suoi editti raggiungevano i più lontani confini e conosceva perfettamente gli antichi testi. Si afferma, infatti, che le sue dieci teste rappresentino la padronanza dei quattro Veda e dei sei Vedânga (opere ausiliarie ai Veda). La sua intelligenza era tuttavia rivolta a scopi malvagi ed ebbe così una morte ignominiosa.

[3] L’intelligenza è un’arma a doppio taglio: può tagliare la catena e liberarvi, oppure causare ferite mortali ed uccidere. Ecco perché il grande mantra, Gâyatrî (salva coloro che lo recitano), prega Dio di presiedere all’intelligenza e renderla benefica ed utile all’individuo ed alla società. Le sofferenze narrate nel Râmâyana sono causate da due personaggi, che appaiono solo brevemente, ma che rappresentano le forze malvagie della lussuria e dell’ira – Sûrpanakhâ e Mantharâ; esse avvelenano rispettivamente le menti di Râvana e Kaikeyî ed allestiscono le scene per la dolorosa rappresentazione.

[4] L’educazione delle emozioni ed il controllo delle passioni sono entrambe comprese nello Yoga, la disciplina spirituale che purifica l’intelligenza. Per penetrare la fitta nebbia, con cui l’ignoranza avvolge la Realtà, l’intelligenza deve essere sorretta dalla virtù. Quando il Karma (azione) è dedicato come offerta ed Upâsana (adorazione) diventa essenziale per la vita stessa, l’intelligenza viene purificata al punto che la nebbia svanisce e la Verità è rivelata. Se il Karma è offerto a Dio, perde i suoi effetti deleteri su chi lo compie e ne lascia le conseguenze a Dio. Inoltre, se ogni opera è considerata come atto d’adorazione, verrà compiuta al meglio delle proprie capacità, e trasformerà il Karma in Upâsana. L’adorazione inizia per mezzo di un’immagine concreta o idolo, Nome e Forma; poi quando il significato del nome e della forma si radicano nella coscienza, essi vengono percepiti come appartenenti a Dio. Gradualmente, il devoto si rende conto d’essere la medesima entità, che si illudeva di essere separato, a causa di un nome e di una forma distinti, applicati all’involucro corporeo. Questa è l’alba di jñâna (saggezza spirituale).

[5] La nebbia è l’egoismo che cela l’Universale ed induce a credere nelle differenze; è una nube di polvere che soffoca la verità. Oggi la gente ama la nebbia e le nubi e non fa alcun sforzo per rimuoverle. Entrando in un negozio per acquistare una stoffa per fare dei calzoni o una camicia, voi scegliete il nero; preferite quel colore al bianco o alle tinte più chiare perché il nero nasconde lo sporco! Non c’è desiderio di eliminare lo sporco, ma di nasconderlo allo vista. Ciò è diventato ormai una debolezza universale. La gente non ha più vergogna dello sporco, non cerca la pulizia del cuore, che può essere ottenuta solo con Prema e Sathya, Amore e Verità, con la ripetizione del mantra dato dal Guru, e con la disciplina spirituale praticata con fede e perseveranza.

[6] È auspicabile che l’Associazione dell’Andhra organizzi incontri spirituali di sabato, domenica e giovedì, ove riscoprire e praticare la disciplina spirituale per ottenere la purificazione interiore. Gli adulti devono riflettere come meglio essere d’esempio ai ragazzi ed alle ragazze affidati alla loro cura; infatti, quest’ultimi si aspettano di ricevere giuste direttive da quelli che considerano eroi. Gli adulti dovrebbero impegnarsi in discipline come la preghiera e la meditazione, mostrando entusiasmo e soddisfazione, essere coraggiosi nelle sventure e prendere sia il buono sia il cattivo come doni di Dio. Solo allora i ragazzi impareranno a vivere felici ed in pace.

[7] I genitori sono come Procuratori nei confronti del bambino, che è invece il Mahârâja. La funzione del Procuratore non si esaurisce nell’indossare abiti pomposi e nell’incedere sussiegoso, bensì deve prendersi cura della persona affidatagli. Se i due Procuratori trascurano i loro doveri, anche per poco, o se non sono vigili e tempestivi, si incorre in un gran pericolo. Perciò i genitori devono migliorare se stessi nell’interesse dei loro figli. L’esempio è più efficace delle ingiunzioni. Se i genitori non hanno riverenza per Dio, se le pareti di casa sono addobbate con le foto di Stalin e Hitler, Churchill e Lenin, se il bambino respira in casa un’atmosfera di scandalo, fazione ed avidità, come può diventare un individuo felice, sano ed equilibrato? Si portano i bambini a vedere film di violenza e falsità, meschine astuzie ed intrighi, che inquinano la fonte della compassione e dell’amore.

[8] Ci sono genitori che si mostrano orgogliosi quando i loro figli li affiancano nel gioco delle carte o addirittura nel bere e nel gioco d’azzardo; oppure si irritano se i figli leggono libri religiosi, assistono a funzioni o si siedono tranquilli per qualche minuto a meditare sulle meraviglie, che la creazione evoca in loro. Come possono tali genitori pretendere di portar fortuna ai loro figli? Sono invece i più grandi nemici del loro progresso, perché non forniscono loro quell’armatura, che li renderà sicuri durante le turbolenze della vita. Essi cercano di rendere i figli indegni del nome di indiani, perché li crescono senza insegnare loro nulla di Râma o Krishna, della Gîtâ o della Bhâgavata. I genitori lavorano duramente per lasciare ai figli pigne di ricchezze, ma non insegnano loro il giusto senso dei valori, con cui capire quanto poco valgano simili ricchezze, o come meglio utilizzarle per ottenere il vero progresso. Ai bambini bisognerebbe insegnare a vivere come i fiori di loto nel lago del Samsâra (vita materiale), che rimangono nell’acqua senza esserne intaccati. I fiori di loto non possono vivere fuori dell’acqua, tuttavia, non le permettono di entrare! Siate nel Samsâra, ma state attenti che il Samsâra non sia in voi. Ecco il segreto di una vita nobile, cosa questa che i genitori non insegnano ai giovani.

[9] Le ricchezze che dovreste sforzarvi di ammassare non sono terreni o fabbriche, case o conti in banca, ma saggezza ed unità con la magnificenza dell’Universo e con il Potere, che lo governa armonicamente. Arjuna è stato nominato Dhananjaya da Krishna, poiché aveva vinto (jaya) quelle ricchezze (dhanam), che salvano l’uomo e che non possono essere rubate, tassate o cedute. Il metodo per guadagnare simili ricchezze è la pratica spirituale. La gente esita, tuttavia, ad intraprendere tale disciplina, sebbene ambisca ad ottenere raccolti di gioia, poiché non intende spendere nulla, ma si aspetta che la liberazione le cada in grembo piovuta dal cielo; vorrebbe che la visione di Dio le venisse ficcata nel cervello senza il benché minimo sforzo!

[10] Maithreyi ricevette da Yâjnavalkya grandi ricchezze, quali oro e bestiame, quando egli se ne andò da casa per intraprendere la ricerca spirituale; ella gli chiese se simili beni potessero essere d’utilità nella ricerca. Il marito replicò che erano transitori e di poco valore, se paragonati alla ricchezza dell’esperienza spirituale. Maithreyi allora li abbandonò per cercare la preziosa ricchezza di rinuncia e fede. In tal modo ottenne gioia eterna.

[11] Dovete vedere la Natura satura di Dio, modellata da Dio, Dio in tutte le forme, profumi e suoni. Vediamo l’immagine nello specchio, perché i raggi di luce si riflettono dalla sua superficie. Voi siete il riflesso dei raggi di Dio da quello specchio, che è la natura. Se non ci fosse lo specchio, il Jîvi, l’anima individuale, non esisterebbe come entità separata. Eliminate lo specchio, “voi” si fonde in “Lui” e resta solo “Noi”. È Prakriti, la Natura, che v’induce a credere che voi siete il corpo; anche voi ritenete di essere nome e forma come Prakriti. Tale errata identificazione causa eccessiva attenzione per il corpo e crea preoccupazioni e sofferenze.

[12] Il principio che il cibo sia soltanto una medicina per curare la fame, viene ignorato dall’uomo, che rimane così schiavo della lingua. Tutte le ventiquattro ore trascorrono nel prendersi cura del corpo, per prevenire malattie, promuovere la salute, sviluppare i muscoli, ecc. Nessuna cura è data al dehi – il Dio che risiede nel tabernacolo fisico, Colui che deve essere riconosciuto e riverito. La bilancia, su cui vi mettete per leggere orgogliosamente il vostro peso, ride di voi per la vostra stupida esaltazione. Sorride beffardamente della vostra vanità per le vittorie fisiche e vi ammonisce per l’eccessivo interesse che mostrate verso meschini aumenti. Sa che la morte è lì in attesa di portarvi via, indipendentemente dal vostro peso. Sviluppate dhristi (visione interiore), non deha (corpo). Concentratevi sul Creatore, non sul creato.

[13] Durante la battaglia di Lanka contro i Râkshasa (demoni), un ragazzo in braccio ad un’orchessa venne ferito involontariamente da una freccia. La madre depose il figlio e fuggì via. Lakshmana fece notare la cosa a Râma ed affermò: «Guarda che cuore duro hanno queste orchesse, non hanno amore neppure per i loro figli.» Râma replicò: «Fratello, non condannarla così duramente. Può essere che abbia un’altra ragione per fuggir via. » Gli disse inoltre di ricercarne lui stesso il motivo. L’orchessa spiegò poi a Lakshmana che non tutti gli orchi avevano un cuore duro. «Non conosci Vibhîshana, che serve Râma con così grande devozione? Non ci sono orchi in mezzo a voi, uomini? Non condannare tutti indiscriminatamente. Ascolta, so che quando si tratta di salvarsi, ognuno è un’unità distinta. Madre e figlio possono percorrere cammini differenti e raggiungere l’obiettivo alla fine, ognuno con i propri tempi. Io devo cercare la mia salvezza, per cui ho pensato che se fossi fuggita e avessi mantenuto salva la vita, Râma avrebbe potuto portarmi prigioniera a Ayodhya e concedermi il Darshan (visione del Divino in forma umana), il che mi avrebbe salvato da questo ricorrente fato.» L’orchessa aveva fede nella Divinità di Râma e nella liberazione finale.

[14] Quando entrate in un negozio e scegliete l’articolo che desiderate, dovete pagarne il prezzo; quando sostenete un esame dovete rispondere per iscritto alle domande dell’esaminatore in modo soddisfacente; se volete imparare a nuotare, dovete entrare in acqua e impegnarvi a dar bracciate. Se viene data Bhasma (cenere sacra), alcune persone sono assalite dal dubbio che Swami desideri che chi la riceve debba essere uno Shivaita (devoto di Shiva). Essa è un simbolo dell’indistruttibile sostanza di base di ogni essere. Tutte le cose diventano cenere, ma la cenere rimane cenere per quanto possiate bruciarla. È anche un segno di sacrificio, di rinuncia, di Jñâna, saggezza spirituale, che brucia tutte le conseguenze del Karma, riducendolo ad innocua cenere. È simbolo di Îshvara ed Io l’applico sulla vostra fronte, per ricordarvi che anche voi siete Divini; è Upadesha, un insegnamento prezioso circa la vostra identità. Inoltre vi ricorda che il corpo è passibile di essere ridotto ad una manciata di cenere in qualsiasi momento. La cenere è una lezione in distacco e rinuncia.

[15] L’uomo deve vivere i suoi giorni senza disperazione ed eccessivi desideri. Dovreste avere una mente equilibrata, che non esulti quando la fortuna sorride, né si abbatta quando la sfortuna da severe occhiate di disapprovazione. Insegnate ai vostri figli questa dura lezione. Prahlâda, punito dal padre per aver disubbidito ai suoi ordini, replicò: «Solo colui che ordina a suo figlio di inchinarsi davanti a Hari ed unirsi a Hari ha diritto di essere ubbidito come padre, nessun altro.» Se un padre ordina al figlio di venerarlo come Hari, non è un padre, ma un vero nemico. I giovani sono gli strumenti attraverso i quali Bhârata (India) può essere risollevata; ecco perché mi intrattengo con i Direttori di scuola di Puna per parlare dell’educazione morale e spirituale. A Puna sorgerà un’istituzione, nella quale i genitori, gli insegnanti e gli educatori saranno istruiti per dare ai giovani le giuste direttive; anche agli studenti verranno insegnate le discipline spirituali, affinché diventino forti e determinati. Studiare le scritture, i testi religiosi ed altri libri analoghi, senza sforzarsi di mettere in pratica gli insegnamenti appresi, nuoce alla salute. Svolgere la propria professione in maniera scorretta, distrugge il rispetto di sé e fa provare vergogna di se stessi. Perciò imparate a praticare; mangiate per digerire. Questo è il mio consiglio per voi oggi.

(Poona, 3 Aprile 1967.Andhra Association)

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