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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1968:19680311

19680311 - 11 marzo

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

L’agro e il dolce

[1] Da questo palco vi hanno parlato ora i dirigenti della “Insurance Organisation” (Unione Assicurazioni) e della “Iron and Steel Organisation” (Associazione Ferro ed Acciaio), e le loro parole mi offrono lo spunto per il Mio discorso. Vi assicurate sulla vita perché non ne siete molto certi, non è vero? Per garantirvi una vita comoda, venite persuasi a pagare premi d’assicurazione. Potete invece assicurarvi la felicità con il controllo e la conquista della mente e dei sensi. Solo Dio può salvarvi dal terrore della morte.

[2] Ferro e acciaio sono prodotti in forni speciali, in cui si fonde il minerale, aggiungendovi poi altri elementi. Il ferro fuso è trasportato in secchie per mezzo di gru e viene colato in siviere, che pur movimentando metallo fuso, sono refrattarie al calore. La gru solleva anche altri materiali, ma non può sollevare se stessa; la mente è come la gru. Afferra, manipola, tratta molte cose, ma non riesce ad afferrare se stessa, non può manipolarsi, né trasformarsi! La mente non può trattenere il Detentore, vale a dire il Motore Interiore, Dio. Pertanto, per salvarvi dalle deviazioni della mente, dovete aggrapparvi solo a Chi può detenere tutto.

[3] Qui c’è un pezzo di ferro ed una calamita; quest’ultima attrae a sé il ferro: tale è il destino di entrambi. Se il ferro, però, è ricoperto di ruggine, il potere della calamita non può operare con forza sufficiente per attirare il ferro. La bramosia dei piaceri sensoriali agisce come ruggine e polvere. Alla fine la ruggine corrode il ferro, alterando la sua originale natura. Pertanto, è necessario controllare il ferro e tenerlo pulito; quando entra in contatto con la calamita, si magnetizza anch’esso e così termina felicemente la sua ricerca. E’ il conseguimento migliore sia per il ferro, sia per la calamita.

[4] Il fango dell’avidità sensuale può essere prevenuto, fre­quentando la compagnia dei giusti, e mettendo in pratica gli insegnamenti di buona condotta così assorbiti. Oggi, nel campo spirituale più che in altri settori, imperversa l’ipocrisia, perché qui le richieste sono molto alte, le promesse prodigiose, ma l’operare irrisorio! In un villaggio era sparito un galletto. Il contadino andava gridando: “Ieri è venuto un unico forestiero nel villaggio, ed era un Bramino! Il mio galletto è stato rubato e mangiato!” Così, il voto di assumere solo cibo vegetariano da parte del Bramino, si rivelò essere una burla ed un inganno. Professate solo ciò che potete mettere in pratica; non blaterate più di quanto siate disposti a adempiere. Siate sinceri e onesti con la vostra coscienza.

[5] L’universo, compresa la casa in cui abitate, vale a dire il vostro corpo, è composto di cinque elementi: terra, acqua, fuoco, aria ed etere, i quali agiscono sui sensi come odore, sapore, colore, tatto e suono. Poiché gli elementi sono “Emanazioni Divine”, devono essere trattati con cautela e rispetto. Prendiamo ad esempio la terra: se spargete dei semi sul terreno, non germineranno; se, invece, li piantate troppo profondi, non riusciranno a far spuntare il germoglio, rinunciando così allo sforzo di uscire fuori alla luce. Ogni elemento deve essere, quindi, impiegato con criterio entro certi limiti, e non come più vi piace. Versare acqua in gola può diventare una tortura, se si superano certi limiti. Ci sono limiti al calore che potete sopportare, o al suono che potete udire senza danno. Non potete respirare bene in un tifone, né i vostri timpani possono sopportare la pressione di un’esplosione troppo vicina. L’uso degli elementi senza il rispetto dei giusti limiti, è un sacrilegio. Per posare a terra il vostro giaciglio, chinatevi e deponetelo dolcemente; se rimanete in piedi e lo buttate sul pavimento, il tonfo inutile che producete è un sacrilegio nei confronti di Dio, che vi ha dato il mezzo attraverso cui il suono viaggia. L’acqua è ciò che emana il principio ”Rasa”, il sapore. Nello stomaco umano ci deve essere equilibrio fra i vari sapori: dolce, amaro, salato, acido, piccante, agro, ecc. Se non si mantiene l’equilibrio ed uno di essi predomina, la salute subisce un grave danno. Se nel vostro corpo le emanazioni di uno qualsiasi dei cinque elementi supera la tolleranza, la salute ne viene compromessa ed anche la disciplina spirituale ne risente sfavorevolmente. Trattate gli elementi come se fossero la veste dell’Onnipotente, il quale è la corrente che tutto attiva, ovunque. Acuite l’intelletto e l’Unità in Natura diverrà evidente. Il Mantra Vedico (preghiera quale formula sacra) più riverito e più popolare è il Gâyatrî Mantra; esso implora la Grazia della Sorgente della Luce, affinché sviluppi la nostra intelligenza, nulla più!

[6] Râmakrishna1 stava attraversando una fitta giungla, quando s’imbatté in un vecchio saggio. Râmakrishna si gettò ai suoi piedi in segno di rispettoso omaggio, e gli chiese come mai fosse capitato in quella foresta. Il saggio replicò: ”La Forza misteriosa che ha attratto te qui, è la stessa che attirò me in questo luogo. E’ ormai giunto il momento per me di abbandonare il corpo, che ho occupato così a lungo; ora ti inizierò al Mantra, che ho recitato durante questi anni; esso è il mio talismano ed il mio tesoro”. Era il Mantra della Madre Kâlî, che il saggio sussurrò all’orecchio di Râmakrishna, il quale nel ricevere quel gran dono, fu sopraffatto dalla gioia. Nel più profondo recesso della selva c’era un tempio dedicato alla Madre Kâlî, ove egli si ritirò a meditare aiutato dal Mantra, che aveva ricevuto in dono dal vecchio saggio. Una notte, alcuni Koya, aborigeni della foresta, giunsero al tempio trascinando una capra da offrire in sacrificio, per propiziare Kâlî. Râmakrishna si nascose dietro l’idolo, e quando il coltello stava per colpire il collo della vittima, esclamò: “Io sono la Madre di tutti gli esseri viventi, te compreso. Se tu uccidi la mia creatura, ti maledirò; non posso benedirti”. Credendo che Kâlî avesse parlato loro, i Koya fuggirono spaventati. Allora la Madre comparve a Râmakrishna, e gli chiese qual dono volesse ricevere da Lei, poiché era compiaciuta della sua disciplina spirituale. “Quale vuoi?” gli domandò, tenendo in una mano un piatto di riso al latte, e nell’altra un piatto di riso allo yogurt. Prima di scegliere, egli volle sapere quali sarebbero state le conseguenze della sua scelta. La Madre Kâlî gli spiegò: “Il riso acido allo yogurt ti darà ricchezza e prosperità materiale; il riso dolce al latte farà di te un dotto saggio. Ora, fa la tua scelta”. Râmakrishna pensò fra sé: “A cosa serve essere un ignorante ricco, ma neppure l’erudizione riempie lo stomaco tre volte il giorno”. Essendo un tipo molto sveglio, fece a Kâlî un’altra domanda: “Vedo due piatti davanti a me. Prima di scegliere, dimmi che sapore hanno”. Ella sorrise e rispose: “Come posso descriverti il sapore e farti capire la differenza? Devi assaggiarli tu!” e gli porse i due piatti. Il furbo Râmakrishna si ficcò tutto in bocca e velocemente riuscì ad ingoiare il riso dei due piatti.

[7] Kâlî irritata gli disse che avrebbe punito la sua impertinenza. Râmakrishna riconobbe il suo errore e La invitò a far ricadere su di lui la giusta punizione. Come può la punizione della Madre distruggere il figlio, per grave che sia la sua colpa? “Non tremare” Ella esclamò - “La mia sentenza ti salverà di sicuro”. Kâlî pronunciò così la sua sentenza: “Diverrai un Vikatakavi, un poeta-buffone di corte, che avrà grande influenza; accumulerai molta ricchezza e guiderai con buoni consigli tutti coloro che si avvicineranno a te”.

[8] Come disse Bhat: “Tutti hanno il diritto di ricevere la Grazia” ma chi, come Râmakrishna, ha fede in sé, l’avrà presto ed abbondante. Dio ama chi ha fiducia in se stesso, chi possiede il coraggio delle proprie convinzioni, e coglie ogni occasione per migliorare il proprio livello spirituale.

(Prashânti Nilayam, 11 Marzo 1968.)

discorsi/1968/19680311.txt · Ultima modifica: 2016/10/23 14:01 da sathyamax