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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1970:19700114

19700114 - 14 Gennaio

Discorso Divino di Bhagavân Shrî Sathya Sai Baba

Proponimento per l’Anno Nuovo

[1] Chi produce i calendari fa il calcolo degli anni e dichiara che oggi è il primo giorno dell’Anno Nuovo e che sono trascorsi 5078 anni dall’inizio del Kali Yuga! In realtà, il passare del tempo andrebbe calcolato in base al lavoro svolto, piuttosto che alle rivoluzioni della terra attorno al sole. Per ogni individuo c’è un primo giorno dell’anno, un giorno che segna il completamento della sua rotazione attorno al sole, vale a dire il risveglio dell’intelligenza illuminata che gli conferisce discernimento e distacco. Ricercatori zelanti hanno cercato la chiave della conoscenza, di ‘Quello’ che, una volta conosciuto, tutto il resto è conosciuto, cioè il Divino latente in ogni atomo dell’universo. Questi ricercatori l’hanno descritto come qualcosa al di là delle parole, oltre l’immaginazione e la comprensione umana. Hanno ammesso che è meglio rappresentare il Divino in forma umana, in modo che l’uomo possa facilmente comprenderlo, avvicinarsi a Lui e trarre beatitudine dalla Sua contemplazione; infatti l’essere umano può concepire solo virtù umane e conseguimenti umani, anche se può sublimarli e colmare il suo cuore.

[2] In altri Paesi abbiamo un’unica religione, un solo sentiero, un solo oggetto d’adorazione ed una sola forma di culto che hanno messo radici e dato frutti. Tale religione può essere originaria del luogo o provenire da altre fonti, ma la popolazione ha imparato ad assimilarla ed è riluttante ad accogliere altre fedi. In India, invece, da secoli coesistono molte religioni e molti percorsi che rispecchiano tutte le necessità dell’uomo e lo conducono verso il sentiero dell’interiorità e dell’elevazione spirituale; perciò ci sono molteplici possibilità che l’uomo può scegliere secondo il suo livello di crescita spirituale e, mantenendo i piedi ben saldi su quel gradino, può ascendere ad altezze sublimi. La cultura indiana è come l’oceano che raccoglie in sé le acque di tutti i fiumi, di tutti i paesi, di tutte le nuvole che passano attraverso i vari continenti. L’oceano che è l’origine e la meta di tutti i fiumi è l’alveo su cui Vishnu è adagiato; quindi Vishnu simboleggia l’aspetto universale del Principio Divino nell’universo e di là da esso. Ritam, la Legge divina, è il respiro stesso di Vishnu; infatti sorregge le stelle ed i pianeti, rende stabile la società e garantisce il progresso. Vishnu è quell’aspetto della Trinità che sostiene, promuove, consolida e rinforza, perciò si deve incarnare spesso per salvare e soccorrere il mondo. Vishnu deve ripristinare Ritam, la rettitudine e la moralità, in modo che il mondo possa avanzare in modo stabile ed equilibrato, raggiungere il porto della liberazione ed essere trasformato in una Prashānti Nilayam, la Dimora della Pace Suprema.

[3] L’India ha l’Himālaya come scudo, come armatura e corona; questa catena montuosa è segno di maestosità e di quiete ed indica all’uomo le alte vette che deve scalare. Dall’Himālaya nascono i tre fiumi sacri: Gange, Yamunā e Sarasvatī, la triade che rappresenta la ricerca spirituale (Gange), la purificazione della mente (Yamunā) e la chiarezza dell’intelletto (Sarasvatī). Il Gange non va mai in secca, è puro, pieno, capace di distruggere tutti i batteri che portano le malattie. La cultura indiana sarà viva e attiva finché il Gange scorrerà attraverso il Paese; il fiume non potrà mai prosciugarsi, ma placherà la sete d’intere generazioni e conferirà la grazia dell’immortalità a coloro che l’anelano.

[4] La cultura indiana ha stabilito molte limitazioni comportamentali, vari canali attraverso cui dirigere le passioni, orientare le emozioni e controllare gli impulsi. Queste restrizioni servono a rinforzare la personalità ed a liberarla dal melmoso acquitrino dei sensi; regolano l’alimentazione, il sonno, il divertimento, il modo di vestire, la conversazione e le compagnie da scegliere. Tali regole si dilatano sino a toccare ogni aspetto e stadio della vita e si estendono ad ogni gruppo sociale. Lo scopo è di ampliare ed approfondire la solidarietà affinché l’amore raggiunga i confini più remoti della creazione. Solo quando il Principio di unità e di comunione regnerà nell’universo, la società potrà definirsi umana. Krishna è l’espressione in forma umana di questo Principio Eterno Universale. Quando lo immaginiamo in mezzo ai Suoi compagni pastori, che condivide con loro la colazione ridendo, giocando, scherzando e diffondendo gioia tutt’attorno, noi avvertiamo il tormento dell’affinità [tra noi e Lui] che alla fine ci eleverà oltre la materia. Dove tale amicizia e cameratismo si palesano, là avremo una scintilla dell’Amore Divino; ovunque si manifesti questa emozione, là si sarà fatto un passo oltre le frontiere della propria individualità: un passo alla volta, corretto e stabile, è il modo in cui questo pellegrinaggio deve procedere. Arjuna pregava affinché Krishna gli apparisse come amico e compagno piuttosto che come il Regista immanente, il Sovrano trascendente, la Sostanza innata di ciò che è, fu e sarà! Arjuna desiderava godere della gioia della parentela con Lui piuttosto che assaporare la beatitudine dell’Unione. Concepire la Divinità come propria essenza interiore e come involucro esteriore di ogni atomo e pianeta, di ogni particella di polvere e di ogni sistema di nebulose, nonché di sé stessi, è un esercizio che sbaraglia l’individualità. Ramākrishna Paramahansa ed altri maestri hanno pregato per mantenere il ruolo di ‘devoto adoratore’ piuttosto che eliminarlo.

[5] Vi sedete davanti all’immagine della Divinità, offrite inni di lode e l’incenso della vostra adorazione, ma non cercate di afferrare la grandezza del Divino che vedete nell’idolo. Chiedetevi quale sia la Sua Volontà, intuite i Suoi ordini, ipotizzate cosa gli possa fare più piacere e regolate la vostra vita di conseguenza. Fatene il vostro proponimento per l’Anno Nuovo. Non lasciatevi intrappolare dall’intricato ginepraio della natura esteriore. Non indurite il cuore a causa della cupidigia e dell’odio; addolcitelo invece con l’Amore, purificatelo mediante buone abitudini di vita e di pensiero ed utilizzatelo come altare sul quale insediare il vostro Dio. Siate felici di avere in voi la sorgente del potere, della saggezza e della gioia. Proclamate d’essere invincibili e liberi, che non vi lascerete indurre in tentazione o in errore. Finché persisterà in voi una traccia della coscienza corporea, voi stessi dovrete cercare Dio; sarete voi ad avvicinarvi allo specchio, poiché lo specchio non si accosterà a voi per mostrarvi chi realmente siete. Aprite le porte gemelle della lussuria e dell’ira, rimuovete il catenaccio della cupidigia, solo così potrete varcare i sacri confini della Liberazione! La cupidigia è il male mostruoso che trascina l’uomo verso il basso. Quando Rāvana giaceva morente, Rāma invitò Suo fratello Lakshmana a recarsi da lui per imparare i segreti dell’arte di governare! Rāvana gli insegnò che un re desideroso di conquistare la gloria deve sopprimere la cupidigia non appena questa alza la testa, e accogliere la minima opportunità di fare del bene agli altri, senza alcun indugio! Rāvana aveva imparato la lezione attraverso la propria amara esperienza! L’avidità nasce dall’attaccamento ai sensi e dal soddisfarli continuamente: metteteli quindi al loro giusto posto. I sensi sono finestre attraverso cui conseguire la conoscenza, e non canali di corruzione!

Prashānti Nilayam, 14.01.1970

discorsi/1970/19700114.txt · Ultima modifica: 2016/07/15 14:26 da sathyamax