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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1970:19700718

19700718 - 18 Luglio

Discorso Divino di Bhagavân Shrî Sathya Sai Baba

L’obiettivo è l’Uno

[1] C’è bisogno di un Guru che sappia guidare e condurre, che abbia già percorso la strada e che conosca i suoi alti e bassi. Voi potete avere la lampada, lo stoppino e l’olio, ma ci vuole qualcuno che l’accenda. Sulla lavagna ci possono essere dei segni, ma qualcuno che sappia che si tratta delle lettere G, O e D deve insegnare al bambino ad identificarle con i suoni ‘gi-o-di’ e dirgli che quella parola deve essere letta non come ‘gi-o-di’, ma come God (Dio); che il suono ‘Dio’ rappresenta il Principio Divino che si è manifestato, che è immanente nell’universo, che fa cadere la rugiada, fa sbocciare il loto, volare la farfalla e sorgere il Sole, che è tutta la Potenza, la Saggezza, l’Amore ed il miracolo che era, è, sarà. Coloro che tengono lezioni sulla natura e le sue leggi, sulla materia e le sue proprietà, sulle forze e le loro attrazioni, insegnano i legami, non la liberazione; questo è un peso, non è beatitudine. Vi fornisce una barca di pietra per attraversare il mare con onde di dolore e creste di gioia, ma tale imbarcazione non potrà trasportarvi con la corrente e sicuramente affonderà. Quello che vi serve per fare la traversata è la scialuppa della devozione, della grazia, della resa alla Sua Volontà. Gettate via tutti i fardelli, diventate leggeri, così potrete attraversare il mare con un passo sulla cresta di un’onda e l’altro su quella successiva. Dio vi farà passare! Non avete bisogno di preoccuparvi; se Egli si prende cura di tutto, di che cosa dovete angustiarvi?

[2] La scintilla d’amore presente in voi deve essere curata e nutrita in modo che possa raggiungere Dio; allora ogni essere sarà Dio, ogni azione sarà Divina, ogni reazione che vi giungerà dal mondo sarà carica di amore ed addolcita da quel nettare. Voi amerete la Divinità in tutti gli esseri e il Dio presente in ogni essere risponderà con amore. Amate Dio, anche se il vostro destino è ricco di tribolazioni, amatelo anche se siete rifiutati e rimproverati poiché è solo nel crogiolo del tormento che il metallo viene purificato e ogni impurità rimossa. L’adorazione di Dio deve avvenire attraverso un Nome ed una Forma; questo però non deve limitare la vostra fede e devozione solo a quell’aspetto. Il Potere di Dio non ha orizzonti, racchiude lo spazio e va persino oltre; quindi non indossate il paraocchi quando gli rendete culto. Non odiate gli altri Nomi e le altre Forme della stessa Maestà cosmica e trascendente, il Purushottama. Poiché l’odio genera la paura, esso è l’origine dell’ansia, della maldicenza e della menzogna, ma non solo: l’odio svuota la mente di tutta la pace. Potreste avere luce senza olio, fuoco senza fumo, brezza senza farvi aria, frescura nel torrido caldo estivo – ma finché non sarete in pace con voi stessi e con quelli attorno a voi, il vostro battito sarà accelerato ed il sangue circolerà con rancore e rabbia. Solo l’amore può alleviare l’ansia e placare la paura.

[3] La Natura è la veste di Dio, l’immortalità ha indossato l’abito della morte, la vecchiaia è latente nel neonato, l’oscurità dorme in grembo alla luce e la luce è latente nella notte. La Realtà è la base, il fondamento non riconosciuto di tutte le lusinghe e della luccicante apparenza. Dall’oceano di purezza dal quale si produsse il nettare dell’immortalità, emerse anche il veleno mortale Hālāhala, che minacciò di distruggere i tre mondi. Sviluppate il senso della giusta proporzione, un retto senso dei valori. Amate le cose del mondo con l’amore che è loro dovuto, niente di più.

[4] Shuka, il più puro e il più saggio dei Maestri, era solito impartire i suoi insegnamenti ad alcuni discepoli fra i quali c’era anche l’imperatore Janaka. Un giorno il Saggio cominciò il suo discorso più tardi del solito poiché Janaka non era ancora arrivato. Gli altri discepoli si risentirono per l’attaccamento che Shuka mostrava verso Janaka e pensarono che fosse da attribuire al fatto che quest’ultimo era l’imperatore del regno; essi credevano che il loro Maestro fosse mosso da queste considerazioni terrene. Shuka invece sapeva bene che la loro immaginazione tesseva trame di falsità e di pregiudizi, così decise di eliminare tale invidia dai loro cuori. Arrivato Janaka, il Saggio tenne il suo discorso ma, ad un certo punto, grazie ai suoi poteri yogici fece in modo che tutti i discepoli vedessero in distanza Mithilā, la capitale dell’impero, andare in fiamme e sgretolarsi sotto l’impatto di un violento incendio. In quel momento i discepoli stavano ascoltando la lezione sulla Conoscenza del Sé, la disciplina che afferma che solo il Sé è reale, mentre tutto il resto è apparenza che si sovrappone al Sé a causa della nebbia dell’ignoranza e dell’illusione; perciò tutti i discepoli, disertando la lezione e il precettore, scapparono di corsa verso le loro celle per paura che l’incendio incombente potesse bruciare le loro cose o i libri. Pur essendo la capitale del suo regno ormai ridotta in cenere, Janaka rimase immobile poiché sapeva che tutto quello che era stato distrutto dal fuoco era solo un’apparenza e non la Realtà. Shuka stesso invitò Janaka ad andare a valutare i danni e a salvare il salvabile, ma Janaka rispose che il vero tesoro era la Conoscenza che stava ricevendo dal Maestro e che non era interessato al mondo oggettivo, accessibile solo attraverso strumenti cognitivi esterni. A quelle parole, Shuka rivelò che l’incendio era solo una simulazione da lui creata per mostrare agli altri discepoli quanto fosse genuina e profonda la saggezza che l’imperatore aveva acquisito, a differenza della loro erudizione che era solo superficiale.

[5] Ecco il Guru e il discepolo che nell’India antica venivano onorati e acclamati come esempi ideali. Ora potete capire perché l’India godesse di tanta gloria in passato come guida di un’umanità anelante. Lo stesso ruolo le è stato assegnato nuovamente ed ora i suoi figli devono essere pronti a dimostrare con l’esempio che gli insegnamenti del passato non sono antiquati né superati! Se credete che il Sé sia l’essenza di ogni uomo, questo produrrà in voi vibrazioni di solidarietà, in modo che se l’altro è felice anche voi lo sarete, se l’altro soffre anche voi sarete addolorati. Questo è Amore al livello più alto e più sincero. Se lo coltiverete, l’Amore eliminerà le erbacce della rabbia e della malizia, e sboccerà nella pace e nella serenità. Il Mio insegnamento è Amore, il Mio messaggio è Amore, la Mia attività è Amore, il Mio modo di vivere è Amore. Nulla è più prezioso dell’Amore, ed è alla portata di ogni uomo.

[6] Una parola detta con amore è un balsamo per i piedi affaticati. Voi arrivate a Prashānti Nilayam in auto, in treno o con l’autobus, ed entrate in giardino esausti e con grandi aspettative. Dalla veranda, Io vi domando: “Oh, quando sei arrivato?” Alcuni si possono chiedere perché Sai Baba faccia una simile domanda, non lo saprà forse? Sicuramente Baba sa tutto di quella persona, ma allora perché chiede? Il devoto a cui è stata rivolta la domanda sarà immensamente felice e dirà: “Baba mi ha parlato appena sono arrivato!” Io cerco di darvi gioia e, anche se lo so già, vi faccio simili domande. Se non vi chiedo niente e non vi parlo, voi vi sentite frustrati e trascurati, non è forse così? Sapete bene che vi faccio delle domande non per sentire le vostre risposte che già conosco ma perché le Mie domande vi danno gioia. Vi posso anche chiedere: “Come state?” - anche se so che state bene e che quindi avete potuto venire qui, oppure che non state affatto bene ed è il motivo che vi ha condotto da Me! Questa è Māyāshakti, lo Spirito che incanta; se parla, se guarda o fa qualche cosa, voi ne traete grande piacere. È Yogamāyā che vi rende felici se mi avvicino a voi, vi parlo o faccio qualche cosa per voi.

[7] Non invischiatevi in discussioni sulla casta, la religione, le usanze e le convinzioni di coloro che incontrate nell’āshram o durante il viaggio: non è proficuo. State attenti piuttosto alla meta ed al vostro progresso, ed ignorate tutto il resto. Lasciate che ognuno cerchi di realizzare i propri desideri e lasciate a Me il compito di correggerli. Rinunciate a ricercare la pace, la gioia, la soddisfazione e la saggezza negli altri e negli oggetti del mondo esteriore. Sviluppate l’occhio interiore, non la visione esteriore. Cercate di intuire gli ordini di Dio, il quale guiderà i vostri piedi sulla via del silenzio e della disciplina costante. Approfondite la fede e sarete come in una botte di ferro, e nessuna folata di vento potrà smuovervi; siate ben saldi nella fede in modo che nessuna raffica di dolore o ventata di angoscia possa turbarvi e allontanarvi da Dio. Ci sono alcuni che venerano la Mia immagine con molto fervore, ma se la loro bufala, che prima dava due secchi di latte al giorno, comincia a darne uno solo, attribuiscono questo fatto all’immagine ed ai rituali compiuti e girano la Mia foto verso il muro, deplorando il giorno in cui l’hanno portata a casa! Alcuni che vengono da Me da dieci o da quindici anni non hanno ancora sviluppato una profonda devozione, anzi sono affetti da crisi di scetticismo. Come potrete vedere la Mia fotografia sulla pellicola se puntate l’obiettivo verso il mondo e poi premete il pulsante? Mettete bene a fuoco il cuore ed azionate l’interruttore dell’intelligenza, così otterrete un’immagine chiara di Me che resterà impressa nel vostro cuore.

[8] Un santo di nome Basavanna era solito cantare che non si può arrivare a Dio né con la melodia né attraverso i Veda, ma con la devozione. Il devoto decide la Forma che Dio assumerà per insediarsi nel cuore purificato dalla devozione. Adorare Dio in modo formale, mormorare gli inni, compiere i rituali meccanicamente non indurranno Dio a stabilirsi nel cuore, perché un cuore simile è oppresso da frivolezze e banalità, da ragnatele ed impedimenti. Non amo la devozione che vuole esibirsi per impressionare gli altri della sua profondità! Non apprezzo l’ampollosa esibizione della devozione; gradisco invece quella devozione che è troppo profonda per esprimersi a parole e troppo intensa per farsi pubblicità. Una lettera scribacchiata su un pezzetto di carta in modo illeggibile, pur contenendo una comunicazione banale, sarà recapitata dalle poste all’indirizzo indicato se è affrancata con il francobollo giusto! Una lettera scritta in bella calligrafia su carta pregiata, con un messaggio importante, giacerà dimenticata se non avrà il francobollo richiesto! Il francobollo della devozione consentirà alla preghiera di raggiungere la destinazione: Dio. Non servono i festoni, le fanfare, ghirlande di fiori e le offerte festive. Un cuore semplice e sincero è il francobollo che farà procedere la vostra preghiera con rapidità.

[9] Non lamentatevi dicendo: “Io amo Dio ma Lui non mi ama.” Dio fa da eco, reagisce, rimanda il riflesso. Egli vi restituisce dieci volte in più l’amore che gli avete offerto. Anelate, dedicatevi, arrendetevi a Lui. Continuate con costanza, non fate un passo avanti oggi per poi farne due indietro domani. Le formiche, povere piccole creature, procedono una dietro l’altra in una fila ininterrotta, consapevoli della meta e di null’altro, superando tutti gli ostacoli che incontrano sul loro percorso. La derisione e il disprezzo devono essere affrontati con serena indifferenza. Persino gli Avatār non sono esenti da questi miseri attacchi da parte di uomini gretti. Krishna fu accusato di essere un ladro e di aver ucciso Satrājit per appropriarsi della gemma ‘Shyamantaka’ che Satrājit portava mentre stava cacciando nella foresta. Il Signore si propose di provare la falsità dei Suoi calunniatori e scoprì che Satrājit era stato ucciso da un leone e che la gemma si trovava nella grotta di Jāmbavān, un orso che l’aveva legata sopra il giaciglio del suo orsetto in modo che potesse vederne il luccichio e giocare! Non cedete alla tentazione d’infangare la reputazione altrui: è un passatempo malvagio, gravido di tragedie. Mantenete la vostra lingua pura e dolce, scevra da ogni maldicenza. Non sono neppure entusiasta dell’erudizione di chi si vanti di avere letto la Bhagavad Gītā cento volte o il Bhāgavata decine e decine di volte. Per progredire è molto più importante mettere in pratica un verso ogni giorno. Il barbiere può rasare la testa per pochi soldi, ed è facile procurarsi ed indossare una tunica ocra. Ad alcuni piace adorarmi recitando i 1008 Nomi di Dio o persino i centomila Nomi! Invocarmi con sincero fervore una volta sola è sufficiente per conquistare la Grazia. Ho visto alcuni che spaccano le noci di cocco davanti all’āshram, disturbando il silenzio con il fragore di quel colpo. Non so che beneficio ne possano trarre se non quello di avere il cocco per preparare una salsa per il pranzo! Io sono venuto per il ripristino del Dharma, la Legge morale che sostiene la terra, che assicura pace agli uomini e alle nazioni. Vivete seguendo il Dharma, promuovetelo con le vostre azioni, pensieri e parole – quello è il rito d’adorazione che apprezzo poiché mostra riverenza per la missione che mi sono prefisso. Sostenete il Dharma, nutritelo, rendetelo fertile ed incoraggiatelo: questo è il Mio lavoro ed Io ne sarò compiaciuto.

[10] Quando incontrate i vostri amici non urlate ‘Hello, ciao!’, non fate chiacchiere sciocche. Fate in modo che il momento dell’incontro sia santificato dal ricordo del Signore. Piuttosto dite: ‘Rām Rām’, oppure ‘Hari Om’ o ‘Sai Rām’. Quella che chiamate ‘etichetta’ è solo un ‘ticket’ che vi farà regredire verso la barbarie; voi pronunciate ‘good-bye’ [arrivederci] come la parola Telegu ‘guddhi-abbai’, che significa ‘ragazzo cieco’. Come possono tali chiacchiere inutili condurvi alla beatitudine che cercate? Come può il miraggio placare la sete con delle acque che non scendono da nessun monte né si riversano nel mare? Poiché ho la responsabilità di correggervi e di condurvi sulla retta via, vi metto in guardia contro ‘il male dell’occhio’. Non traete piacere dalle visioni sgradevoli, volgari, umilianti e degradanti come i cartelloni orrendi di alcuni film, messi in bella vista in tutte le piazze cittadine per indurvi al vizio e al crimine. Dovete anche evitare ‘il male dell’orecchio’, di trarre piacere dalla maldicenza, dalla bestemmia, dalle storie di odio e avidità, da discorsi pronunciati da uomini malvagi e miscredenti, che non hanno amore nel cuore né fratellanza nelle azioni. State ben attenti al ‘male della lingua’, al ‘male della mente’ ed ‘al male delle mani’, ossia desistete dal pronunciare parole che possano danneggiare la reputazione degli altri, ledere i loro interessi e causare loro sofferenza; rinunciate a passioni ed emozioni perverse e tenetevi alla larga da azioni malvagie. Solo se queste iniquità saranno eliminate, potrete avere successo nella meditazione. Anche la minima traccia di questi ‘mali’ macchierà la mente creando agitazioni e disordini.

[11] Svolgete tutte le azioni in offerta al Signore; non classificate alcune attività come ‘il mio lavoro’ ed altre come ‘il Suo lavoro’. Tutto il lavoro è Suo! Egli ispira, aiuta, esegue, gioisce, si compiace, è Colui che raccoglie i frutti, è Colui che ha seminato. Solo Lui esiste, poiché tutta questa molteplicità non è altro che Dio stesso visto attraverso lo specchio della Creazione! Tutto è per il conseguimento del Supremo, utilizzato per quell’elevato proposito. Niente viene usato in sé e per sé. Per i devoti Sai questo è il solo modo di vivere corretto: nessun fine egoistico, solo obiettivi altruistici, e l’obiettivo è la Realizzazione della Realtà, che è il Sé, Dio!

Prashānti Nilayam, Guru Pūrnimā, 18.07.1970

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