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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1970:19701004

19701004 - 04 Ottobre

Discorso Divino di Bhagavân Shrî Sathya Sai Baba

Gli anni cruciali

[1] Il mantra vedico che si recita mentre si fanno le offerte agli Dèi è il seguente:
Triambakam yajamahe sugandhim pushti vardhanam
Adoro Colui che ha tre occhi, fragrante,
promotore di forza, dolcezza, luce e felicità

I tre occhi hanno molti significati relativi ai diversi aspetti del Divino: Sole, Luna, Fuoco, che simboleggiano calore e luce; Grossolano, Sottile, Causale, che rappresentano le incarnazioni delle molteplici manifestazioni dell’Uno; Volontà, Lavoro, Saggezza, che rappresentano i canali operativi dell’Unico Potere Supremo; Agente, Azione, Dovere, che stanno ad indicare il senso dell’«io» che è l’ombra dell’Uno nei molti. La mente è solo un insieme di desideri, un complesso intessuto di progetti e decisioni. Ha una potenzialità immensa di creare molteplici immagini, per cui è chiamata anche ‘immaginazione’. L’immaginazione vela la verità, annebbia l’intelletto, distorce la visione, fa deviare il percorso diritto dell’aspirante. Il desiderio crea un miraggio dove prima non c’era nulla, fa vedere la bellezza dove prima non c’era, riveste le cose di seduzione. Per sfuggire alle grinfie del desiderio, il quale dà origine all’infame banda costituita da rabbia, odio, malizia, avidità, invidia, settarismo, menzogna, ecc., occorre ripulire la propria coscienza con la preghiera e le buone attività esenti da desiderio e da egoismo. Il servizio è la disciplina spirituale migliore per eliminare le nefaste attrazioni della mente per i desideri.

[2] Un giorno Rāma domandò ad Hanuman che tipo di relazione avesse con Lui. Hanuman rispose: “Se penso di essere il corpo, la mia relazione con Te è quella di un servitore con il suo padrone; se penso di essere l’anima individuale, sono in rapporto con Te come il riflesso nello specchio è in rapporto con l’originale che gli sta davanti; quando so di essere il Sé universale e che tutte le altre apparenze sono futili fantasie, io sono Te, Tu sei me.” Finché rimanete attaccati alla superstizione di essere il corpo, finché credete che il nome dato al corpo sia il vostro nome e che la forma in cui esso appare agli altri sia la vostra forma, dovete assumere la posizione di servo verso Dio e spazzare via l’ego con la continua negazione delle sue pretese.

[3] Per tale ragione ho convocato la conferenza nazionale dei volontari Sathya Sai Sevā Dal, perché possano apprendere da Me i principi basilari del servizio. Quando un ricco assume un inserviente per 30 Rupie al mese, accetta le attenzioni che il suo sottoposto gli offre; quest’ultimo tuttavia terrà gli occhi sempre puntati sul compenso che riceverà; in tal caso non potrà esserci tra di loro la relazione di ‘servitore-servito’ perché il rapporto che li lega è puramente monetario. Quando, invece, non c’è alcun obbligo da un lato né richiesta di compenso dall’altro, allora è vero servizio. Dovete pensare che tutti siano Triambaka, il Signore Shiva, che il Sé Supremo è in loro, immanente nei tre mondi, trascendente i tre attributi o guna; così offrirete il servizio secondo le vostre possibilità senza pensare ad alcun compenso: questo sarà vero servizio. Qui sta il segreto del Karma Yoga così com’è definito nella Gītā.

[4] Oggi sono state menzionate varie attività di servizio e di volontariato: visite di conforto nelle corsie degli ospedali, canto dei bhajan nelle prigioni e nei riformatori, aiuto ai poveri alle stazioni degli autobus e dei treni, ecc. Tutte queste sono buone azioni, senza dubbio, tuttavia qualunque sia l’attività svolta, quello che conta è lo spirito con cui si compie il servizio. Trattate le persone che servite come vostri fratelli o sorelle, come figli di Madre India, che è la vostra stessa madre. Le vostre sorelle, i vostri fratelli hanno corpi diversi, distinti dal vostro, come tutti gli altri, non è vero? Eppure voi avvertite per loro un attaccamento speciale. Perché? È la conseguenza dell’amore. Abbiate lo stesso amore anche per il vostro prossimo. Voi mi amate e mi adorate, non è vero? Ebbene, vedete Me in tutti gli esseri poiché Io sono presente in loro. Come la corrente illumina tutte le lampadine, forti o deboli, il vostro Dio è in ogni essere vivente. Conquistate la grazia adorandomi e comprendendo che Io mi muovo in loro ed attraverso di loro. Non avete bisogno d’indossare un’uniforme né di esibire un distintivo; al volontario non serve l’uniforme della supplica né il distintivo del dolore. Sedetevi vicino a chi soffre, come fareste con vostro fratello. Tenetegli la mano, guardatelo negli occhi con compassione, colmate le sue mani di prasādam, chiedetegli in cosa potete aiutarlo e lasciate che dai suoi occhi rasserenati scendano lacrime di gratitudine. Questa è la ricompensa che deve sostenervi; anche se non ci fosse alcuna espressione di ringraziamento, anche se veniste accolti con freddo silenzio o con un moto di avversione, insistete, perché la vostra natura è dare e perdonare.

[5] Se possedete un’immagine d’argento di Ganapati e desiderate invece un’immagine di Krishna, è insensato ricoprirla con un drappo e pregare che si trasformi in Krishna! Dovete farla a pezzi, fondere l’argento e colarlo in un nuovo stampo, quello di Krishna. Anche voi, se desiderate trasformarvi nel Divino, dovete fondere la mente nel fuoco della Conoscenza dopo averla fatta a pezzi mediante diverse azioni, quali il servizio, il canto collettivo, la recitazione del Nome, la meditazione: tutte azioni affilate con la tagliente lama della rinuncia. Innumerevoli vite umane continuano a spegnersi ogni giorno nel lerciume e nell’infamia: piegate, spezzate, malate, afflitte, scoraggiate. Per nobilitare queste esistenze e rendere degno il patrimonio spirituale umano, Io sono venuto. Vi manifesto il Mio entusiasmo per insegnarvi la corretta attitudine al servizio perché l’amore si esprime nel servizio, cresce nel servizio, nasce nel grembo del servizio: Dio è Amore. L’Avatār è un bambino per i bambini, un ragazzo per i ragazzi, un uomo tra gli uomini, una donna tra le donne, in modo che il Suo messaggio possa raggiungere tutti i cuori e ricevere una risposta entusiasta di beatitudine. È la compassione che ispira ogni attività dell’Avatār. Gli uccelli, gli animali e gli alberi non hanno deviato dalla loro natura, la mantengono sempre viva. Solo l’uomo l’ha deturpata nel suo rozzo tentativo di migliorarla; perciò l’Avatār deve venire come Uomo tra gli uomini e agire come amico, sostenitore, parente, guida, maestro, guaritore e compagno. Egli viene per ripristinare il Dharma, e se l’uomo segue il Dharma Egli è compiaciuto e soddisfatto. Comportatevi in modo che la vostra carriera di uomini non si degradi, non si dissacri. Tenendo le mani sul petto, affermate: “Io sono un uomo, sono umano, sono colmo di luminosa umanità!” Dio non vi attrae a Sé né vi tiene lontano: siete voi che vi avvicinate o vi allontanate da Lui. Dio non ha preferenze né antipatie; vivete ai livelli più alti della vostra natura e sarete vicino a Lui.

[6] Imparate le lezioni che insegnano il sole, la luna, le nubi, il mare: sono tutti maestri di primo piano nel compiere il loro dovere senza obiezioni. Gli alberi offrono frutti e ombra a tutti, perfino a chi li colpisce con la scure per abbatterli! Le montagne sopportano il calore, la pioggia e le tempeste senza lamentarsi e sono immerse in meditazione da secoli. Gli uccelli trascorrono anni senza accumulare il necessario per sfamarsi e ripararsi e non si lagnano; non nutrono un’esagerata affezione per la prole, non più di quanta sia indispensabile per la loro sopravvivenza. La Creazione è la vostra scuola, il vostro laboratorio, la porta verso la liberazione, la visione completa della multiforme maestà di Dio. Cercate di apprendere la lezione che la Creazione è pronta ad insegnare. Tutte le cose in natura sono Brahman come lo siete voi, perciò ogni atto è divino, ogni lavoro è adorazione. Costruite la casa della vostra vita sulle solide fondazioni della fede che:
Tutto questo è Brahman, l’Assoluto Universale.
Monaci, rinuncianti, capi di congregazioni e di organizzazioni monastiche predicano in un’atmosfera sovraccarica di sfarzo, boriosa pedanteria e pubblicità. Mentre i Veda insistono sulla dissoluzione dell’ego, il Corano ribadisce la resa di sé, la Bibbia sottolinea l’umiltà e la carità, costoro si crogiolano in meschini desideri di ricchezza, potere, fama; aspirano ad orpelli passeggeri, notorietà mediocre e gloria dozzinale. Invece bisogna insegnare semplicemente questo: se pensi di essere un individuo, sei separato da Dio; se pensi di essere divino, sei Uno con Lui. Credere che la fune sia un serpente vi fa tremare di paura, ma se la vedete come fune, la paura svanirà e voi comincerete a giocarci: è vostra, basta prenderla! Serpente e corda non sono arrivati né si sono allontanati. La luce è apparsa e l’oscurità è scomparsa; l’ignoranza svanisce, la conoscenza sorge, tutto in un istante. Invocate Colui che è Luce: l’ignoranza e la paura, che è la sua conseguenza, scompariranno!

[7] Il famoso Dharmarāja, Signore del Dharma, aveva perso al gioco la moglie Draupadī. I malvagi cugini Duryodhana e Dussāsana, approfittando meschinamente di quel suo stato di schiavitù, la trascinarono per i capelli nel salone di corte ed osarono mettere le loro mani demoniache sul suo sari, minacciando di denudarla davanti all’intera corte. I suoi mariti erano lì presenti, testimoni di tanta atroce infamia. Nella sua angoscia, la regina non chiamò nessuno di loro, sebbene essi fossero più valorosi di tutta la corrotta banda schierata contro di lei! Per essere salvata, Draupadī non fece affidamento sulle armi divine che Arjuna aveva ottenuto dagli Dèi, e neppure sulla mazza di Bhīma che avrebbe potuto fracassare il petto corazzato dei più forti guerrieri. La regina si affidò a Dio, non agli uomini; sapeva che i cinque fratelli, nonostante il loro tanto decantato eroismo, erano solo uomini. Loquace come sanno essere le donne, specialmente quando sono in ansia, Draupadī invocò Krishna ricorrendo ad una serie di appellativi: Dvārakāvāsa, Gokulavāsa, Gopīvallabha, Āpand-bāndhava (Tu che risiedi a Dvārakā, che vivi al Gokulam, amato dalle Gopī, sostegno nella disgrazia). Quando finalmente Krishna le diede la Sua visione, le spiegò che era arrivato in ritardo poiché Draupadī non lo aveva chiamato dal proprio cuore in cui Egli era sempre presente! Anzi aveva detto che risiedeva a Dvārakā, per cui Krishna aveva dovuto andare fin là per poi tornare il più velocemente possibile! Non pensate quindi che Dio risieda a Kāshi, Rāmeshvaram oppure a Puttaparti; sappiate che Egli è nel vostro cuore. Cercatelo lì, invocatelo, ed Egli vi darà la Sua visione immediatamente. Io sono nel vostro cuore; i vostri trucchi non possono ingannare il Dio che voi siete, infatti siete l’incarnazione della Verità; ecco perché non mi rivolgo a voi chiamandovi discepoli o devoti. In tal caso vi verrebbe attribuita una condizione che non è vostra. Io vi chiamo Ātmasvarūpalāra, Incarnazioni del Sé, che è la corretta enunciazione dei fatti. Nessuna prova potrà dimostrare che non è vero, e quindi voi dovete prenderne coscienza. Voi non siete Tizio, Caio o Sempronio: siete l’Ātma immortale, eterno, sempre puro! Quando Kārunyānanda chiese a Gandhi di dargli la sua benedizione, quest’ultimo rispose: “La mia benedizione non ti sarà di alcun aiuto. Conquista la benedizione della Verità che è la tua stessa essenza; solo quella sarà con te nei momenti del bisogno!” Voi siete incarnazioni della Verità, quindi siate fedeli alla vostra stessa Verità.

[8] L’organizzazione Prashānti Vidvan Mahāsabhā diffonde gli insegnamenti ritempranti dei Veda e delle Upanishad; molti li ascoltano, ma pochi li coltivano e se ne nutrono. Alcuni vengono da Me per ricevere l’Upadesha, un mantra da ripetere e, grazie alle sue vibrazioni, sperano di spezzare le catene che apparentemente li legano! Mi dicono di aver letto la Gītā e i suoi commentari migliaia di volte; sanno ripetere tutti i 700 versi alla rovescia ed interpretarli secondo i tre metodi filosofici del Dualismo, del Dualismo qualificato e del Monismo. Allora rispondo loro: “Se non avete sviluppato fede nelle parole di Dio che avete letto, recitato, imparato a memoria e riverito per anni, come potete sperare di utilizzare il Mio Upadesha con la fiducia che vi salvi? Io non ho nessun tipo di Upadesha da darvi!” Il segreto della liberazione non sta nella formula mistica sussurrata all’orecchio e recitata facendo girare il rosario, bensì nel tradurre in azione, nel procedere nella pratica, nel percorrere il sentiero del pellegrino virtuoso, nel raggiungere l’obiettivo con successo. Il Guru migliore è il Divino in voi: imploratelo per udire la Sua voce, il Suo insegnamento spirituale. Se cercherete un guru terreno, dovrete correre dall’uno all’altro come un topo rinchiuso in un barile: corre a destra se qualcuno batte sulla sinistra, e scappa a sinistra se qualcuno batte sulla destra.

[9] Siate consapevoli di Dio e del Suo Amore irresistibile qualsiasi cosa facciate o diciate; questo è il miglior consiglio che Io possa dare ai membri del Sevā Dal. I giovani di quest’antica terra seguono oggi ciecamente gli ideali e le mode di altri Paesi che non posseggono la profonda cultura dell’India e sono dilettanti nell’arte del vivere con successo. L’abbigliamento di questi giovani, il modo di parlare, il comportamento, la condotta e le loro attitudini risultano estranei, bizzarri, assurdi in rapporto al bagaglio culturale di Bhārat, e causano dolore a chi conosce il valore delle tradizioni a cui essi voltano le spalle. L’amore per il Paese, o per la cultura, scaturisce dall’amore per i genitori; è l’amore che nutrite per loro, per la loro lingua, la religione, le tradizioni, che poi sboccia nell’amore per la famiglia, la comunità, il villaggio, la religione, la lingua e per l’intero Paese che sostiene tutto questo.

[10] L’età tra i 16 e i 30 anni è un periodo cruciale durante il quale l’uomo ottiene il meglio ed è capace dei massimi sforzi. Una volta esauriti, questi anni di vita non si possono più ritrovare. Non prendete vie sbagliate! Durante questo periodo della vostra esistenza, seguite le orme di Dio e delle persone pie. Il corpo è solo una massa di argilla che ci portiamo appresso tra la nascita e la morte. Noi eravamo il Sé prima della nascita, e saremo ancora il Sé dopo questo soggiorno terreno. Finché ne disponete, dedicate il corpo con la sua dotazione d’intelligenza, immaginazione, capacità e conoscenza, a servire i propositi da Me stabiliti, ed otterrete così la grazia. Se, a dispetto dei migliori sforzi, sorgono in voi idee sinistre, dannose, di odio, collera o sensualità, dovete dedurre che sono provocate da abitudini alimentari sbagliate o dalle cattive compagnie che frequentate, oppure dagli amici, dai libri, dai film o da altri divertimenti. Allontanatevi da tutto ciò e pregate Dio, vostro Custode e Guardiano, di salvarvi dalla rovina in cui state precipitando. Le idee di suicidio, ve lo dico apertamente, nascono dalla più spregevole forma di viltà: non lasciatevi neppure sfiorare da simili pensieri! Siate coraggiosi, determinati ad affrontare qualsiasi calamità che possa assalirvi. Se avete Dio nel cuore, chi mai potrà portarvi alla distruzione? Se siete agitati o turbati dall’ira, dall’odio o dall’angoscia, bevete un sorso d’acqua fredda e distendetevi quietamente; cantate qualche bhajan oppure fate una lunga passeggiata di buon passo da soli, affinché i pensieri assillanti siano messi a tacere; in tal modo il sangue circolerà più rapidamente ed il movimento smusserà il filo tagliente dei pensieri. Potete essere preoccupati perché mi avete promesso qualcosa e, in seguito, siete tentati di venir meno alla parola data. Non esitate! Se promettete di non fumare o di non guardare dei film, la promessa deve essere precisa, ferma e incondizionata. Io non guadagno nulla dalla vostra promessa, né ci perdo se non la mantenete. Voi invece guadagnate fiducia in voi stessi, tempra, forza morale, gioia. Sì, la vostra gioia è il Mio cibo, quindi anch’Io ci guadagno! La neve sulle cime montuose si ammorbidisce di giorno per effetto del sole e s’indurisce di notte in sua assenza. Allo stesso modo, il vostro cuore di pietra m’indurisce, mentre il vostro cuore amorevole m’intenerisce. Comprendete bene che ognuno di voi conosce l’amore di una sola madre, ma il Mio affetto, il Mio amore per tutti voi è quello di mille madri! Non privatevi di tale affetto e amore, negandomi il vostro amore!

[11] Qualcuno ha parlato della necessità dell’atto di resa. Chi offre? Chi riceve? Voi stessi siete Dio, allora a chi dedicate l’offerta? Tuttavia usate i termini ‘oblazione’ e ‘offerta di sé’; la soluzione viene allontanata dall’uso di una parola! Quando vi renderete conto di essere Dio, non ci sarà alcuna oblazione né offerta di sé. La saggezza spazzerà via tutto: solo Dio rimane. Una volta ci fu un lungo litigio tra la Ricchezza e la Saggezza per stabilire chi avesse maggior valore. La prima affermò di essere indispensabile per viaggiare, ad esempio, da casa vostra a Puttaparti, oppure per andare al cinema o per gustare un buon pasto; il mondo non potrebbe girare neppure per un secondo se la moneta non circolasse! La Saggezza replicò che, senza l’intelligenza, nessuno saprebbe distinguere una banconota da dieci Rupie da quella di una sola Rupia; nessuno sarebbe in grado di discriminare tra i modi dannosi di spendere i soldi e quelli utili. Come quei due gatti che chiesero ad una scimmia di fare da giudice, Ricchezza e Saggezza si rivolsero ad un guru e gli esposero il loro problema. Il guru commentò che entrambe erano ugualmente buone e valide purché utilizzate per un retto proposito. È l’uso che ne decide la bontà o la malvagità. Essere uomini è di per sé la ricchezza più grande che potete avere: utilizzatela al meglio. Siate però sufficientemente saggi per rendervi conto che non solo siete uomini, ma che non siete più animali né bruti. Questo renderà la vostra saggezza completa, altrimenti sarà solo parziale.

[12] Ancora una parola a proposito delle regole e delle restrizioni per i volontari del Sevā Dal. Dovete seguire integralmente le indicazioni del presidente dell’Organizzazione dello Stato e del distretto. Se siete tentati di metterle in discussione, ricordatevi che le loro parole vi sono giunte attraverso la grazia e la benedizione di Bhagavān, che li ha nominati. Siate cortesi, umili e dolci nel rispondere agli ordini che ricevete. È indispensabile seguire una rigida disciplina, non si possono tollerare eccezioni né concessioni. ‘Una parola, una strada’: questo deve essere il motto! In alcune Associazioni, a causa dell’ambizione di qualche individuo o dell’avidità di un gruppo, sono sorte delle fazioni e l’atmosfera spirituale è stata inquinata. L’infezione politica si è infiltrata in queste Organizzazioni poiché alcuni le hanno fondate per la loro glorificazione personale. Tutto ciò verrà eliminato quanto prima, non preoccupatevi. Continuate a compiere il vostro servizio senza curarvi di quanto gli altri fanno per ottenere fama e notorietà. Servite perché dovete servire, perché il vostro impulso interiore v’incita a farlo, perché ne ricavate la beatitudine. Se vi succede che un paziente debba essere curato con un certo farmaco, ma è troppo povero per acquistarlo, e se il medico afferma che il medicinale è urgente e indispensabile per salvargli la vita, non esitate a dare il denaro o a prenderlo a prestito; chiedetelo ad un membro dell’Organizzazione, oppure a chiunque altro, perché la vita è la cosa più preziosa. Il servizio nel momento in cui c’è maggior bisogno, è il più benefico e fruttuoso. Fate in modo di procurarvi il latte in polvere e offrite latte e frutta ai poveri che soffrono e sono abbandonati negli ospedali. Dio gradisce essere adorato con il fiore della compassione. Spargete semi d’Amore nei cuori tristi e aridi, così i germogli d’Amore renderanno queste lande desolate verdi di gioia; fiori d’Amore renderanno l’aria fragrante, fiumi d’Amore gorgoglieranno lungo le valli ed ogni uccello, animale e bambino canterà la canzone d’Amore. Attualmente abbiamo delle Organizzazioni di volontariato solo in alcuni villaggi e città; dobbiamo diffonderle in tutti i paesi ed in ogni città, in modo che l’uomo, rendendo servizio all’uomo, possa scoprire quel Dio che è la sua Realtà.

Prashānti Nilayam, Dasara, 04.10.1970

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