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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1970:19701122

19701122 - 22 Novembre

Discorso Divino di Bhagavân Shrî Sathya Sai Baba

Domande e risposte

[1] Il compimento della vita umana sulla terra consiste nel colmare sé stessi di amore per Dio e nel tradurre quell’amore in azioni di servizio all’uomo, che è l’incarnazione di Dio. Se l’uomo non ha amore in sé e non lo condivide con tutti gli esseri, è solo zavorra, un peso per la terra. Rendete pure le vostre emozioni, rendete stabile e forte la mente per resistere alla spinta dell’ignoranza e alle astuzie dei sensi, così sarete certi di ottenere la pace e la gioia. Voi mantenete la salute corporea mediante gli esercizi fisici; allo stesso modo dovete mantenere la salute mentale facendo certi esercizi, poiché la mente può condurvi alla schiavitù o alla liberazione. Per mezzo del cibo puro, la mente può diventare acuta e sottile, può così superare ostacoli e tentazioni e squarciare il velo dell’illusione. Cercate di essere sempre in un ambiente buono, in buona compagnia e in un’organizzazione spirituale; infatti le persone che vi aderiscono non discuteranno di quanto possa essere visto o udito, toccato o gustato, perché sono interessate solo a ricercare il ‘Non-visto’, la Verità essenziale oltre i sensi esteriori e interiori, i metodi con cui la mente possa aiutare o ostacolare il viaggio dell’individuo verso Dio.

[2] La mente è definita karana, strumento. I sensi sono strumenti utilizzati per entrare in contatto con la creazione e per assumere informazioni sugli oggetti. La mente è lo strumento complessivo che controlla e dirige i sensi ed è chiamata Antahkarana. Superiore alla mente è buddhi, l’intelletto, che analizza e suddivide in categorie le impressioni che la mente raccoglie attraverso i sensi. L’intelletto è subordinato a citta, la coscienza, e all’ego, il senso dell’«io» che è fondamentale per l’individuo. La mente deve essere subordinata all’intelletto, ma di solito essa è al servizio dei sensi che invece dovrebbero essere i suoi servi; in questo caso la mente conduce l’uomo alla schiavitù. Diverse persone mi hanno rivolto delle domande circa la natura della mente. Sebbene abbia spiegato spesso questo argomento nei Miei discorsi, ne parlerò nuovamente. Ora siete riuniti qui a Prashānti Nilayam, in questa sala, ma se la vostra mente vaga per le vie di Madras o Calcutta, non vedrete neppure chi è seduto davanti a voi né mi sentirete parlare per quanto alta sia la Mia voce! Nonostante i vostri occhi e le vostre orecchie siano qui presenti, funzionanti e sani, se la mente non li controlla e dirige, i sensi sono incapaci di trasmettere informazioni all’Antahkarana. Le funzioni di udire, odorare, vedere, gustare e toccare non possono essere eseguite con efficacia e utilità se la mente è altrimenti impegnata. Il corpo è come una torcia elettrica: gli occhi sono le lampadine, l’intelletto è l’interruttore, ma la batteria essenziale è la mente. Potete avere delle lampadine nuove, l’interruttore aperto, una torcia recentissima ma, se la batteria non è ben inserita, non ci sarà luce. Oltre la mente, oltre la ragione, oltre la coscienza ed il senso dell’«io», c’è l’Ātma, la Realtà, l’«Io» cosmico o Dio.

[3] La conoscenza razionale, accumulata attraverso l’uso dei sensi, conservata e vagliata dalla ragione, è soltanto illusoria; è conoscenza materiale e secolare, soggetta a correzione e mutamento. Anche la conoscenza dei cinque elementi (terra, acqua, fuoco, aria e spazio), ottenuta tramite i cinque sensi che sono strutturati in modo da cogliere la caratteristica specifica di ogni singolo elemento (terra-odore, acqua-gusto, fuoco-forma, aria-tatto, spazio-suono), è puramente illusoria. Come potete essere soddisfatti di vivere in questo mondo ingannevole dove potete contare solo su una conoscenza illusoria? Realizzate ‘Quello’ che trascende ogni illusione, che è il Creatore, che si manifesta nell’illusione e attraverso di essa. La conoscenza secolare riguarda il temporaneo, il particolare, il finito, l’individuale; come può rivelare l’Eterno, l’Universale, l’Infinito, l’Assoluto? I Veda danno la risposta. Essi ci chiedono di analizzare la nostra esperienza di sogno; i sogni sono irreali, illusori, eppure l’esperienza è reale e valida finché stiamo sognando. Spesso nei sogni, per effetto dell’esperienza illusoria stessa, si viene a creare una percezione estrema per la paura o l’orrore, il dolore o l’eccitazione, tanto che chi sta sognando si sveglia e il sogno è così distrutto. Che cosa ha causato il risveglio? Il sogno ha contribuito a distruggere il sogno stesso. Allo stesso modo, in questo ‘sogno a occhi aperti’, nel mondo illusorio in cui ogni esperienza di veglia è ritenuta vera e valida, il grido dei Mahāvākya, i grandi assiomi dei Veda sulla Suprema Realtà, risvegliano l’uomo e lo elevano a una consapevolezza superiore.

[4] Alcune delle domande che mi sono state trasmesse riguardano la Creazione e la sua origine. Se riuscite a comprendere come nasce il sogno, allora capirete come ha avuto origine la Creazione. Il sonno è la causa del sogno; la Māyā, il Divino Potere dell’illusione, è la causa di questa Creazione! Pertanto l’universo è irreale quanto un sogno. È solo relativamente reale, non è reale in modo assoluto.
I Saggi vedici, grazie all’illuminazione dei loro intelletti purificati, nella loro estasi hanno affermato, affinché tutti gli uomini ne venissero a conoscenza:

  Tat tvam asi: 	Tu sei Quello
  Prajñānam Brahma:	La suprema Consapevolezza è il Brahman
  Ayam Ātma Brahman:	Questo Sé è il Brahman
  Aham Brahmāsmi:	Io sono il Brahman, Io sono il tutto, 
  			il Supremo, l’Uno senza secondo.

Quando queste asserzioni, profondamente toccanti, vibrano nel cuore, l’uomo si risveglia alla visione della Verità. Comprendere che voi siete il Sé, che non c’è null’altro che il Sé, ovunque e sempre, questa è la realizzazione di sé, ovvero è Ātma sākshātkāra, l’auto-realizzazione: realizzare il Sé attraverso il vostro stesso sé, cioè la realizzazione di voi stessi come Sé. Questo è anche chiamato Bhūma, Illimitato, Immutabile, non toccato dall’influsso di spazio e tempo, mentre Bhūmi, ovvero questa terra, è limitata, ha un passato e un futuro diverso dal presente, quindi non potrà mai rivelare la Verità. Solo l’Illimitato e Immutabile (Bhūma) può rivelarla; vivete dunque in Bhūma, respiratelo, pensate, progettate e agite nell’Illimitato, nell’Immutabile che è in voi!

[5] Voi stessi siete il fulcro dei vostri desideri e attività. Aspirate alla felicità a vostro beneficio; la Verità è in voi stessi, ma anche se cercate di rendere gli altri felici, in realtà è la vostra felicità che cercate! Ad esempio, a voi piace una certa camicia non per la camicia in sé ma per voi stessi, e sicuramente non desiderate un dolce per amore del dolce! La madre coccola il bimbo per la sua stessa soddisfazione; voi anelate a Dio non per amor Suo, ma per amor vostro. E cos’è questo ‘Voi’ che desidera, serve, cerca, aspira, che è soddisfatto, compiaciuto o felice? È l’«Io» che fa dichiarare a voi e a tutti gli esseri coscienti «io, io, io». Ma voi ignorate questo «Io» e affermate di essere il corpo con tutti i suoi annessi e connessi. Questa ignoranza, tale erronea concezione sorge da quello stesso Principio che vi ha dotato di luce e saggezza! Il Sole produce la luce come pure le nubi che lo nascondono alla vista. L’occhio che vede produce la cataratta che offusca e impedisce la vista. Dallo stesso Principio Ātmico, che illumina e vivifica, nasce Māyā, l’illusione che cela e confonde. Il fuoco della brace crea la cenere che va a ricoprire la brace stessa, ma noi possiamo soffiar via la cenere e riportare la brace alla luce; possiamo rimuovere la cataratta, e le nubi vengono spazzate via dai venti. Allo stesso modo, anche il velo dell’illusione che occulta l’«Io» interiore alla coscienza, che cela l’Ātma alla consapevolezza, può essere eliminato grazie alla disciplina spirituale.

[6] A proposito di disciplina spirituale, ho qui numerose domande: “Noi serviamo gli altri alleviando i loro dolori e problemi; diamo cibo agli affamati, ai poveri e siamo impegnati in numerose attività benefiche: tutto questo non è sādhanā?” Ma questo non è servizio agli altri, è servizio a voi stessi! Qualcuno v’invita a cena e annuncia: “Ho offerto una cena a tutti i delegati!” Però, anch’egli si è seduto e ha mangiato con loro, ha servito anche sé stesso mentre serviva gli altri, non è vero? Infatti ha ricavato gioia dalla cena che ha organizzato, quindi alla fine si è trattato di un atto di servizio reso a sé stesso. Se sentite che non è ‘l’altro’ che state servendo, bensì voi stessi, il servizio sarà migliore e più efficace; quindi consolidate sempre più questa attitudine nella mente. Se fate del bene, riceverete il bene da chi vi circonda e dall’Entità Universale, Dio. Se fate il male, riceverete il male. Il Divino non fa altro che riprodurre l’eco, il riflesso e la reazione; Dio non ha prediletti o favoriti né pregiudizi.

[7] Il pensiero crea un desiderio, il desiderio crea una forma attraverso la quale si manifesta. Abbiate buoni pensieri, così avrete desideri con forme buone. Ahalyā era stata trasformata in una pietra da molti anni a causa della maledizione di suo marito; tuttavia nella pietra continuava a persistere il pensiero umano che venne nuovamente trasformato in forma umana, grazie al tocco del piede di Rāma. Se Ahalyā fosse diventata una pietra senza alcuna traccia di pensiero, non ne sarebbe più riemersa come donna. Dunque, finché tutte le tracce di pensiero non saranno distrutte, la forma sorgerà, crescerà per poi declinare; in altre parole, nascita e morte saranno inevitabili! Il Rāmāyana dà un altro esempio del potere del pensiero. Rāvana era un grande personaggio che aveva una profonda conoscenza dei testi sacri e che osservava scrupolosamente i riti. Ogni mattina girava intorno ai templi di Shiva, conosceva a fondo i quattro Veda e i sei Shāstra, tanto che veniva elogiato e descritto come dotato di dieci teste! La regina Mandodhari si doleva della sconfitta e della morte del marito per mano di un uomo semplice alla guida di una banda di scimmie. La regina aveva appreso dalle Scritture che la morte per annegamento, caduta da un albero o per opera delle scimmie avrebbe trasformato il defunto in un fantasma errante nei regni delle tenebre, perciò si chiedeva come mai un simile fato si fosse abbattuto su uno studioso e un devoto così pio come Rāvana. Poi Mandodhari comprese che la scintilla della concupiscenza che il marito ancora ospitava nel cuore aveva ridotto in cenere tutta la sua sapienza e devozione; Rāvana non era stato capace di controllare i sensi e di sublimare gli impulsi sensoriali. Un bue che non accetta il giogo, un cavallo che non obbedisce alle redini, un’automobile senza freni e una persona priva di autocontrollo, vanno tutti incontro al disastro! Seguite una disciplina regolare per controllare i sensi e le emozioni, non date retta a chi vi deride per il vostro nuovo modo di vivere; molti potranno additarvi e ridere: “Guardate quell’uomo! È diventato un grande devoto Sai! Guardatelo come recita e canta i bhajan!” Ma voi mantenete ferma la vostra visione e forte la volontà; non deviate, procedete diritto.

[8] Tra le domande consegnatemi, alcune chiedono quale Nome divino adottare per la recitazione: il Nome di Rāma, Namashivaya dalle cinque sillabe, Om Namo Nārāyana di otto sillabe oppure un altro da Me suggerito. Le Scritture hanno già dato una buona risposta: Dio è Uno senza un secondo; quindi potete adorarlo secondo la vostra immaginazione e a vostro piacere, perché Egli non muta. Non cambia a seconda del Nome con cui lo adorate o delle Forme con cui lo raffigurate. Ci sono molti dolci con innumerevoli nomi e forme, ma lo zucchero è l’unica sostanza che li rende tutti dolci; potete preferirne uno all’altro, benissimo, ma non condannate e non ostacolate le scelte altrui. Potete adorare Krishna se quel Nome e quella Forma vi danno una gioia più grande o un’emozione più forte, ma non obiettate se un fratello adora lo stesso Dio con un Nome diverso: Rāma, Vishnu, Shiva o qualsiasi altro; egli ha lo stesso diritto che avete voi di adorare Dio nella Forma che più ama. L’efficacia non risiede nel mantra, nel Nome e nella Forma su cui vi concentrate, risiede nel cuore, nell’anelito, nella sete. Dio assumerà la Forma e risponderà al Nome che agognate! Tale è la misura della Sua grazia. Quando il bimbo nella culla piange e geme, la mamma che si trova sulla terrazza correrà giù per cullarlo e nutrirlo; non si fermerà per capire se il pianto è nella nota giusta o in chiave corretta. Anche la Divina Madre dell’universo discenderà dal Suo trono regale per consolare il figlio, a condizione che l’anelito provenga con sincerità da un cuore puro; non controllerà la correttezza della pronuncia del mantra o l’accuratezza con cui il Divino viene raffigurato; quello che conta è il sentimento del cuore, non il tempo dedicato o il denaro speso. La vostra disciplina spirituale deve essere sincera, sorretta da un’aspirazione vera; non cercate di imitare gli altri. Non siate sollecitati dalla competizione o dal desiderio di esibirvi. “Quel solista di bhajan conduce la processione del mattino due volte la settimana; facciamolo anche noi, due volte, anzi tre.” Simili rivalità o esibizionismi vanno abbandonati. Altri vogliono screditare alcune Unità che svolgono un buon lavoro perché non sopportano che si siano fatte una buona reputazione, perciò per pura cattiveria cercano di danneggiarle e nuocere al loro lavoro. Ma c’è un altro modo per far primeggiare la propria Unità. L’insegnante traccia una linea sulla lavagna e invita gli allievi a renderla più corta senza però toccarla. I ragazzi sono confusi, ma egli mostra loro come si fa: disegna un’altra linea più lunga un po’ sopra la prima, che così delle due è diventata la più corta. Che la vostra Unità renda più servizio in modo più efficace a molte più persone! Questa è la maniera giusta di operare: niente calunnie o critiche, solo lavoro!

[9] Quello che ora vi dirò, in risposta a un’altra vostra domanda, potrebbe addolorare qualcuno di voi, ma ritengo che la verità debba essere detta. Alcuni sono attratti da varie discipline, quali Hathayoga, Kriyāyoga o Rājayoga, che affermano di aiutare l’uomo a realizzare il Sé. Devo dirvi però che nessuna di queste vi farà realizzare Dio, e ve lo ripeto ben chiaramente! Solo Premayoga, la disciplina dell’Amore, può condurvi a Dio. Gli altri metodi possono calmare temporaneamente le agitazioni mentali, migliorare la vostra salute e prolungare di qualche anno la vita, ma è tutto quello che possono fare. Cosa sperate di ottenere di buono dal corpo in quegli anni supplementari? Se manca l’amore, essi vi graveranno addosso come pesanti fardelli; se invece coltiverete l’amore, il corpo potrà essere utilizzato per servire il prossimo senza preoccuparvi dei suoi interessi. Il corpo va protetto e sostenuto per svolgere il servizio che l’uomo può offrire al suo prossimo o per realizzare l’Ātma nel periodo in cui lo occupa. Alcuni osservano una rigida disciplina nella pratica spirituale e seguono orari rigorosi per la recitazione, la meditazione, ecc. Certamente è una buona consuetudine, ma non restate attaccati ai vostri orari e programmi se vi chiamano per aiutare qualcuno che abbia urgente bisogno di essere assistito. Se per servirlo tralasciate la meditazione, ne avrete maggior beneficio. Se credete che la persona vicino a voi, che soffre ed ha bisogno di conforto, vi disturbi e vi spostate altrove dove la vostra meditazione non sia infastidita, siate certi che non ne raccoglierete alcun merito. Avrete sicuramente commesso un’azione sbagliata e non meriterete la grazia. Se Dio stesso discende per servire l’uomo, sarà ben felice se anche voi lo fate. Impegnatevi in quelle attività che compiacciono Dio, che sapete gli fanno piacere, non in quelle che fanno piacere a voi. Dio si compiace della Verità e del Dharma. Il Dharma protegge chi protegge il Dharma. Pertanto siate consapevoli del vostro Dharma e osservatelo! Evitate affermazioni improprie e non ostentate la vostra devozione. Secondo un proverbio telugu, alcuni devoti sono conformisti rigorosi finché ascoltano le prediche ma, non appena i sermoni sono finiti, le vecchie tendenze e le cattive abitudini s’impadroniscono della loro mente influenzandone il comportamento. Se vi allontanate da questa atmosfera d’amore, tolleranza, umiltà e riverenza, c’è il rischio che perdiate queste qualità, perciò tenetele strette, siate determinati! Il desiderio di compiacere gli altri, di ottenere la loro stima o di fornire loro un’immagine falsa di voi stessi non deve sorgere e svilupparsi nella mente.

[10] Se cercate d’ingannare un altro, ricordate che comparirà qualcuno che imbroglierà pure voi. Una volta c’era un ladro esperto di tutti gli stratagemmi e trucchi del mestiere. Un giorno, dopo essersi impadronito di molti oggetti di valore, ne fece un fagotto e s’incamminò per una strada deserta con il bottino sulla spalla. Lungo il percorso vide un bambino che piangeva disperato sulla sponda di un lago. Il ladro si avvicinò e disse: “Perché piangi?” Il bimbo rispose (ricordatevi che non è l’età, è l’intelligenza che conta): “Ero venuto qui a fare il bagno, ma la mia collana d’oro è scivolata in acqua proprio là dove mi sono tuffato, e quel punto è troppo profondo per me!” Il ladro pensò che avrebbe potuto prendersi anche quella collana, visto che il bambino era un minimo intralcio; perciò appoggiò il suo fardello sulla riva ed entrò in acqua per recuperare la collana; intanto il bambino afferrò il fagotto e, dopo una breve corsa, scomparve nella foresta. Il ladro tornò a riva indispettito perché la collana era stata solo un espediente, e scoprì di essere stato derubato! Chiunque inganni, incontrerà qualcun altro più scaltro di lui.

[11] Scritto su un foglietto, ho qui un suggerimento consegnatomi da un delegato: ‘A Prashānti Nilayam dovrebbero essere istituite lezioni regolari di meditazione per addestrare tutti gli associati, in modo da poter diffondere la meditazione in tutto il Paese’. Questo suggerimento mi ha fatto ridere. C’è qualcuno che possa addestrare un altro nella meditazione? È possibile insegnare la postura, la posa, la posizione di gambe, piedi, mani, collo, testa o schiena, il modo di respirare e la frequenza, ma la meditazione è una funzione interiore che implica una profonda quiete soggettiva; significa svuotare la mente e colmarsi di quella luce che emerge dalla scintilla divina interiore. È una disciplina che nessun libro di testo può insegnare e nessuna lezione può comunicare. Lezioni di meditazione! Chi le tiene non sa cosa sia la meditazione, e chi vi partecipa non si preoccupa di saperlo! Purificate le emozioni, rendete limpidi i vostri impulsi, coltivate l’amore; solo allora potrete diventare padroni di voi stessi. Quel dominio o controllo è lo scopo, il processo della meditazione!

[12] La madre può sedersi vicino al bambino e pronunciare parole che lo incoraggino a parlare, ma il bimbo deve usare la propria lingua e metterci il proprio impegno. Allo stesso modo, una persona può insegnarvi a sedere con il busto eretto, le gambe incrociate, le mani distese, il respiro regolare e lento, ma chi può insegnarvi a controllare la mente bizzosa? La mente è molto sottile e vasta, leggera e pervasiva, svolazza qua e là a ogni soffio di desiderio. Si comporta come un batuffolo di cotone che non abbia neppure il peso dei semi per tenerlo giù; è più leggera di un filo e vaga senza limiti. Perciò, se volete controllarla, dovete attaccarle qualcosa di pesante. Il corpo che la ospita è pesante, senza dubbio, ma la mente è instabile e libera, capace di fuggire lontano come più le piace. Alla mente bisogna assegnare qualche compito ‘pesante’ per trattenerla: questo lavoro è chiamato meditazione. Fissate la mente sopra il labbro superiore, tra le narici. Inspirate dalla narice sinistra tenendo chiusa la destra con il pollice destro; nell’inspirare il respiro stesso afferma ‘So’ che significa ‘Egli’. Espirate poi dalla narice destra chiudendo quella sinistra; nell’espirazione il respiro afferma ‘Ham’ che significa ‘io’. Inspirate ed espirate lentamente, consapevoli dell’identità tra ‘Lui’ (il Signore) e ‘io’ (voi stessi), finché il respirare e l’essere consapevoli diventino un’operazione automatica. Tenete la mente di guardia, come un sorvegliante, per osservare il respiro che entra ed esce, per ascoltare con l’orecchio interiore il So-ham che il respiro mormora e per avvalorare l’asserzione che voi siete il Divino, il quale è il cuore dell’universo. Questa è la meditazione che vi renderà vittoriosi.

[13] Quando la meditazione su So-ham si è consolidata, potrete cominciare a concentrare la mente sulla Forma della vostra Divinità prediletta. Visualizzate quella Forma dalla testa ai piedi impiegando almeno quindici o venti minuti, soffermandovi su ogni parte del corpo, e fissandola con chiarezza nel vostro cuore; poi proseguite all’inverso dai piedi alla testa, seguendo la stessa modalità. Questo vi aiuterà a stabilire la Forma sull’altare del vostro cuore. Allora in tutti vedrete solo quella Forma, in tutti gli esseri troverete soltanto Lui: realizzerete l’Uno espresso nei molti.

Shivoham, So-ham, io sono Shiva, io sono Quello, solo Egli è.

[14] Ecco qui un’altra domanda posta da un musulmano, vice-presidente del centro Sathya Sai Sevā della sua città, che chiede se può partecipare alla processione mattutina, alla meditazione ed ai riti che il suo centro ha programmato. Se desidera, può farlo; se invece sente che questo è in contrasto con le sue convinzioni, non occorre che lo faccia. Non si deve abbandonare il proprio credo neppure in caso di derisione o di persecuzione. Egli può continuare a svolgere le pratiche religiose secondo la sua fede in privato, a casa propria, senza sentirsi costretto a sottoporle all’attenzione degli altri. Tutte le religioni sono in relazione tra loro e in debito l’una verso l’altra per i principi che insegnano e per le discipline che raccomandano. La religione Vedica fu la prima; il Buddismo, che apparve circa 2500 anni fa, fu suo figlio, e il Cristianesimo, che venne molto influenzato dall’Oriente, fu il nipote. L’Islam, che come propria base ha i profeti del Cristianesimo, fu il pronipote. In ogni caso, tutte insegnano l’Amore come disciplina essenziale per purificare la mente, affinché l’uomo possa fondersi nel Divino.

Conferenza Nazionale, Prashānti Nilayam, 22.11.1970

discorsi/1970/19701122.txt · Ultima modifica: 2016/07/15 22:51 da sathyamax