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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1991:19910212

19910212 - 12 febbraio

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Nel mondo senza essere del mondo

Come l'olio è presente nel sesamo,
come il ghi è già nel latte,
come la fragranza sta nel fiore,
come il succo è nel frutto,
come il fuoco è latente nel legno,
allo stesso modo, Dio è immanente in tutto il Creato (Prakriti).
Fate vostra questa verità e credeteci fermamente.
Esattamente come nel mondo fenomenico,
Dio è inerente in tutto,
anche se non viene visto,
sotto forma di divino potere.
Come il filo di una collana di diamanti
passa attraverso di essi e li tiene insieme,
così Dio, sebbene invisibile,
pervade tutto l'Universo e lo sostiene.

* * *

Il Creato manifesta Dio

Incarnazioni del Divino Amore e dell'Atma!

Tutto il Creato è la prova della Volontà del Signore, alla quale è stato dato il nome di Prakriti, Natura o Creazione.

Ciò sta a significare che tutta la Creazione è un'espressione del Volere del Signore (Ishvara). Ogni essere vivente, che ha preso vita in questa Creazione, deve necessariamente recare l'impronta del Signore. L'uomo è venuto al mondo per rendere manifesta la Volontà del Signore.

Se il seme germoglia dando origine ad un albero che avrà i frutti predisposti da quel seme e dal suo programma, si può dire che tutte le componenti della pianta - tronco, rami e ramoscelli, foglie e tutto il resto - in un certo senso, sono inclusi nel germoglio stesso. Similmente, Dio è il seme di tutta la Creazione; in ogni essere umano Egli è presente come un seme che si sviluppa nelle ramificazioni delle qualità divine (guna) e nei fiori dell'Esistenza, della Coscienza e della Beatitudine (Sat-cit-ananda). Questi tre elementi sono la risultante della fioritura e della maturazione dell'uomo.

Perché un seme possa germogliare e diventate prima una pianticella e poi un albero, ha bisogno di terra e di acqua. Cosi pure, perché il seme divino presente nell'uomo possa crescere e svilupparsi nell'albero che ha i fiori dell'Esistenza, Coscienza e Beatitudine, ha bisogno di devozione (Bhakta) e fede (Shraddha). Il senso umano consiste semplicemente nel volgere il proprio pensiero a Dio. La Divinità va sperimentata interiormente. La condizione umana rappresenta la piena fioritura dell'infinito potenziale di Dio, insito in ogni uomo, il quale è uno degli infiniti raggi del Signore. L'uomo che non riconosce la propria essenza divina spreca l'esistenza inseguendo beni materiali e caduchi, comodità e altre cose banali.

La vita spirituale

Che cosa si intende per “spiritualità”? È un viaggio avventuroso nel mondo dello Spirito, alla ricerca della coscienza cosmica. La spiritualità mira a porre l'uomo nella condizione di esprimere la coscienza assoluta e pura del Divino (chaitanya) in tutta la sua pienezza. Obiettivo della spiritualità è la distruzione delle tendenze animalesche rimaste nell'uomo, permettendogli così di esprimere appieno la sua natura divina. Dalla spiritualità deve nascere un'armonia che infranga le barriere fra Dio e la Natura, e ne stabilisca la profonda unità.

Per raggiungere la più alta vetta della santità, è essenziale la devozione. Che cosa si intende per “devozione”? La devozione tende a risvegliare nell'uomo la coscienza del Divino (Ishvara), il Principio dell'Assoluto che si personalizza nella mente umana. Si tratta di devozione quando tutte le attività sono protese ad orientare in modo stabile la mente verso Dio. Non è invece devozione ricordarsi di Dio, pensare a Lui o recitare il Suo Nome per la soddisfazione di un desiderio materiale o per ottenere delle comodità fisiche o per interesse. La devozione è la piena manifestazione del Divino, riconoscibile nell'uomo sotto il marchio dell'Esistenza-Coscienza-Beatitudine (Sat-cit-ananda).

Nel suo discorso, Anil Kumar ha detto che quando si usa la parola “Dio” non si intende qualcuno che abiti in una terra distante, ma che Egli dimora nel nostro stesso corpo. Malauguratamente, da tempo immemorabile l'uomo considera solo l'aspetto esteriore delle cose e, dimenticando la Realtà Divina che sta dentro di lui, imposta la sua vita confidando in ciò che è terreno. Vittima delle sue stesse qualità, di cui è prigioniero, spreca la vita.

Chi è immerso nella vita spirituale, rimane indifferente al mondo fenomenico (Prakriti). L'uomo è condizionato dalle tre qualità costitutive della natura (guna). Chi vuole raggiungere Dio, deve superare le inclinazioni proprie della natura. La conversione spirituale consiste nel trasformare una mente incatenata alla natura in una mente legata a Dio. Siate fermamente convinti che in questa trasformazione sta la vera conversione dell'uomo. Dio è sinonimo di “Bontà”. In realtà, quando si parla di coscienza e del suo potere, si deve intendere la consapevolezza di essere la Divinità in lui inerente, della quale dovrebbe fare esperienza e con Essa godere una vita di unione.

La massima parte delle persone non ha capito veramente il corretto significato di spiritualità, devozione e abbandono. Come può riconoscere il Divino chi è immerso in desideri mondani? Egli può essere raggiunto solo per mezzo di uno sforzo costante. In ogni frammento di questo mondo, in ogni atomo della Creazione, in ogni momento della sua vita, I'uomo dovrebbe esprimere la Divinità che rifulge in lui. Solo in quel caso la vita sarà santa. Ciascun devoto consideri una mente pura come la dimora del Signore, riempia la sua mente di puri, santi e divini pensieri. Solo allora la vita dell'uomo sarà interamente redenta.

Il chataka è un uccello che si disseta esclusivamente alle gocce d'acqua che cadono durante la stagione delle piogge. Appena adocchia dei nuvoloni nel cielo, si lancia nella sua avventura. Ci sarebbe tanta acqua per lui sulla terra; ci sono laghi, bacini e fiumi, ma il chataka non ama l'acqua inquinata. Aspetta le acque pure del mese di Karttika; la sua non è una devozione impura. Egli va ad abbeverarsi direttamente alle gocce che cadono dalle nuvole, piuttosto che servirsi dell'acqua stagnante o di quella che ha toccato la terra. Non teme il terribile fragore dei tuoni e neppure l'abbaglio dei lampi. Impavido e inalterabile, senza sbandate, mira solo alle gocce di pioggia, le beve appena le nuvole le lasciano cadere e inonda l'aria di un canto allegro e di trilli melodiosi.

Il chataka è un simbolo di amore puro. Anche i veri devoti, per raggiungere Dio, debbono compiere con decisione una penitenza analoga. Come il chataka, al fine di bere la divina estasi che viene dal Signore, il vero devoto deve anelarvi con la medesima intensità e determinazione, superando ardue prove. Non deve mai sprecare la vita inseguendo la caducità delle cose materiali.

La vita umana è preziosa come l'oro, ma bisogna verificare se è di ottima qualità o no, saggiandola alla pietra di paragone della devozione. Anziché seguire questo facile e auspicabile sentiero, l'uomo si mette su una strada impervia, sprecando tutta la vita nel più completo oblio della meta che deve raggiungere. L'uomo non è semplicemente un essere umano; in verità, è Dio, ma orienta il potere divino che ha in sé verso le cose del mondo, macchiando e corrompendo la Divinità interiore. Egli dovrebbe far fluire in sé pensieri divini e non farsi travolgere dalle cose materiali, seguendo il sentiero spirituale per raggiungere lo scopo della vita.

Una sola Realtà dietro molti nomi

(Cantando)

Che si chiami

  • Coscienza Cosmica (Chaitanya),
  • Colui che conosce il campo
  • e vi abita (Kshetrajna),
  • Sapienza Suprema (Jnana),
  • “lo Sono” (Ahamkara),
  • Sommo Signore (Ishvara),
  • Vishnu,
  • Pura Beatitudine (Ananda),
  • Eccelsa Dimora (Paramapadam),
  • Natura (Prakriti),
  • Energia Primordiale (Adi-shakti),

sono tutti nomi diversi per indicare lo Spirito Supremo (Atma).

In principio, non aveva nomi.

Come la luce irradia da un diamante attraversandolo e proiettandosi all'esterno in tante sfaccettature, così l'Atma invia i suoi innumerevoli raggi, pur essendo unico. Moltissime sfaccettature, un solo diamante. Lo stesso vale per lo Spirito: nomi diversi e forme diversificate esprimenti l'unica Sua bellezza In verità, tutto ciò che esiste nel mondo è un complesso di forme che esprimono la stessa Realtà dell'Essere-Coscienza-Beatitudine (Sat-cit-ananda svarupa).

L'uomo, però, a causa del suo attaccamento al corpo, alle illusioni da esso perpetrate e ai desideri materiali ivi connessi, va smarrendo la coscienza della propria natura di Sat-cit-ananda.

L'uomo d'oggi è come un cavaliere che voglia cavalcare due cavalli allo stesso tempo: da una parte anela al Divino, dall'altra desidera soddisfare i piaceri mondani. Persino un gran devoto oggi pretende di avere sia il Signore Supremo (Paramatma) che il creato (Prakriti). Si scorda che la creazione è contenuta nel Creatore e, vittima di questa dimenticanza, insegue il mondo della materia, considerandola come qualcosa di estraneo a Dio. Così si comporta come quel pazzo che implora del ghi, mentre ha in mano il latte, lungi dal capire che nel latte c'è anche il ghi!

Non basta il latte?

(Cantando) Perché volete comprare una mucca ordinaria,
quando potete avere la mucca divina
che vi dà tutto il latte che volete,
ogni volta che lo desiderate?

La vera Conoscenza non parte dai libri

I devoti e gli aspiranti (sadhaka) del giorno d'oggi seguono lo studio dei Veda e delle altre Scritture per pura abitudine, ma non mettono in pratica un solo insegnamento. Ostentano tanta fede nei testi sacri, come le Upanishad, il Corano, la Bhegavad Ghita, ma non ne seguono i consigli. Costoro sono ciechi, che parlano di un mondo che non sono in grado di vedere. Si possono forse ritenere dei sapienti solo per le descrizioni su Dio che ricavano dai Veda o dalle Upanishad, mentre tutta questa dottrina non si riflette nella loro vita? C'è forse differenza fra un non vedente e un erudito che si limita a sfogliare libri e ad espone il contenuto? Nessuna. Il primo è affetto da cecità fisica, l'altro di cecità mentale. Quest'ultimo dice di aver studiato molte Scritture, i Veda e le Upanishad, ma a che gli servono? Lo studio delle Scritture deve indurre a metterne in pratica gli insegnamenti. Non basta leggerle e citarle. L'uomo d'oggi si serve dei libri solo per leggere e leggere.

(Cantando)

A che serve ripetere semplicemente
la frase che Dio esiste?
Mettetevi a servizio di coloro
che hanno raggiunto Dio
e anche voi Lo raggiungerete.

Tutti ripetono come pappagalli il nome “Dio”, senza comprenderLo. Dio è sinonimo di bontà. C'è tanta bontà in voi e, se non la manifestate, ci sarà una ragione. Come è possibile capire Dio senza bontà? Per comprendere qualsiasi cosa è necessaria sperimentarla. Un pesciolino nuota allegramente nelle acque profonde del Gange, che per altre creature sarebbero fatali. Il pesciolino non le teme, perché sa nuotare. Un elefante invece, questo grosso pachiderma, nelle stesse acque verrebbe travolto e annegherebbe. Per saper nuotare senza pericolo, bisogna conoscere l'arte del nuoto, bisogna sapersi tuffare nella corrente e rimanere a galla.

Una formichina ad esempio, sa separare lo zucchero dalla sabbia, poiché fa parte delle sue abilità saperli distinguerli quando sono mescolati. Ma un altro animale, per quanto grosso possa essere, non ne è capace, non sa togliere lo zucchero dalla sabbia e, quindi, non ne gode. La stessa cosa capita a chi ha sperimentato la beatitudine dell'Amore Divino e la Sua Grazia. Andrà ancora in giro per altre strade? Solo chi non ha provato l'Amore di Dio continuerà a percorrere strade mondane. Quell'Amore è nell'uomo e tutti i sentimenti e pensieri divini partono dal suo cuore.

Lo Spirito e il mondo

La gente crede che la spiritualità non abbia nulla da spartire col mondo e cosi pure che il mondo non entri a far parte della spiritualità. È un grave errore. La vera Divinità è una combinazione fra spirito e mondo, fra impegni spirituali e obblighi sociali. L'unità nazionale e l'armonia sociale si fondano sulla spiritualità. Creatore e Cosmo sono fra loro in rapporto inscindibile: l'uno non c'è senza l'altro e non è corretto fare una divisione fra Creatore e Creazione. Vedete il Creatore nel Creato.

Questo, per esempio, è un bicchiere. Se vi fermate alla forma, lo vedrete come bicchiere, ma se fate caso al materiale di cui è composto, direte che è argento. Se ci si concentra sul bicchiere non si vede l'argento; se si fissa l'attenzione sull'argento, non si vede il bicchiere. Solo nel momento in cui si vedono e il bicchiere e l'argento come unica realtà inseparabile, si può affermare di aver visto un “bicchiere d'argento”.

Allo stesso modo, senza il Tutto non c'è la parte; senza Creatore, non c'è creazione. Molti oggi, di ciò che vedono rilevano solo l'aspetto materiale e la forma esteriore, mentre sono pochi coloro che vedono nel Creato una proiezione del Creatore. Spesso vi ho fatto l'esempio del pezzo di stoffa. Di che cosa è fatto? Di fili. Quando l'osservate, però, vedete la stoffa, non i fili. Senza argento, non c'è il bicchiere; senza fili, non c'è stoffa; senza Creatore, non c'è Creazione. Ciascuno sviluppi questa capacità di vedere la verità oltre l'apparenza.

Sfortunatamente, i pensieri e i sentimenti degli uomini seguono una direzione opposta. Fino ad ora i sensi vi hanno condizionato e sono stati la ragione della vostra vita; d'ora in poi, controllate i vostri sensi e fateli obbedire ai vostri ordini. Non siate loro schiavi, ma siate voi i loro padroni; controllateli. Solamente l'uomo che controlla i propri sensi può percepire la Realtà ultima. Qualunque porzione di tempo utilizzata per seguire i sensi senza controllarli vi trascinerà in un mucchio di pericoli. La pace verrà meno e i sentimenti divini si affievoliranno.

L'amore di sé

Ogni uomo è incline ad ignorare i propri difetti e, per giunta, li giustifica, mentre tende a considerare come manchevolezze le buone qualità che trova negli altri. Fare l'apologia dei propri difetti, evitando di osservarsi per scoprire gli errori e per verificare a che punto si trova, è una tendenza perversa che abbrutisce l'uomo. La causa principale di questa inclinazione va ricercata nell'egoismo e nell'egocentrismo.

Tutti gli attaccamenti hanno alla loro radice l'amore verso di sé. Qualunque sia l'oggetto del vostro affetto, non l'amate per esso, bensì per la vostra stessa soddisfazione. Chiunque amiate, non è per il bene della persona che dite di amare, ma per il vostro stesso bene. Lo stesso vale anche per il Signore. Credete di amare Dio, mentre, in realtà, amate voi stessi. Se davvero Lo amaste, vi dimentichereste. Il vero amore non è affetto (anuraga). Si può chiamare affetto il sendmento che provate quando andate in cerca del vostro bene. È amore, invece, quando amate in nome dell'amore stesso (Prema). Fra amore e affetto c'è molta differenza.

L'egoismo e l'egocentrismo impediscono all'uomo di vedere le sue qualità divine.

Qualunque tipo di pratica spirituale intraprendiate, qualunque libro leggiate, per quante meditazioni, preghiere o canti facciate, le incrostazioni impure che si sono depositate nel vostro cuore non saranno facilmente rimosse. Potrete sperimentare il Divino, solo dopo che avrete eliminato i cattivi pensieri, i cattivi sentimenti, le qualità negative.

Il fallimento dell'ingrato

L'ingratitudine è il peggior peccato dell'uomo. Essa procura una gran quantità di sofferenze. “Grazie a chi sono arrivato sin qui? - ci si dovrebbe chiedere -. Per merito di chi godo buona reputazione? Chi è responsabile di tutto questo?”. Gli uomini dimenticano le vere ragioni del loro successo e sono ingrati. Chi non ha gratitudine, agli occhi di Dio, è come un morto. La vita di un ingrato, infatti, è simile alla morte. Siate grati alle persone che vi hanno fatto del bene. Domandatevi: “Se oggi sono una persona importante, colta, ricca, se sono diventato un pubblico ufficiale, a chi lo debbo?”. Invece, per egoismo, l'uomo dimentica la verità. Ego, vanagloria e una moltitudine di desideri stanno distruggendo il senso umano nell'uomo.

Incarnazioni del Divino Amore, emarginate l'ego, sviluppate amore, sacrificate l'egoismo. Un po' d'egoismo c'è sempre, ma deve stare entro certi limiti! L'egoismo portato all'eccesso è disastroso. Quando supera il livello di guardia, fa perdere ricchezza, nome, fama e l'affetto dei parenti. Infinite sono le sofferenze prodotte dall'egoismo. L'uomo inficiato d'egoismo non vedrà mai il successo, si macchierà di numerosi peccati; tutti lo emargineranno dicendogli: “Vai all'inferno! Solo chi è inutile come te ti potrà essere d'aiuto e d'incoraggiamento, ma i buoni ti diranno che non servi a niente. Via di qua! Vattene!”.

I sentimenti che si esprimono dipendono dal tipo di compagnia che si frequenta. “Dimmi con chi vai, e ti dirò chi sei”. Non lasciate le sante e divine compagnie per lasciare il posto a quelle non buone. Oggi si è perso persino il rispetto per il padre e per la madre. Insensati coloro che non amano e non rispettano i genitori che han dato loro tutto, vita, nutrimento ed educazione! Tutte le Scritture hanno affermato: “Rispetta tua madre, tuo padre e il tuo maestro”. Chi non rispetta i propri genitori è simile ad un morto. Giacché i genitori, la cui funzione è rilevante per avere un corpo fisico, sono emersi dalla Divina Sorgente, anche la società, dunque, ha la stessa origine divina.

Conoscere le Scritture per viverle

Molte correnti filosofiche, quali l'Advaita, la Samkhya e altre, sebbene diverse fra loro, hanno in comune la fede nella potenza del Nome del Signore come Keshava. Si dice che questo nome sia il fondamento di tutto. Perché questo nome è tanto particolare? Esso è composto da tre parti: Ka + Isha + Va. Ka sta per Brahma, Isha sta per Ishvara e Va sta per Vishnu. Così Keshava è un nome che comprende i tre elementi di Creazione, Preservazione e Dissoluzione dell'Universo: unità nella Trinità. L'uomo d'oggi non penetra il profondo significato di parole come Keshava.

Incarnazioni del Divino Amore, dedicatevi alla lettura delle Sacre Scritture (Shastra) e studiate le Upanishad e i Veda. Non leggetele per il semplice gusto di leggerle o per un'abitudine meccanica. Ci sono molti predicatori oggi che ingiungono la lettura della Ghita o di altri testi sacri, ma loro non ne hanno afferrato il significato. Così, per dei maestri tanto ignoranti, anche i discepoli ricadono nella stessa ignoranza. A che scopo leggere per una routine giornaliera (parayana) e ripetere come pappagalli gli insegnamenti, senza metterli in pratica? Vi comparirà forse del laddu in mano, continuando a ripetere la parola “laddu”? Se volete andare a Madras, ci arriverete forse stando seduti a ripetere “Madras, Madras,…”? Dovrete mettervi in viaggio, se vorrete raggiungere quella città! Anziché citare a memoria centinaia di versetti, non sarebbe meglio viverli nella pratica dopo averne colto l'intero significato…?

Prendiamo, per esempio, l'espressione Satcitananda. Bisogna capirla a fondo. Sat si riferisce al Supremo Essere, il Sommo Sé (Paramatma); Cit si riferisce al Sé individualizzato nell'incarnazione, l'anima dell'individuo (Jivatma). Quando Sat e Cit si combinano, cioè quando l'Essere Assoluto entra in stato di unione con l'anima dell'individuo, allora e soltanto allora c'è Beatitudine, Grazia Divina (Ananda). Ma se il Divino rimane nel Suo ambito di Divinità e l'essere individuale rimane nella sua individualità, come può scaturire la Grazia? Non resta che tristezza e dolo^ re. Bisogna provocarne l'incontro e far si che i due si uniscano. Per avere luce, serve una lampadina e l'elettricità. Quando la lampadina viene messa in contatto con l'elettricità, si ottiene la luce. Sarebbe sciocco pretendere di avere la luce, tenendo in mano la lampadina e dire “Voglio la luce!”.

Un ricco conservava tutti i suoi tesori in una cassaforte di ferro che teneva in casa e portava la chiave con sé, legata alla cintura. I ladri penetrarono nella casa. Erano in dieci e portarono via la cassaforte, caricandola su un camion. Quel ricco stupido era felice di avere con sé la chiave e diceva: “Portino pur via la cassaforte. Tanto ho io la chiave!”. Che stolto!

Oggi, ci sono dei devoti e degli aspiranti che somigliano a quel ricco stolto. “Conosco varie Divinità, - dicono - leggo molti passi scritturistici e ne possiedo la chiave d'interpretazione”. Ma è solamente con la pratica che si capisce ciò che si legge, ed oggi la pratica è ridotta a niente. I pensieri malvagi hanno invaso tutto e ogni luogo.

Un celebre studioso stava leggendo lo Shamad Bhagavatam. L'autore del Bhagavatam descriveva la danza rasa del Signore Krishna. I giochi divini erano carichi di bellezza ed espressi in un linguaggio appropriato. L'uditorio era composto da un gran numero di signore e signori. Ci fu un punto nella descrizione dei rasa-lila che riempì di ilarità tutto il pubblico. Tutti risero divertiti, ma una donna, una vedova, piangeva. L'esegeta che dava spiegazione del Bhagavatam pensò tra sé: “Se quella signora è tanto presa dall'emozione, dev'essere profondamente devota”. Ritenendo che fosse l'unica vera devota fra tutto il pubblico, credette opportuno chiamarla sul palco e le disse: “Madre, tu sei veramente compresa di profonda devozione per il racconto dei lila del Signore. Vedo che versi lacrime di gioia. Spiega al pubblico i tuoi sentimenti divini”. E la donna rispose: “Io, veramente, non ho capito nulla di ciò che avete detto”. “Allora, perché piangi?”, le chiese lo Shastri. “Il libro che avete fra le mani - continuò la donna - è molto antico e dentro c'è un filo nero. Quando l'ho visto, mi ha ricordato il filo nero che mio marito portava intorno alla vita quand'era morto…, e mi sono messa a piangere”.

Ecco la devozione dell'Era dell'ignoranza (Kali-yuga)! Non è devozione autentica questa! Qualunque lavoro facciate, consideratelo sacro. Tutta la Creazione è una manifestazione di Dio: consideratela tale, vedetela come Dio stesso e comportatevi come vi comportereste alla presenza di Dio.

Incarnazioni del Divino Atma, voi siete davvero incarnazioni del Divino Spirito, ma i desideri materiali vi hanno trasformati in creature mondane. Se vi piacciono le cose del mondo, godetene come fosse Dio a fruirne. Non create differenze fra voi e Dio, quando Lo adorate: Rama, Krishna o Govinda sono tutti nomi di Dio. Tuttavia, alcuni fanatici del nome di Vishnu si rifiutano di adorarLo col nome di Shiva e viceversa. Smettetela con queste stupide differenze. Gustate l'unità di Dio! Considerate la Creazione come una manifestazione dello stesso Signore: questo è il messaggio della notte di Shivaratrí. Sono i dieci sensi dell'uomo che lo disorientano, spingendolo su un sentiero sbagliato.

Significato di Shivaratri

Nella parola Shivaratri ci sono quattro sillabe. Nella numerologia, che dà un significato a ciascuna lettera, Shi = 5, Va = 4 e Ra = 2; in totale, 11. Il numero 11 rappresenta la somma dei 5 Jnanendriya o cinque sensi, dei 5 Karmendriya o organi di azione, più la mente. Questi 11 elementi sono governati dagli 11 Rudra. Qual è il ruolo di quesd 11 Rudra? È quello di mettere l'uomo in contatto con i desideri dei sensi, calandolo sempre più nella dimensione terrena. Al di là di questi 11, esiste il dodicesimo, il Sé Supremo (Paramdtma), che trascende tutti gli altri. Una volta che si fa aff~damento sul Supremo, si possono padroneggiare i dieci organi di senso e d'azione e la mente. È necessario porre la massima attenzione su quesd dodici pund. Che cavalchi un bue o un uccello, non importa, purché in testa ci sia sempre il Signore in persona. Smettete di ripetere la parola “Linga”.

Dodici sutra

1. uomo, per quanto tu sia ricco ed abbia tante proprietà, esse non ti seguiranno (quando lascerai il mondo), e neppure ti rimarranno vicine.

2. uomo, cercati un rifugio, arrenditi a Colui che distrugge ogni nome e forma (Parva-Shiva) e ti verrà mostrata la via.

3. uomo, rifugiati presso Shiva, il Sé Supremo (Parameshvara): è questo l'ultimo traguardo della vita, la Grazia Suprema dell'esistenza.

4. uomo, è un errore chiedere prestiti e fare pellegrinaggi.

5. uomo, sappi che il Supremo Sé (Paramatma) è la Realtà Interiore dell'anima di un individuo (Jivatma).

6. uomo, rinuncia all'apparenza e all'ostentazione.

7. uomo, prendi visione dell'Atma.

8. uomo, non indugiare; fai brillare la tua vita come una stella.

9. uomo, non raggiungerai Swami leggendo, studiando e facendo ricerche sui libri.

10. uomo, se solo ripeterai il Nome di SAI, Egli ti indicherà la strada.

11. uomo, non prolungare il tuo errore accantonando le Mie parole.

12. uomo, apprendi questa verità che è come fuoco e tieni fissa la mente in Dio.

Ecco i dodici sutra.

Non fate distinzioni fra Shiva e Ranga o fra Rama e Krishna; mentre L'adorate con un nome, non criticate altri nomi, perché Dio è unico, qualunque sia il nome che Gli si attribuisce nell'adorarLo. Adorare un nome mentre se ne insulta un altro non è certo vera devozione! Ma molti devoti del giorno d'oggi hanno una mente ottusa ed il loro atteggiamento è quello di una sètta. Ad un devoto di Rama non piace Krishna e ad un seguace di Krishna non piace Rama. Ma che uomini sono se la pensano in questo modo? E se prima di tutto non sono nemmeno uomini, come faranno a diventare divini? Vi sono certi che dicono: “Quanto mi piace il nome Rama!”; poi piangono di gioia e intanto chiedono soldi nel nome di Rama. Ad un simile commercio del nome di Dio non va offerto nemmeno uno spicciolo! Non prestate ascolto a questi predicatori. Troncate con quelle cattive abitudini.

Riconoscete che Dio abita in tutti gli esseri. Rispettate ed amate tutti e rallegratevi di tutto nella più nobile beatitudine. Sappiate che l'essenza di ogni nome di Dio è una sola ripetete con questo spirito il Nome del Signore. Se vi dedicherete al canto sacro con questa consapevolezza, realizzerete l'unità di tutti gli esseri umani. Nel gruppo dei bhajan un'attenzione particolare dev'essere posta sull'unione di tutti i popoli, nonostante in apparenza siano diversi per cultura e religione.

Noi diciamo che Shivaratri è la notte più fausta. Perché? Essa cade nella XIV notte del ciclo lunare, nella fase di luna nuova. In questa notte, dei sedici aspetti dell'uomo, quindici sono parte integrante della divinità dell'uomo. Ne rimane uno solo, il più facile da raggiungere in una notte come questa: se almeno in quest'unica none riusciste a tenere sotto controllo gli undici sensi, raggiungereste Dio. Se in questa notte teneste lontani tutti i pensieri cattivi e manteneste la mente concentrata sul Nome del Signore, avreste esperienza della Coscienza Divina. Ecco quanto viene significato dalla parola jagarana, “veglia notturna”. Molti si vantano di aver vegliato tutta la notte di Shivaratri, ma sono stati svegli per vedere due o tre spettacoli cinematografici.

(Cantando)

Se passi la notte sveglio
per giocare a carte,
osi chiamarla Veglia notturna?
Se passi la notte in riva al lago
per tendere una rete ai pesci,
credi di aver fatto la Sacra Veglia?
Se uno è ubriaco fradicio,
si può ritenere immerso nel Divino?
Se per un litigio con tua moglie salti la cena,
lo chiamerai Digiuno?

Queste sono caricature del digiuno e della veglia! Queste sono le concentrazioni e le meditazioni del Kali-yuga! Tenere sotto controllo i dodici sensi per dodici ore, mantenendo la mente stabile nel Supremo Sé: questa è la vera Veglia Spirituale. Basterebbe che una persona sola su un milione facesse questa Veglia.

Cercate di osservare con amore e purezza questa Veglia notturna e sperimentate la divina Beatitudine.

(Prashanti Nilayam, 12 Febbraio 1991 - Festa di Shivaratri - Auditorium Purnachandra)
Tratto da Mother Sai - Anno III n° 4 - Luglio-Agosto 1991

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