SathyaSaiWiki - Italia

Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Strumenti Utente

Strumenti Sito


discorsi:1992:19920429

19920429 - 29 aprile

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Soltanto il vero amore ottiene la grazia di Dio

Il Bhâgavata glorifica l’Amore Divino

La Bhagavad Gîtâ dà al mondo un messaggio di unità unico e universale. Essa è diventata popolare dovunque ed è riverita non solo dai bhâratîya, ma anche nei Paesi occidentali. Molte persone hanno adottato, nella loro vita, le ingiunzioni della Gîtâ traendone immenso beneficio.

Liberatevi dall’attaccamento, dalla paura e dalla collera

Il messaggio della Gîtâ non è confinato a un Paese, a una comunità o religione particolari. Diffonde una filosofia universale e si rivolge a tutti gli esseri umani. La vita culmina nella Vittoria se è percorsa sulla via della rettitudine come proposto nella Gîtâ. All’aspirante è richiesto di attenersi a certi princìpi per il suo bene e per quello della società. La Gîtâ insiste affinché il ricercatore abbandoni râga, bhaya e krodha. Râga significa attaccamento, bhaya indica la paura e krodha vuol dire collera. Soltanto la persona che conquista questi tre nemici può manifestare la divinità. Oltre a controllare questi tre, bisogna avere amore intenso per Dio. L’amore non deve essere espresso come formalità; deve essere un’esperienza oltre che un’espressione. Tre sono i passi: jñâtum o conoscere, drastum o vedere e pravestum o immergersi. Voi dovete sperimentare ciò che vedete e assorbirne l’esperienza nel centro del vostro essere.
A causa dell’attaccamento, l’individuo pensa che ci sia qualcosa di diverso da lui, per cui desidera possederlo e, dopo averlo ottenuto, è dominato dalla paura di perderlo. All’inizio, la paura riguarda il possesso di una cosa, dopo riguarda il mantenimento di quel possesso. La persona si arrabbia quando non riesce a ottenere la cosa desiderata o quando la perde; quindi l’attaccamento, la paura e la collera sono inscindibilmente collegati, sono intrecciati. L’attaccamento porta la paura e questa conduce alla frustrazione. Bisogna avere paura soltanto di peccare e non del mondo.
Una volta, una gopî di nome Niraja disse alle gopî sue amiche: “Scacciate il demone della paura. Si dovrebbe avere paura di peccare; perché avete paura del mondo? Dio è entrato nella natura come essere vivente e manifesta la Divinità sulla terra. Le persone possono gridare come corvi; si preoccupa il cuculo se i corvi fanno rumore? Quindi, amiche, non temete il mondo. Noi seguiamo la via regale di desiderare la beatitudine della vicinanza di Krishna; non dobbiamo aver paura di ciò che dice la gente.” Voi dovreste temere il peccato, non il mondo. Dovreste osservare sempre due cose: paura del peccato e amore per Dio.

Soltanto l’amore per Dio è Vero Amore

Madre significa pazienza e tolleranza; ella porta il bambino nel ventre per nove mesi ed è pronta a sacrificare la vita per il suo bene. In sanscrito, la donna e chiamata Strî. Questa parola è formata di tre sillabe: Sa, Ta, Ra. Sa indica la caratteristica Sattva (saggezza, armonia), Ta sta per Tamas (passività) e Ra vuol dire Rajas (dinamismo passionale) e in lei questi tre attributi sono in equilibrio. Anche gli Avatâr nascono dal ventre delle loro madri. Avrebbe potuto Râma incarnarsi senza Kaushalyâ? Poteva Krishna nascere senza Devakî? Quello della madre è il solo amore vero e puro. L’amore terreno non può essere chiamato Prema; è anurâga (passione). Tra di essi, c’è una grande differenza. Le relazioni mondane appartengono, per la maggior parte, alla categoria di anurâga che è attaccamento alle persone, agli oggetti e ai materiali; non è amore nel senso vero del termine.
Nell’amore del marito verso la moglie c’è egoismo; similmente, anche nell’amore della moglie per il marito c’è un certo grado di egoismo. In un modo o nell’altro, in tutti c’è egoismo. Generalmente, le persone provano passione, non amore. L’amore verso Dio è amore vero. La passione è relativa agli oggetti del mondo, mentre l’amore è indirizzato a Dio; la prima è materialistica, il secondo è spirituale. L’intera vita dell’uomo si basa su questa parola di due sillabe: Prema (amore). Le gopî erano esempi perfetti di amore vero perché i loro cuori erano dedicati totalmente al Signore Krishna. Esse non avevano interesse per alcunché oltre a Lui, passavano ogni momento della vita pensando a Lui, desideravano assolutamente vedere Krishna e ammirare la Sua bellissima forma. Così raggiunsero lo Stato supremo della beatitudine. Le persone percorrono grandi distanze per andare in un tempio, ma quando sono di fronte all’idolo devono chiudere gli occhi. Che cosa significa questo? Il devoto deve vedere Dio con gli occhi della saggezza, non con quelli fisici. Proprio quando le gopî chiudevano gli occhi, Krishna scompariva ed esse cominciavano a cercarLo nel giardino, nella foresta e dovunque. Una di loro si fermò davanti a un albero e chiese: “O albero, hai visto Krishna passare di qui?” Questo mostra il loro concetto di Dio. Esse sapevano che Dio è presente nella roccia e nell’albero come nell’essere umano, e credevano fermamente al fatto che tutti gli esseri possono percepire il Signore Krishna.
Un’altra gopî pensò di ottenere l’informazione da un gelsomino: “O gelsomino, per favore, dimmi se Krishna, Che ha la pelle scura e gli occhi di loto, Che spande il nettare della compassione con gli occhi e ha un sorriso affascinante, si nasconde tra le tue fronde!” Vedete? Anche gli alberi e gli arbusti hanno sensibilità; ogni cosa trabocca di vita. Le gopî erano sempre perse nel pensiero di Krishna come l’uccello cakora (pernice rossa) guarda sempre la luna senza curarsi di alcun’altra luce. Alcuni studenti Mi hanno chiesto il significato del fatto che Krishna ruba il burro. Come noi otteniamo il burro dopo aver zangolato a lungo il latte inacidito, zangolando il cuore si può ottenere il burro dell’amore. Questo è il tipo di burro che piace a Krishna. Un giorno, molte gopî andarono da Yashodâ e lamentarono il fatto che Krishna andasse a rubare il burro nelle loro case; Yashodâ prese Krishna per mano e gli chiese con severità: “Se io Ti do un piatto di burro non lo tocchi neppure, ma vai in tutte le altre case a rubarlo. Perché rechi disturbo al villaggio?” Con l’aria del più innocente dei ragazzi, Krishna disse: “Madre, perché Mi rimproveri? Le gopî volevano offrire il burro a Dio e Dio ha accettato l’offerta. Perché dovrei esser punito per ciò?” Questo era senza dubbio l’indizio del fatto che Krishna altro non era che il loro oggetto di adorazione.
Un giorno, persa nei pensieri amorevoli per Krishna, Râdhâ andò ad attingere acqua al fiume Yamunâ. Egli la vide, rise di cuore e la Sua beatitudine (âhlâdam) divenne una fiamma di luce che entrò nel cuore di Râdhâ. Per questo, ella è conosciuta anche con il nome di “âhladini”. Krishna era molto compiaciuto della sua devozione e del suo amore; da allora, le persone considerano Râdhâ sempre collegata a Krishna e Krishna sempre collegato a Râdhâ; sono diventati inseparabili. Grazie alla sacra caratteristica dell’amore, quando parliamo di coppie come Râdhâ-Krishna, Sîtâ-Râma e Pârvatî-Parameshvara, il nome della donna precede sempre. La donna rappresenta un ideale di devozione; molti mariti sono diventati devoti grazie all’influenza delle mogli.
La donna rappresenta la devozione, mentre l’uomo rappresenta la saggezza. Ma egli può raggiungere soltanto la sala di ricevimento del palazzo di Dio, mentre la donna ha accesso direttamente alle stanze della Sua residenza. Jñâna può portarvi soltanto fino alla porta di Dio. Molte persone pie, come Surdas, Tulsidas, Kabir e Râmadâs, ottennero la fusione con Dio per mezzo della devozione. I loro nomi sono impressi a caratteri d’oro negli annali della storia grazie alla loro devozione unidirezionale verso Dio. Le persone istruite di oggi si sforzano di acquisire la conoscenza secolare dimenticando quella reale: la conoscenza di Dio.

Non usate mai la conoscenza per ingannare gli altri

Un giorno, un mandriano stava facendo pascolare le mucche, le pecore e le capre vicino alla montagna Govardhana. Improvvisamente ci fu un rovescio di pioggia ed egli si rifugiò in una piccola caverna. Lì trovo una pietra chiara e brillante, la cui bellezza lo riempi di gioia. Egli penso: “Questa pietra chiara e brillante apparirà ancora più luminosa se legata al collo del mio vitello che è di un bellissimo colore nero. Certamente un giorno, Krishna lo noterà e così io potrò compiacerLo.”
Egli raccolse la pietra e la legò al collo del bel vitello nero, dopodiché, guardando l’animale così bello col diamante scintillante al collo, fu sommerso dalla gioia e comincio a cantare: “La bellezza è gioia, la gioia è il nettare della vita.” Un giorno, un gioielliere passò di lì e fu attratto dal fulgore della pietra. Si avvicinò al vitello e la esaminò attentamente comprendendo subito che si trattava di un diamante di grande valore. Chiese quindi al mandriano: “Perché non mi vendi questa pietra!? Te ne pagherò un buon prezzo.” Il ragazzo pensò che col denaro avrebbe potuto comprare molte altre pietre di quel tipo e adornare il collo di tutti i suoi vitelli, per cui il gioielliere ottenne il prezioso diamante per un’inezia. Intanto l’uomo osservava il diamante sentendosi orgoglioso del fatto di aver potuto ingannare il mandriano e ottenere una pietra che valeva decine di migliaia di rupie, ma rimase molto contrariato quando il diamante andò in pezzi. Il diamante spezzato gli disse: “Tu hai ingannato l’ingenuo mandriano che amava la mia bellezza. Egli conosce il valore vero di un diamante; tu sei soltanto un uomo egoista e bugiardo. Hai usato la conoscenza per ingannarlo, per cui il mio cuore si è spezzato.” Come vedete, la devozione sincera è superiore all’amore terreno.

Le gopî sono veri esempi d’amore per Dio

Una volta Krishna inviò Uddhava a Brindâvan con una lettera indirizzata alle gopî. Uddhava chiamò tutte le gopî e chiese loro di leggere il messaggio, ma neppure una di loro lo guardò. Il solo fatto che egli avesse pronunciato il nome di Krishna le aveva mandate tutte in estasi. Le gopî videro un’ape su un fiore e parlarono a Uddhava rivolgendosi all’ape. Egli le pregò di leggere la lettera, ma, senza guardarlo, esse cominciarono a parlare all’ape. Una gopî disse: “O ape, io non sono istruita, non so leggere; quindi leggi tu.” Un’altra gopî disse: “Vedendo la scrittura bellissima di Krishna, i miei occhi potrebbero versare lacrime e rovinare la lettera; quindi io non voglio leggere.” La terza gopî disse “O ape, tutto il mio corpo è surriscaldato dagli spasimi di dolore per la separazione da Krishna. Il calore potrebbe bruciare la lettera. Di’ a Krishna di venire qui di persona a spegnere l’incendio nei nostri cuori” e versando lacrime cominciò a cantare:
“O ape, vai a dire al carissimo Krishna di venire qui almeno una volta a spandere il Suo nettare d’Amore Divino su di noi. Fa’ che Egli venga più vicino e ci osservi.” Un’altra gopî disse: “O ape, di’ a Krishna amatissimo di venire subito a irrigare i nostri cuori roventi con l’acqua del Suo Amore.”
Râdhâ disse:
“O ape, vuoi dirGli che la nostra ghirlanda di cuori è a soqquadro e chiederGli di metterla in ordine e indossarla sul petto? Noi non possiamo più sopportare le nostre vite.”
Questa ghirlanda di messaggi da parte delle gopî divenne molto popolare con il nome di Bhramara Gît! (Canto delle Api).
Le gopî erano sempre piene di pensieri sacri e amorevoli per Krishna. Non ebbero mai desideri se non per Krishna. Ma, sfortunatamente, alcuni studiosi sminuiscono questo amore divino, definendolo mondano e sensuale. Il Bhâgavata parla diffusamente dell’unità di Jîva (anima individuale) e Deva (Essere Supremo). L’essenza della vita delle gopî è l’amore divino. Esse sono fulgidi esempi di desiderio immacolato per la vicinanza e la fusione con Dio.

Questo è il modo in cui una gopî espresse il desiderio intenso per Krishna:
“Se Tu fossi un albero che cresce verso l’alto, io mi avvinghierei a Te come un rampicante.
Se Tu fossi un fiore che sboccia, io volerei sopra di Te come un’ape.
Se Tu fossi il monte Meru, io scenderei come una cascata.
Se Tu fossi il cielo infinito, io vorrei essere in Te come una stella.
Se Tu fossi l’inesauribile oceano, io mi getterei in Te come un fiume.
Dove sei, o Krishna? Dove sei andato?
Non hai pietà, Krishna! Krishna!

Un giorno una gopî si lamentò con Yashodâ: “O Yashodâ, ogni volta che noi usciamo per vendere il latte, Krishna ci chiede di pagare una tassa e tira dei sassi contro le nostre brocche piene di latte facendovi dei buchi.” Yashodâ prese Krishna per mano e Gli chiese con severità: “Perché dovresti pretendere delle tasse da queste gopî? Smettila con queste birichinate!” Krishna rispose: “Madre, Io non so niente. Dio ha dato loro il latte e pretende una tassa.”
Così, in ogni atto e parola di Krishna c’era la prova della Sua Divinità.
Nella Gîtâ, Krishna disse ad Arjuna:
“Pensa sempre a Me e divieni Mio devoto. AdoraMi e offriMi i tuoi omaggi.
Abbandona tutti i doveri e prendi rifugio soltanto in Me.
Io ti libererò di tutti i peccati. Non avere paura.”
Il Signore assicurò Arjuna che, se avesse preso rifugio in Lui, lo avrebbe liberato di tutti i peccati.
Anche le gopî del Bhâgavata sono veri esempi di affidamento totale e amore altruistico. Esse non desiderarono mai cose terrene. Il loro amore era vero e non si aspettava alcuna ricompensa. Tutto il Bhâgavata tratta soltanto dell’Amore Divino.
La fine di Râdhâ era prossima. Un giorno, seduta sulla riva dello Yamunâ col cuore pieno di tristezza, ella gridò: “O Krishna, perché io vivo? La vita senza di Te non ha senso. Non esiste altro rifugio che Te. Io vivo soltanto per Te; la mia mente è sempre fissa su di Te. Non vuoi venire da me? MostraTi magari una volta in sogno.” Questo è amore eterno, non può essere chiamato râga o anurâga. L’amore vero segue una sola strada, non ce ne sono altre.
Un giorno Yashodâ, molto arrabbiata con Krishna, voleva legarLo a un sacco di grano con una corda, per cui Egli comincio a correre. VedendoLo, una gopî disse: “Krishna, non puoi correre così a lungo; in qualche modo Tua madre Ti acchiapperà. Io posso mostrarTi un luogo dove puoi nasconderTi e stare al sicuro. Guarda, il Tuo incarnato è scuro e anche la camera interna del mio cuore è scura: nascondiTi lì. Yaµodâ non potrà trovarTi e, al tempo stesso, il mio cuore sarà pieno di felicità.”
La volta in cui Krishna ballava sulle teste del terribile serpente Kâliya, una gopî Lo pregò: “Krishna, questo serpente è scuro, il fiume Yamunâ è scuro, il Tuo incarnato è scuro e il cielo si va rabbuiando. Ti prego di non riempire i nostri cuori di oscurità, ma di illuminare i laghi dei nostri cuori con la fiamma del tuo Amore. Io desidero che Tu proietta luminosità sullo sfondo dell’oscurità.” Nelle gopî non c’era un briciolo di egoismo.
La dolcezza del Bhâgavata può essere illustrata e sperimentata per ere, e la purezza dei suoi personaggi purificherà il cuore dei lettori. Il Bhâgavata è un oceano di devozione. Dopo aver scritto quell’opera mirabile che è il Mahâbhârata, il grande saggio Vyâsa divenne inquieto e poté recuperare la pace soltanto dopo aver scritto lo Shrimad Bhâgavata.
Voi dovreste elevarvi dal livello degli attaccamenti terreni a quello dell’amore disinteressato per Dio. I raggiungimenti terreni non hanno realtà. Tutti gli attaccamenti terreni sono temporanei, non permanenti. Bisogna comprendere che c’è una scintilla di divinità in ogni essere.

“La verità è una, ma il saggio vi si riferisce con vari nomi.”

Kodaikanal, 29 aprile 1992,
Sai Shruti

(Da “Sanâtana Sârathi”, luglio 2018)

discorsi/1992/19920429.txt · Ultima modifica: 2018/12/21 10:17 da sathyamax