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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1996:19960428

19960428 - 28 aprile

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Rendete pure il cuore per installarvi il Signore

“Il corpo è simile a una cassaforte che, in sé, ha poco valore. Dio risiede nell’essere umano nella forma dell’Ātma allo stesso modo in cui i gioielli sono riposti nella cassaforte. Comprendete questa verità, o figli di Bhārat.”

Acquisite una visione ampia per comprendere l’onnipresenza di Dio

Incarnazioni dell’Amore!
Ogni cuore è il tempio di Dio. Tyāgarāja disse che lo stesso Dio è presente in una formica come in Brahmā. Egli dichiarò che Dio, sotto forma di Satcitānanda (Esistenza-Consapevolezza-Beatitudine) è presente in tutti gli esseri viventi e pregò:

“O Rāma! Tu risiedi in tutti gli esseri dalla formica a Brahmā
e anche in Shiva e Keshava nella forma pura e immacolata dell’Amore.
Ti prego di essere anche il mio Protettore.”

L’uomo moderno, sebbene sappia che Dio è presente in tutti, commette errori e peccati; egli esamina ogni cosa del mondo esteriore, ma non la propria natura. Se vogliamo sapere se sia più grande Dio o il Suo devoto, dobbiamo compiere un’analisi accurata. Krishnamūrthi parlò di Pariprashna che non costituisce soltanto domanda e risposta, ma indica anche la preghiera a Dio per chiarire i propri dubbi. Il Saggio Nārada, nato dalla mente di Brahmā, aveva una domanda, per cui andò dal Signore Nārāyana e disse: “Signore! Tu sei presente dovunque, risiedi in tutti gli esseri viventi, tutte le forme e tutti i nomi sono Tuoi, la Tua gloria e la Tua grandezza sono oltre ogni descrizione.” Il Signore Nārāyana disse: “Nārada, sei in errore. Io non sono grande come tu Mi descrivi: Io sono il servitore dei Miei devoti. Così, tutti dovrebbero pregare di poter essere servitori dei servitori di Dio, come Io servo sempre coloro che Mi servono.”

Dio risiede nel cuore dei Suoi devoti

Il Signore Nārāyana chiese: “Nārada! Tu viaggi per tutto il mondo: quale pensi che sia la cosa più grande nel mondo?”
Nārada rispose: “La terra è la più grande.” Allora il Signore Nārāyana replicò: “Tre quarti della terra sono coperti dall’acqua: chi è più grande?” Nārada ammise che l’acqua fosse la più grande, ma il Signore replicò: “Il Saggio Agastya bevve l’oceano in un sorso solo: non è Agastya il più grande?” Nārada rispose: “Hai ragione, Signore. Agastya è più grande dell’acqua.”
Il Signore Nārāyana chiese ancora: “Questo Agastya è una stellina nel cielo (akasha): è più grande questa stella o il cielo?” Nārada rispose: “Il cielo è più grande”, al che il Signore assentì e disse: “La tua comprensione è corretta; il cielo è più grande di sicuro. Nella Sua incarnazione come Vāmana, il Signore chiese al re Bali tre passi del suo regno; nel prendere il dono di tre passi, Vāmana assunse la forma di Trivikrama (“il triplice Conquistatore”, un nome di Vishnu) e coprì tutta la terra con il primo passo e il cielo con il secondo, per cui non ci fu altro spazio. Bali, allora, offrì la propria testa per il terzo passo. È più grande il cielo o Dio?”
Nārada rispose: “Swami, se soltanto il piede del Signore copre tutto il cielo, quanto più grande è la Sua Forma completa? Quindi Dio è certamente più grande.”
Ma il Signore Nārāyana chiese ancora: “Dio, che contiene il cosmo intero, risiede nel cuore del Suo devoto: è quindi più grande il cuore del devoto o Dio?” Nārada rispose: “Indubbiamente il cuore del devoto è più grande di Dio.”
Nārada, alla fine, dovette ammettere che il devoto del Signore è persino più grande del Signore Stesso, per cui il devoto è il primo nella graduatoria di importanza; sorpassa persino Dio. Sebbene abbia una forma incommensurabile, Dio risiede nel cuore del devoto. Il cuore del devoto, in cui Dio risiede, è supremo; quindi il devoto stesso non deve considerarsi debole o inferiore. Egli è più grande persino di Dio, poiché Dio è il servitore del devoto. Per questo, il devoto deve insediarLo nel proprio cuore. Se egli conquista Dio con l’amore, conquista tutto il mondo. Quindi deve purificare totalmente il proprio cuore affinché il Signore vi si insedi; soltanto allora può sperimentare l’unità con Lui. La preghiera deve essere:

“O Dio! Se Tu fossi un albero che cresce,
io mi aggrapperei a Te come un rampicante.
Se Tu fossi un fiore che sboccia,
volerei sopra di Te come un’ape.
Se Tu fossi il monte Meru,
scenderei da Te come una cascata.
Se Tu fossi il cielo illimitato,
sarei in Te come una stella.
Se Tu fossi il profondissimo oceano,
mi immergerei in Te come un fiume.”

Questa è l’intima relazione che esiste tra Dio e il Suo devoto. Quando il fiore sboccia non invita l’ape; è l’ape stessa che va a suggerne il nettare. In modo simile, l’oceano non invita il fiume a immergervisi; è il fiume stesso che corre verso l’oceano per diventare uno con esso. Allo stesso modo, Dio non chiede al devoto di immergersi in Lui; è il devoto che cerca Dio per questo. Questa è la vicinanza che esiste tra Dio e il devoto. Nessun devoto può esistere senza Dio, né alcun Dio può esistere senza il devoto. Eppure le persone ignoranti pensano che Dio abbia un cuore di pietra e che ci sottoponga quindi a prove severe pur non avendo neppure uno iota di asprezza. A causa dell’illusione, l’uomo pensa che Dio sia duro di cuore, mentre Egli è più tenero del burro, ed è l’incarnazione della Compassione. Il burro è molto tenero; anche un calore leggero può fonderlo. Il cuore di Dio è tenero come il burro e il vostro amore è il calore che può scioglierlo. Pertanto l’uomo deve, prima di tutto, generare amore. L’amore nasce quando si combinano il Nome e la Forma di Dio. Se il Nome e la Forma sono separati, il calore dell’amore non si genera, mentre scaturisce quando il Nome e la Forma si strofinano l’uno con l’altra. Quindi, quando l’uomo unisce il Nome e la Forma nella sādhanā, il calore dell’amore si genera velocemente. Niente scioglie il cuore di Dio più della devozione sincera del devoto.

L’occhio della saggezza può vedere il Signore senza forma

Un vero devoto di Dio comprende che Egli è presente dovunque. Una volta, un sacerdote andò nel tempio per compiere l’adorazione del Signore Shiva, portando con sé il necessario per il rito e vide uno yogin sdraiato a terra con i piedi sul linga e la testa su Nandi (il toro veicolo di Shiva). Il fatto lo fece arrabbiare molto e gli fece pensare che quell’uomo non potesse essere sano di mente, per cui gli chiese: “Hai perso il senno? Perché tieni i piedi sul linga di Shiva?” Lo yogin rispose: “Indicami il luogo dove Dio non è, in modo che io possa metterci i piedi”, ma il sacerdote, arrabbiato, gli chiese: “Devi tenere i piedi su Īshvara?” e gli spostò i piedi in un altro punto. Subito un linga di Shiva apparve in quel punto e così continuò ad accadere ogni volta che egli spostava i piedi dello yogin che, in questo modo, insegnò al prete che Dio è dovunque. Non si può dire che Dio sia qui e non lì. Bisogna acquisire una visione ampia per comprendere che il Signore è onnipresente e che il proprio cuore è il Suo tempio. Egli risiede nel cuore del Suo devoto.

Una volta, Nārada aveva una richiesta, per cui si rivolse al Signore Nārāyana: “O Signore! Io Ti celebro sempre e canto la Tua gloria, ma non sono certo del Tuo indirizzo. Dimmelo, per favore, in modo che le persone del mondo possano conoscerlo.” Il Signore Nārāyana rispose: “Io risiedo nel luogo ove i Miei devoti cantano le Mie glorie. Nārada. Kailāsa e Vaikuntha sono le mie succursali; il cuore del Mio devoto è la Mia sede principale.”

Mīra diceva: “Mahārana (Marito di Mīra) ha chiuso la porta del tempio. O mente, vai verso il Gange e lo Yamunā”, e cantava: “O mente, vai alle rive del Gange e dello Yamunā; la loro acqua è pura e renderà il corpo fresco e sereno.” Il Gange e lo Yamunā rappresentano i canali sottili del corpo, Idā e Pingalā, che si incontrano nel punto tra le sopracciglia che è il luogo dell’ājña cakra, il sesto cakra del corpo. È qui che il devoto realizza Dio. La fresca acqua del Gange e dello Yamunā simboleggia l’amore puro e la devozione del devoto. La forma fisica di Dio si può vedere con i propri occhi fisici, ma il Dio senza forma può esser visto con l’occhio della saggezza (il terzo occhio al centro della fronte). Noi andiamo al tempio con fiori, frutti e noci di cocco. Viaggiamo molto per arrivarci, ma, quando siamo davanti al sancta sanctorum, chiudiamo gli occhi. Perché? Li chiudiamo perché vogliamo vedere il Dio senza forma che si può vedere con l’occhio della saggezza. Chiudendo gli occhi acquisiamo la visione interiore. Non esiste alcun tempio oltre il corpo umano.

“Il corpo è un tempio e il suo residente è Dio. Il corpo è il tempio e la consapevolezza è Dio.”

Noi dovremmo generare l’amore per conoscere la Consapevolezza, il Residente Interiore. All’inizio, si possono incontrare degli ostacoli per acquisire la visione interiore, ma, se vi abbandonate a Dio e continuate la sādhanā con determinazione, potete sperimentare la vostra divinità. A mano a mano che vi ritirate dalla vita mondana materiale, Dio vi viene sempre più vicino. Anche se cercate di allontanarvi, Egli corre ad acchiapparvi. Dio sa che i Suoi figli vanno per vie errate e viene a trasformarli, ma le persone legate al mondo equivocano le vie di Dio.

La vita dell’uomo nel mondo è colma di ogni sorta di preoccupazioni:

“Nascere è una preoccupazione, essere sulla Terra è una preoccupazione, il mondo è causa di preoccupazione e anche la morte lo è; tutta l’infanzia è una preoccupazione e così è anche l’età avanzata. La vita è una preoccupazione, la sconfitta è una preoccupazione, tutte le azioni e difficoltà sono causa di preoccupazione. Persino la felicità è una misteriosa preoccupazione. Soltanto la devozione a Swami porrà fine a tutte le preoccupazioni. O genti! Acquisite questa devozione e questo amore.”

Acquisite la devozione per Dio per liberarvi delle preoccupazioni

La nascita, la vita sulla terra, l’infanzia, la vita in famiglia, l’età senile, la morte e persino la felicità sono piene di preoccupazioni. Come si può vivere nel mondo? Come si può venire educati? Come si può aver successo agli esami? Sono tutte soltanto preoccupazioni. L’uomo pensa che, se passa gli esami, se si sposa e se sua figlia si sposa, sarà felice, ma tale felicità è temporanea e piena soltanto di preoccupazioni. Quindi anche la sua felicità è solamente una preoccupazione. Egli cerca di realizzare i desideri materiali, ma non ottiene mai la felicità permanente; ogni sua azione è piena di preoccupazioni. In qualunque modo egli si impegni per riuscire nei suoi tentativi, tutto prende la forma della preoccupazione. Supponiamo che la persona faccia il progetto di costruire una casa: quella persona si preoccuperà che venga costruita correttamente o meno. Vivrà fino a vederla finita? Il denaro ci sarà? Tutto è pronto per il matrimonio, incluso il Mangala Sūtra: ciononostante, la persona è vittima della preoccupazione. La vecchiaia è una grande preoccupazione per la gente. Le persone cercano di acquisire la devozione per Dio alla fine, nell’età senile, per liberarsi di queste preoccupazioni. Acquisite ora la devozione per Dio e tutte le preoccupazioni vi lasceranno, svaniranno. È l’uomo stesso a creare le preoccupazioni in tutti i tentativi della vita; se ha devozione per Dio, egli non avrà preoccupazioni.

Sperimentate l’unità eliminando i muri dell’ego e dell’attaccamento

L’uomo sperimenterà l’unità quando amplierà la propria visione e acquisirà un cuore grande. Il mondo intero è come una enorme magione di cui i Paesi rappresentano le stanze. Quando costruiamo una casa, delimitiamo le diverse stanze: la stanza da letto, la cucina, poi la stanza della preghiera, la sala da pranzo e il salotto. Noi diamo nomi diversi alle stanze, che appaiono separate perché tra loro ci sono i muri; se togliessimo le pareti divisorie, la stanza da letto, il bagno, la cucina, la stanza da pranzo ecc. scomparirebbero; ci sarebbe solamente una sala spaziosa. Anche il mondo è simile a un’immensa sala, ma l’uomo l’ha divisa erigendo i muri dell’ahamkāra e del mamankāra (l’ego e l’attaccamento). Se le persone elimineranno i muri dell’ego e dell’attaccamento e acquisiranno la fede in Dio, l’umanità realizzerà il principio di Unità e Divinità. Quindi gli esseri umani devono ingrandire il proprio cuore. Solamente allora, sorgeranno pensieri divini di unità. Essi non possono svilupparsi in un cuore ristretto. Oggi l’uomo ha perduto la libertà come un pappagallo in gabbia. Un pappagallo in gabbia può forse essere felice? Se lo si libera, esso vola in una foresta. L’uomo può acquisire la libertà e l’indipendenza soltanto se matura l’amore per Dio; soltanto così conquisterà la vittoria che è la base di molte altre vittorie. Acquisite pertanto l’amore per Dio al fine di essere vittoriosi in tutti i vostri tentativi: allora, tutto ciò che cercate sarà ai vostri piedi. Se siete pieni d’amore, non avete neppure bisogno di cercare Dio. Egli non è più grande del Suo devoto; se il devoto acquisisce amore e devozione per il Signore, Egli gli si sottomette.

All’interno di un forte con sette bastioni c’è un giardino. L’uomo può raggiungerlo se accende la lampada della verità e canta la gloria di Dio. I sette bastioni che gli impediscono di entrarvi sono: ego, ira, concupiscenza, invidità, illusione, odio e gelosia. Se cantate la gloria di Dio, Egli vi apparirà davanti e vi mostrerà la via. La persona che si abbandona a Dio, lasciando l’ego e l’attaccamento, trova la strada regia per raggiungerLo. Pensando continuamente a Lui e cantando il Suo Nome in ogni momento, l’uomo vive come un rampicante che si abbarbica a un albero, ottenendo così l’unità con Dio.

Bhagavān termina il Discorso con il bhajan: “Rāma Rāma Rāma Sītā………”

Kodaikanal, 28 aprile 1996,
Sai Shruti

(Da “Sanātana Sārathi”, agosto 2020)

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