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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1997:19970424

19970424 - 24 aprile

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Sul fondo del bicchiere

Incarnazioni dell’Amore,

non abbiamo bisogno di far penitenza, né di studiare le Scritture. Che cos’è, invece, che dobbiamo fare? Per attraversare l’oceano dell’esistenza, trovare pienezza nella vita e raggiungere il Divino dobbiamo servire amorevolmente il nostro prossimo. Il servizio in sé non è niente di particolare: ciò che conta è servire e lavorare con cuore amorevole.

Qualunque azione ci veda coinvolti, anche se piccola, dovrebbe esser piena d’amore.

Un grande servo di Dio, di nome Devdhuta, andava quotidianamente fra la gente e, per tutto il giorno, serviva il prossimo. A sera tornava a casa, dopo aver prestato per tutto il giorno, con cuore colmo d’amore, un servizio pieno di abnegazione.

Un giorno un messaggero di Dio, che aveva riconosciuto in lui il principio divino, entrò in casa sua. Quando il servo di Dio fece ritorno, vide attraverso la finestra una luce all’interno della propria casa, meravigliandosi che qualcuno potesse esservi entrato. Vide allora il messaggero di Dio seduto su una sedia. Attraverso la finestra, Devdhuta si rivolse all’uomo, chiedendogli: “Chi sei?” L’uomo rispose: “Sono un messaggero di Dio”. “Che cosa stai scrivendo?”, domandò allora Devdhuta. “Scrivo i nomi delle persone che Dio ama”, fu la risposta. “C’è il mio nome nell’elenco?”, ribatté Devdhuta. Il messaggero di Dio rispose negativamente. Quando Devdhuta entrò in casa, l’uomo era scomparso.

Il mattino seguente, il servo di Dio si recò fra la gente a prestare, con amore e senza aspettarsi ricompense, il proprio servizio disinteressato. A sera tornò a casa e, all’interno di essa, scorse nuovamente la luce. Vedendo che il messaggero di Dio era intento a scrivere, gli chiese: “Che cosa stai scrivendo oggi?” L’uomo rispose: “Oggi scrivo i nomi delle persone che amano Dio”. “Il mio nome è nell’elenco?”, domandò Devdhuta. “No”, replicò l’uomo.

Il mattino successivo, il servo di Dio si recò nuovamente a prestare servizio nella società e, a sera, tornando a casa, vide di nuovo la luce accesa al suo interno. Devdhuta pensò che forse, questa volta, il messaggero di Dio non avesse lavoro e gli chiese: “ Che stai scrivendo oggi?” L’uomo rispose: “Sto scrivendo i nomi delle persone nel cui cuore Dio è entrato e sta camminando”. “Il mio nome è nell’elenco?”, domandò Devdhuta. “Si, c’è!”, replicò l’uomo.

L’identità con il Divino si ottiene attraverso il servizio amorevole. Ad essere importante non è il fatto di amare Dio o che Egli vi ami: questo è quanto Devdhuta testimoniò al mondo. La cosa fondamentale è comprendere che voi siete Dio e che Dio è voi. Gli aspiranti spirituali di oggi mirano ad ottenere l’amore e la grazia di Dio. È facile amare Dio ed ottenere il Suo Amore, ma bisognerebbe che il cuore di Dio fosse dentro di noi.

Dov’è Dio? Non è nei templi, nelle ville o nei luoghi di pellegrinaggio, ma nel vostro cuore. Perché cercarLo altrove? Tutti devono alimentare quella fede secondo cui Dio dimora nel proprio cuore.

Noi continuiamo a scrivere lettere agli amici, ai parenti, ai figli, ecc. Esiste una regola alle Poste: se avete scritto una lettera, dovrete avere riscontro che i destinatari l’hanno ricevuta. Allo stesso modo, voi scrivete lettere di supplica a Dio e le mettete nella scatola della grazia. Tuttavia non ricevete risposta. Perché? Avete chiesto molte volte, ma non avete ricevuto riscontro. La vostra lettera non Lo ha raggiunto. Per quale motivo? Perché pregate con l’ego di chi si ritiene un “devoto” e non un servitore. Dovreste invece credere fermamente che siete un aspetto di Dio, che fra Lui e voi non esiste separazione. Il Signore è in voi e voi siete in Lui. Un vero devoto sente di essere parte integrante di Dio.

Canti sacri e preghiere sono solo buone azioni. Perché compite tali buone azioni? Per amore del Divino in voi. Dovete imparare a credere fermamente che Dio dimora nel vostro cuore. Ovunque guardiate, là esiste il principio divino. Aham Brahmâsmi significa “ Io sono il Principio Supremo.”

Dovete sviluppare questa fede e questa fiducia. Se sentite che Dio è separato da voi, significa che non esiste con Lui un rapporto intimo. Dire al Signore: “Tu sei mio” è cosa inutile; dovete invece dire: “Tu e io siamo una cosa sola”. Esiste una sola verità, non due: cercate di raggiungere questa consapevolezza se volete sperimentare l’unità.

Offrire il proprio amorevole servizio o pregare, che cosa serve ad ottenere? Nulla. Perché? Perché se una persona continua sempre a pensare di essere separata da Dio, significa che il suo cuore non è nel giusto. Si continua sempre a pensare che Dio è separato. Voi, invece, siete Dio. Abbiate fede e fiducia in questo. Ogni essere è Dio: nutrite questo sentimento di apertura.

La gente canta i Veda, studia le Scritture, ma rimane al punto in cui è. Obbedite ai precetti divini e non trasgrediteli in nessuna circostanza. La gente dice una cosa e agisce in maniera opposta. Bisognerebbe mantenere le promesse fatte a Dio e alimentare il sentimento: “Dio, io sono Te!”. Ad esempio, nel Bhâgavata viene descritto come i cittadini di Mathurâ ritenessero di appartenere a Dio e di esser parenti di Dio.

Quando pensiamo: “Noi siamo Tuoi”, siamo separati da Dio. Le pastorelle devote di Krishna non pensavano in questi termini, anche se affermavano: “Noi siamo Tue”. Esse infatti sentivano che non c’era differenza fra loro e Dio, perciò dicevano: “Krishna, la Tua voce è sempre dolce; ogni momento udiamo il Tuo flauto. Tu sei sempre bello e le Tue parole sono sempre un nettare. O Krishna, Tu sei il dolce principio d’Amore nel nostro cuore. Siamo una cosa sola con Te”.

Un giorno Uddhava portò un messaggio alle pastorelle da parte di Krishna, rimanendo sorpreso dalla situazione che vide. Tornò allora da Krishna e Gli disse: “Le suocere le stanno sgridando, i mariti le stanno angariando, ma le pastorelle non sono per nulla intimorite”. Quando su un foglio di carta si stampa un’immagine, il foglio e l’immagine diventano una cosa sola. Non è possibile, per un vero devoto, separarsi da Dio. Imprimete la forma del Signore nel vostro cuore e, con il corpo, fate servizio. Dio è nel cuore. Tenete la testa nella foresta e le mani nella società: avrete in tal modo la vera pace. Per avere la pace dovremmo aver fede in Dio.

A causa di mâyâ, l’illusione, viene talvolta da pensare che Swami sia un essere umano comune, poiché Egli parla, cammina e sembra un uomo nonostante sia Dio. Il Suo corpo è come il vostro, ma la vostra visione interiore vi mostrerà qualcosa di diverso L’illusione copre la Divinità.

Nonostante tutto ciò che vediamo o sperimentiamo, la mente continua ad essere come una scimmia pazza. Il corpo è simile a una bollicina. Non seguite il corpo e la mente, ma la coscienza.

Questo è il vero principio dello Spirito Supremo. Quando avrete impresso Dio nel vostro cuore, tutto vi apparirà divino.

Che cos’è la devozione? Devozione significa indirizzare la mente verso Dio, non già compiere rituali. Mâyâ è come un’ombra: finché la seguite essa sarà sempre di fronte a voi. Che cosa dovete fare per liberarvene? Non seguitela, ma andate nella direzione opposta, mettendovi di fronte al sole. Sarà l’ombra, allora, a seguirvi. Fintantoché seguirete l’ombra, non saprete sperimentare la luce della grazia divina. Mâyâ, invece, sarà un burattino nelle vostre mani se voi seguirete il sole. Per conquistare l’illusione, non seguitela; seguite invece il Maestro dell’illusione. Vedere e sperimentare l’illusione crea problemi. Il Divino è Amore perfetto.

Tvameva mâtâ cha pitâ tvameva,
tvameva bandhu cha sakha tvameva,
tvameva vidyâ dravinam tvameva,
tvameva sarvam mama deva deva

Come dice questa canzone, molta gente afferma: “O Dio, Tu sei mia madre, Tu sei mio padre, Tu sei mio parente, Tu sei mio amico…”. Questo, però, non è il giusto modo di pregare. Questo tipo di preghiera evidenzia una diversità fra voi e Dio. Se dite che Dio è vostro padre, significa che voi siete i figli. Se dite che Dio è vostro amico, ciò significa che anche voi siete per Dio l’amico.

Non dovete fare tale affermazione. Dite piuttosto: “Dio, Tu sei Me stesso”. Questa è la strada più facile. Gesù affermò di essere messaggero di Dio. Quello fu il primo stadio. Poi disse di essere figlio di Dio. Come messaggero non esiste parentela con Dio, mentre, come figlio, esiste la stessa parentela che c’è fra padre e figlio. Infine, Gesù arrivò alla meta finale e disse: “Tu e Io siamo una cosa sola, non c’è alcuna differenza”. Ciò dà origine allo Spirito Santo. Voi dovreste raggiungere questo stato. Non accontentatevi del dualismo né del non-dualismo qualificato. Dovete andare avanti. Se pensate: “Io sono un devoto e Tu sei Dio”, siete nella dualità. Questo non va bene! Voi e Io siamo la stessa cosa; non c’è differenza. In Me e in voi dimora la stessa coscienza. Essa è una, non due. Voi altro non siete che il Divino.

In una casa c’è un servo che può vedere i vari oggetti presenti, come cesti, recipienti e altri contenitori, solo esternamente, ma non ne conosce il contenuto. Solo il padrone sa che, al loro interno, ci sono diamanti, oro e gioielli. Se pensate di essere servi, vedrete le cose solo all’esterno. La felicità, se fa riferimento al mondo, non è vera felicità. Per ottenere la beatitudine bisogna raggiungere l’unità. Le cose esteriori spettano alla testa, mentre il cuore appartiene al sentimento interiore. Esso è sempre nel giusto e non va ignorato. Lavorare nel modo giusto è sempre cosa buona. L’abbandono totale è la vera realtà.

Râma e Lakshmana stavano vagando nella foresta. Lakshmana si era abbandonato totalmente a Râma. Ad un certo punto, Râma si sentì stanco e si sedette. In realtà, Egli fingeva di essere stanco e chiese a Lakshmana di scegliere un luogo per costruire una capanna. Allora quest’ultimo chiese: “Dove devo costruirla?” e, così dicendo, colto da sconforto, si mise a piangere. “Perché piangi? Che cosa c’è che non va?”, chiese Râma. “Ho forse un desiderio mio personale?”, rispose Lakshmana. “Dato che ho abbandonato tutto nelle Tue mani, pensi davvero che io abbia un mio desiderio o una mia volontà personali? Lo pensi veramente, Râma? Farò tutto ciò che Tu desideri. A Te ho totalmente affidato la mia mente, il mio corpo e i miei sensi. Sono completamente vuoto, non ho nulla di mio. Perché vuoi affidarmi questa responsabilità?”

Allora Râma disse: “Riconosco il Mio errore”. Quando ci si arrende in tal modo al Signore, Egli scende personalmente e, attraverso il Suo devoto, esegue ogni compito con infinita grazia. Bisognerebbe cancellare il senso di “mio”: esso è infatti la causa dell’infelicità ed è pura illusione. Quando non ci sono più il senso di “mio” e la mente, allora si sperimentano pace e beatitudine. Non alimentate il senso di “mio”: tutto è voi stessi.

Voi tutti siete Amore. Dio è Amore, l’Amore è Dio. Impostando la vostra vita su queste basi, essa dovrebbe scorrere fluida come la corrente del fiume.

Prendete l’esempio di un bicchiere d’acqua con dentro del veleno. Il corpo è esso pure un bicchiere con tanti buchi. Se riempite questo contenitore, cioè il corpo, non di veleno, ma d’amore, da quei buchi uscirà solo amore. Dalla bocca, ad esempio, dovrebbe uscire solo amore; le parole, cioè, dovrebbero esserne piene. Ciò che si guarda e ciò che si ascolta dovrebbero essere colmi d’amore, perché all’interno c’è solo amore. Riempite il cuore di un amore che non cambia a seconda delle circostanze. Il cuore non deve esser diviso in tanti scomparti, ma avere un solo reparto.

Il Signore potrà farvi incontrare qualche difficoltà, ma i problemi devono essere visti come amore. Il mondo intero è pieno d’amore: riuscire a vedere ciò significa avere vera devozione.

Ci sono due correnti: una positiva e l’altra negativa. A che servono? Può esservi tanta corrente, ma se una lampadina non ce l’ha non serve a niente. Bisogna collegare il polo positivo col negativo per poter fare uso della corrente. Il polo negativo è l’individuo, quello positivo il Divino. Mettendoli in contatto, si può sperimentare il principio dello Spirito Supremo.

La frase “io sono l’Âtma” comprende due parole: “io” e “Âtma”. L’uomo con una mente duale è per metà cieco. Dovete dire: “Io sono Io, Io sono Io”. Questo è vero non-dualismo.

Aham Brahmâsmi significa “io sono Dio”. Questo è ancora dualismo. Prajñânam Brahman significa “Brahman è consapevolezza piena e costante”, cioè sempre e in ogni situazione. È la Coscienza.

Tat tvam asi significa “Quello e questo”. “Questo” si riferisce alla scienza, ai sensi e a ciò che è vicino a noi. “Quello” si riferisce alla spiritualità, va oltre i sensi ed è lontano. Qui siamo ancora nella dualità.

Ayam Âtma Brahma significa “io sono l’Âtma”. Ci sono però ancora due entità; perciò non c’è ancora non-dualità. È necessario continuare gradualmente la ricerca: indagare su questo è amore. Il Maestro è l’Amore stesso.

Avete, ad esempio, un bicchiere d’acqua con dello zucchero sul fondo. Se bevete un po’ d’acqua dal bordo del bicchiere, sentirete che essa è completamente insapore. O uomini stolti! Dio viene a dirvi che i piaceri terreni e le gioie ad essi legati non hanno alcun sapore. Attraverso la mente si fanno esperienze: prendete il cucchiaio dell’intelligenza, immergetelo nel bicchiere, mescolate e lo zucchero si diffonderà in tutto il liquido. Esso sarà sopra, intorno e sotto.

C’è una sola verità: questo zucchero divino è in fondo al nostro cuore. Noi abbiamo riempito il cuore di desideri terreni; se mescoliamo bene, tutto diventerà divino. L’acqua diverrà dolce e non ci sarà differenza fra il mondo e la spiritualità.

Corpo, mente e spirito sono tre elementi distinti: voi dovete farli diventare una cosa sola. Senza lo Spirito non può esserci il corpo. Nelle persone evolute la mente, le parole e le azioni sono la stessa cosa. Questo è vero Amore. Se pensate una cosa, voi ne dite un’altra e ne fate un’altra ancora; ciò equivale a disintrecciare dei fili tessuti insieme: essi si romperanno con estrema facilità.

Se invece li intrecciate l’uno con l’altro, i fili formeranno un tessuto molto resistente. In un pezzo di stoffa, l’intreccio armonico dei fili produce un tessuto robusto. Se mente, pensieri, intelletto e il Residente interiore diventano una cosa sola, sarà come quando tutti i fiumi si fondono con l’oceano. Tutte le piccole correnti individuali diventeranno Dio stesso.

Incarnazioni d’Amore,

qualunque cosa facciate, consideratela Amore. Fate che ogni parola diventi un mantra, ogni pensiero una dedica a Dio, ogni luogo un tempio. L’individuo e Dio non sono separati. La gente ritiene che l’anima dei singoli individui sia nuova, mentre Dio sia vecchio. È stata la scienza a fare questa distinzione. La divisione dell’amore è stata provocata dalla scienza.

Lo spirito d’amore è divino. Alimentate la società con l’amore, soltanto con l’amore.

Alla fine del Discorso, Baba ha cantato il bhajan: “Prema Mudita Manase Kaho”

Kodaikanal, Sai Shruti,

24 Aprile 1997

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