SathyaSaiWiki - Italia

Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Strumenti Utente

Strumenti Sito


discorsi:1997:19970501

19930501 - 01 maggio

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Contemplate sempre il Principio Atmico

“Non c’è austerità comparabile alla pace.
Non c’è ricchezza più grande del sapersi accontentare.
Non c’è malattia se non il desiderio.
Non c’è Dharma più grande della compassione.”

La compassione è la base di tutte le religioni

Incarnazioni della Divinità!
In questo mondo, ognuno si sforza dalla mattina alla sera di ottenere la pace. Quali sono le pratiche spirituali richieste per questo scopo? Nessuna pratica spirituale è necessaria per acquisire la pace: essa è profondamente insita in voi. Quando conoscete l’Âtma, sperimentate la pace. La pace si trova in voi come Principio Atmico, non ha forma propria. La sua base è l’Âtma. Nessuna austerità né alcun rituale sono necessari affinché la pace emerga dal cuore; non c’è bisogno di alcuna pratica spirituale per ottenerla. Tutte queste pratiche sono relative al piano fisico e secolare.

I desideri non limitati nel numero sono la causa di molte malattie

L’uomo si procura molte cose per la comodità del corpo e pensa che questa sia felicità. È convinto del fatto che dormire su un materasso costoso in una stanza climatizzata gli dia la felicità ma, senza la pace, non c’è alcuna felicità. Che cos’è la felicità? La vera gioia scaturisce dalle vibrazioni divine che emanano dal cuore. La felicità terrena è passeggera perché dura soltanto alcune ore o giorni; per ottenere la felicità senza fine, dovete contemplare il Principio Atmico. Non c’è felicità maggiore del sapersi accontentare. La felicità è il paradiso, l’infelicità è l’inferno.
L’uomo è legato da molti desideri; proprio questi sono la causa di tante malattie. Alcune di esse non concernono il corpo. Le perversioni della mente sono responsabili di numerose malattie. Se riduciamo i desideri che irretiscono l’uomo, estirpiamo molte malattie di cui egli cade vittima. La felicità, la pace e la salute dipendono dai pensieri.
La compassione è la base di tutte le religioni; non c’è Dharma più grande di essa. La gentilezza che emana dal cuore è compassione vera e propria.

Tutti sono messaggeri di Dio

Gesù disse di essere il messaggero di Dio; tutti sono messaggeri di Dio, non solamente Gesù. Chi è un messaggero? Colui che diffonde gli insegnamenti del Signore e ispira gli altri a farlo è, a tutti gli effetti, il messaggero. Tutti sono nati per diffondere il vangelo del Signore e non per dedicarsi a perseguimenti egoistici. Non comprendendo questa verità, l’uomo si rovina la vita con l’egoismo. Diffondere il messaggio di Dio ai quattro angoli del mondo è un dovere importante dell’uomo. Dimenticando questo, le persone condividono concetti contraddittori che causano inquietudine e sconforto, dando origine a depressione, confusione e dubbi.

I quattro Purushârtha

Secondo la cultura indiana, ci sono quattro Purushârtha (obiettivi della vita umana), cioè Dharma, Artha, Kâma e Moksha (rettitudine, ricchezza, desiderio e liberazione). Queste mete della vita sono primarie in India e anche in altri Paesi. I quattro Purushârtha sono relativi al Purusha. Alcuni dicono che questi Purushârtha riguardano gli uomini e non le donne. Che cosa si intende per Purusha? Purusha non significa uomo: indica l’Âtma e la consapevolezza. La consapevolezza non distingue tra uomini e donne: il Purusha è l’Âtma, che è lo stesso in tutti.
In genere, si pensa che il Dharma si riferisca alla carità, ma questo non è corretto. Le azioni che aiutano l’uomo a raggiungere la Divinità fanno parte del Dharma; quelle che inducono beatitudine nel cuore, manifestano la non dualità e sostengono l’Unità, costituiscono il Dharma. I sentimenti più profondi che riflettono la Divinità fanno parte del Dharma. Tutti devono praticare questo Dharma; in effetti la vita umana ha proprio questo scopo. L’essere umano dovrebbe comprendere la verità del fatto di essere nato per manifestare la Divinità. Il Dharma non si riferisce agli stadi della vita, come quello del capofamiglia o del rinunciante; questi riguardano il mondo e non l’Âtma. L’uomo dimentica la sua umanità fondamentale e si lascia coinvolgere da problemi secolari e mondani nella vita di ogni giorno, con il risultato di vivere non orientato al Principio Supremo. Artha, in quanto uno degli scopi della vita, è relativo al Principio Atmico; eppure si pensa generalmente che si riferisca alla ricchezza, ai possedimenti e alle proprietà. L’Artha vero è la consapevolezza di Dio; questa consapevolezza significa ricchezza di conoscenza e non di denaro. L’esperienza della Divinità è Artha ed è ciò che dobbiamo raggiungere e diffondere.
Contrariamente alla credenza popolare, Kâma indica il desiderio di raggiungere la liberazione, e non gli oggetti terreni che sono di natura temporanea. Noi, però, non cerchiamo di scoprire il significato reale di queste parole. Le persone non comprendono il significato vero di Kâma e lo associano ai piaceri e ai desideri terreni. Bisogna comprendere il significato reale di questi termini, riconoscere la meta effettiva della vita e diffondere questa conoscenza.
Moksha è uno stato privo di ingresso e uscita, nascita e morte. Âdi Shankara disse: “C’è un ciclo infinito di nascita e morte, e l’individuo deve stare continuamente nel ventre materno. Attraversare questo oceano di secolarità è difficile. O Signore compassionevole, proteggimi con la Tua grazia infinita.” Egli consigliò uno studioso dicendo: “O uomo stolto, adora Govinda: quando il Dio della morte verrà da te, la conoscenza della grammatica non ti aiuterà in alcun modo.” Qual è la via che porta alla Liberazione? Ricordate sempre Dio e meditate su di Lui. Seguite il sentiero sacro e raggiungete lo stato divino più alto in cui non c’è nascita né morte. Noi attribuiamo un significato terreno alle parole e prendiamo il sentiero sbagliato. Dio è perfetto: compite azioni perfette degne di Lui.

L’uomo dovrebbe sforzarsi di essere perfetto come Dio

In Italia, viveva un costruttore di violini famosissimo di nome Antonio. Egli faceva violini eccellenti e impiegava un anno per farne uno. Gli amici lo deridevano dicendo: “Tu impieghi un anno per fare un violino: come manterrai la famiglia? Sei veramente sciocco.” Egli rispondeva: “Io faccio ogni cosa perfettamente. Dio è perfetto; fare anche una sola corda imperfetta è come tradire il Signore, per cui io non agisco in tal modo. Faccio i violini perfetti in ogni senso, al fine di ottenere la grazia di Dio.” Un compito, grande o piccolo che sia, va assolto perfettamente. Gesù disse: “Il Signore che è in cielo è perfetto. Anch’Io lo sono, altrimenti non sarei un figlio degno di Lui.”
Dio è l’incarnazione della compassione, della gentilezza e dell’amore. Noi dovremmo manifestare una perfezione simile nel mondo. Allo scopo di raggiungere la perfezione in questo mondo, dobbiamo essere gentili verso tutti. Gli aspiranti spirituali di quei giorni ritenevano che Dio fosse perfetto; credevano quindi nel dovere di cercare di ottenere quel tipo di perfezione.
Darwin raggiunse la perfezione. Egli era uno scienziato rinomato, molto intelligente e saggio. Che pratiche intraprese per diventare tale? A chi chiese aiuto? Da studente, ebbe un insegnante di nome Henslow di cui eseguiva incondizionatamente le prescrizioni. Pensando sempre al suo insegnante, ne seguiva le orme. Una volta, questi lo invitò a un incontro. Essi erano vicini e si somigliavano. Com’era possibile? Ciò è dovuto al fatto che Darwin seguiva perfettamente l’insegnante. Se il carbone giunge in contatto col fuoco, diventa fuoco; l’insegnante è il fuoco e il discepolo il carbone, ma nel Kali Yuga le persone non cercano di comprendere questa verità. Se noi ricordiamo Dio, dovremmo seguirNe i comandi. Voi potete ascoltare quanti discorsi volete ma, se ciò che udite non penetra nel cuore, state sprecando totalmente il tempo.
Una volta, uno scultore portò alla corte del re Bhoja tre bambole bellissime e molto simili. L’imperatore chiamò il primo ministro e gli chiese di decidere quale fosse la migliore. Questi portò un filo di ferro e lo infilò in un orecchio di una delle tre. Il filo uscì dall’altro orecchio ed egli disse che quella era la peggiore. Poi infilò lo stesso filo nell’orecchio della seconda e lo vide uscire dalla bocca, al che disse: “A questa si può dare il secondo premio.” Il filo, infilato quindi nell’orecchio della terza bambola, non ne fuoruscì. Allora il ministro dichiarò: “Questa merita il primo premio.” Che cosa significa? Significa che la persona che assimila ciò che ode è la migliore.
Che cosa implica? Chi ode una cosa con un orecchio e la lascia uscire dall’altro spreca totalmente il tempo; chi la ode e la condivide per mezzo della parola è di livello medio, mentre chi medita su ciò che ha udito e lo digerisce è il migliore. Le tre bambole rappresentano le tre categorie di persone: alcune trasmettono agli altri ciò che hanno udito, altre ci riflettono, ma ascoltare, meditare e mettere in pratica colma di soddisfazione e capacità. Se si vuole vivere al meglio, bisogna seguire questo suggerimento. Questa è l’essenza dei Discorsi di Swami.

La natura è la manifestazione della Divinità

Anche Dio è uno scultore e tutte le cose dell’universo sono creazioni Sue. Neppure due sole cose della creazione sono identiche. Nel mondo ci sono più di sei miliardi di persone, ma neppure due di esse sono uguali. Ci sono differenze persino nei gemelli. L’uomo produce anche cose identiche, la natura no; un albero ha migliaia di foglie simili, ma nessuna è identica a un’altra.

“Le storie del Signore sono sorprendenti:
purificano la vita delle persone nei tre mondi.
Sono come la falce che taglia i rampicanti dei legami del mondo.
Sono come un buon amico che vi aiuta nel momento del bisogno.
Sono come un riparo per i saggi e i veggenti che fanno penitenza nella foresta.”

Noi possiamo conoscere il potere di Dio osservando la creazione, ma vediamo la creazione e non il Creatore. L’uomo è sbigottito alla vista della creazione, ma non cerca di ottenere la gioia dal Creatore. Dov’è la creazione se non c’è il Creatore? Noi dovremmo cercare di vedere il Creatore.

Ottenete la vicinanza di Dio

Voi non avete bisogno di andare in alcun luogo per vedere Dio, non dovete andare nella foresta, fare meditazione o digiunare. Potete vedere Dio se volgete la mente all’interno. Se i vostri pensieri sono rivolti all’esterno, vedete soltanto l’esterno, gli oggetti del mondo. Quindi focalizzateli sull’interiorità. Oggi, la visione dell’uomo è totalmente esteriore, ma Dio e all’interno. Voi stessi siete Dio, tutti gli esseri sono le innumerevoli forme di Dio.
Tutti i vostri organi, cioè la testa, gli occhi, le gambe ecc., funzionano grazie al Potere Divino. Senza la Sua Volontà, non potreste parlare. Anche il suono dipende da Lui. La voce interiore che proviene dal cuore si trasforma in parole per Sua volontà. Un Potere Divino di tale grandezza è dentro di noi e intorno a noi, ma non ne siamo consapevoli.
Ecco un esempio: possiamo vedere l’aria in cui siamo immersi? Possiamo toccarla? No. Questo significa che non esiste? Senz’aria non potremmo vivere. Sebbene non possiamo vederla né toccarla, l’aria è la sorgente della vita; noi siamo vivi soltanto grazie a essa. Certamente possiamo sentirla. Dobbiamo indagare e acquisire intelligenza unita alla saggezza per sperimentare la Divinità. Che cos’è la saggezza? Vedere dovunque la non dualità è saggezza. Esiste soltanto l’Uno che ha acquisito molte forme. Quest’Uno è hero (eroe), il mondo è zero (zero). Lo zero, posto dopo l’uno, diventa 10, 100, 1000, 10.000 e così via.
Il sole, la luna e la terra hanno forma sferica. In altre parole, la natura è soltanto zero, Dio è il solo hero. Se guardate la natura e dimenticate Dio, diventate zero.
Incarnazioni dell’Amore Divino!
Tutto è dentro di voi; fuori non c’è niente. L’esteriore è soltanto la reazione, il riflesso e la risonanza del vostro stato interiore. Tutti dovrebbero comprendere questa verità e diffonderla come messaggio di Dio. Allora tutti sarebbero veri messaggeri di Dio.
Prima Gesù disse: “Io sono il messaggero di Dio.” Poi: “Io sono il figlio di Dio.” Come messaggero di Dio, Egli portò la Divinità agli altri, ma sentiva di non esserGli molto vicino; era distante da Lui. Se diffondete il messaggio di Dio, ottenete la vicinanza con Lui; quindi siete chiamati figli di Dio. In questa situazione, Dio è il soggetto e il figlio è il Suo riflesso: sapete allora di essere l’Antico e che lo stesso Âtma è presente dovunque e in tutti. Il Santo Purandarasa cantava: “O Signore! Ho sofferto perché ti avevo dimenticato. Tu sei tutto per me e mi hai concesso ogni cosa. Tu sei mio padre e il gioiello prezioso nella scatola di questo corpo. O Signore! Finché Tu sei il mio Maestro Supremo, io non sono un orfano o un mendicante. Tu mi dai consiglio ed educazione, sei il mio Padrone e Salvatore. Finché io mi affido a Te, non sono povero né misero. O Signore! Tu sei la forma effettiva della dolcezza. Tu mi procuri ogni cosa. Io sono una marionetta nelle Tue Mani.” Quando Gesù disse: “Io sono il figlio di Dio” era consapevole di tutto questo.

“Chi ha dato i bellissimi colori alle penne del pavone?
Chi ha dato il becco rosso al pappagallo verde?
Chi ha piantato l’albero in cima alla montagna e lo ha innaffiato?
Chi fornisce il cibo che sostiene il girino nelle fessure di una roccia?
Dio è la base fondamentale di tutta la creazione.”

Le persone rivolte al mondo sono cieche a queste meraviglie. L’ignoranza causata dall’ego le porta alla rovina. Tutti e tutto non sono che Dio. Dio è onnipresente. Se acquisite questo tipo di consapevolezza, avrete beatitudine totale e pace imperitura.
Oggi c’è penuria d’amore e compassione nel mondo. L’uomo è privo d’amore, pace e senso di sacrificio. Soltanto la trasformazione della mente può portare al cambiamento dell’individuo e del mondo. La mente soltanto è il volante; se la controlliamo efficacemente, possiamo raggiungere la meta. Al fine di compiacere Dio, che è l’incarnazione della perfezione, anche noi dobbiamo diventare perfetti.

Bhagavân ha terminato il Discorso con il bhajan: “Madhura Madhura Murali Ghanashyâma…”

Kodaikanal, 1° maggio 1997
Sai Shruti

(Da “Sanâtana Sârathi”, ottobre 2018)

discorsi/1997/19970501.txt · Ultima modifica: 2019/02/03 05:48 da sathyamax