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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1997:19970504

19930504 - 04 maggio

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Pregate soltanto Dio per avere pace e beatitudine eterne

Tutti i nomi e le forme sono manifestazioni dell’Essere Supremo che è propizio e incarnazione della pace; Egli è Esistenza, Conoscenza e Beatitudine assoluta, è non duale. È Satyam, Sivam, Sundaram (Verità, Bontà, Bellezza).

Tutto diventa fausto quando pensate a dio

Incarnazioni dell’Amore Divino!
La pace è custodita nel cuore di tutti gli esseri. Tutti sono nati in pace e aspirano alla pace. L’uomo cerca la pace in ogni azione dall’alba al tramonto. Compie pratiche spirituali cercando la pace.

I desideri delle cose del mondo causano agitazione nell’uomo
Tutti desiderano ciò che è propizio, non cercano cose calamitose; essendo lieti per natura, vogliono soltanto cose che portino al bene. Tutti sono fausti, tutto e fausto dovunque. Dio è la causa di ogni cosa e il mondo è il Suo effetto. L’uomo è l’incarnazione della legge di causa ed effetto, per cui ha in sé sia la divinità sia l’umanità, ma nel mondo odierno vediamo soltanto irrequietezza, confusione, caos e desideri illimitati. Ogni persona è piena di conflitti; osservate i problemi che incontra nello sforzo di soddisfare i desideri. L’essere umano ha anche anelito per Dio, ma, se vuole riuscire nell’impegno, deve abbandonare prima di tutto le caratteristiche malvagie e i dubbi.

La guerra del Mahâbhârata durò diciotto giorni; la battaglia tra Râma e Râvana durò settantacinque giorni. Le guerre non sono cessate nei cinquemila anni seguenti. Fino a oggi, sono state combattute cinquemila seicento guerre: quale vittoria ha ottenuto l’uomo con esse? Nel suo cuore c’è una guerra costante. Egli intraprende molte pratiche spirituali per liberarsi dell’inquietudine, ma non sa raggiungere la pace; al contrario, se ne allontana giorno dopo giorno a causa delle azioni sbagliate. Sebbene la pace sia in lui, egli non riesce a sperimentarla e a derivarne ânanda a causa dei desideri per le cose del mondo e degli attaccamenti. Prima di tutto, in lui dovrebbe avvenire la trasformazione mentale senza la quale tutta la sâdhanâ è uno spreco.

Noi ascoltiamo il canto dei mantra e dei discorsi ogni giorno, ma non li mettiamo in pratica nella vita. La pratica è molto importante; per produrre la trasformazione, la sola conoscenza tratta dai libri non basta. Sono necessarie la conoscenza pratica e la fede in Dio. Seguite il Dharma e fate il vostro dovere: l’uomo si trasforma soltanto per mezzo delle azioni.

Pregare per soddisfare i desideri delle cose del mondo è sbagliato

C’era una volta un uomo ricco che pregava Dio costantemente. Un giorno, un amico andò a trovarlo e gli chiese: “Tu hai molte ricchezze e grande fama, non hai bisogno di denaro. Non hai soltanto ricchezza materiale, ma anche buona salute e figli: per che cosa preghi allora?” L’uomo ricco rispose: “O individuo sciocco, non si prega per la ricchezza materiale e la prosperità. Dal povero al ricco, ognuno ha i mezzi e le comodità che merita e soddisfa la fame soltanto col cibo. La persona ricca non può mangiare oro e diamanti. Il povero può mangiare cibo poco costoso; la fame è la stessa anche se il cibo è diverso.

Ambedue mangiano cibo soltanto, ambedue sono nati dal ventre della madre, sono nati sulla terra e soffrono della stessa fame. Dovremmo comprendere il principio dell’unità della creazione: c’è l’Uno, l’Uno, l’Uno e soltanto l’Uno. I Veda dicono che c’è l’Uno, non due. Io non prego per le proprietà o la ricchezza; che le si desideri o no, le si riceverà se a ciò si è destinati. Esse arriveranno anche per chi si nasconde in una foresta. Per quanto lo si protegga e se ne abbia cura, un giorno o l’altro il corpo dovrà andarsene. Anche se il medico prescrive la medicina migliore, il corpo è destinato a soccombere. Noi riceveremo ciò che ci è destinato dovunque siamo, in una città, nella foresta, in montagna o in mezzo al mare. Noi riceveremo ciò che meritiamo. Pregare Dio per soddisfare desideri mondani è sbagliato. Io non prego Dio per avere possedimenti terreni.”
L’amico chiese: “Allora per che cosa preghi, per la salute?”
L’uomo ricco rispose: “Non essere ridicolo! Questo corpo fatto dei cinque elementi è una borsa di sporcizia, un canestro di malattie, una gabbia fatta di ossa. Sapendo questo, io non prego per la salute o per una vita lunga; a che servono? Non prego neppure per l’intelligenza. Prego per ciò che è con Dio e che io non ho: io non ho la Pace duratura. Ciò che ho è soltanto una pace temporanea ed effimera. Dio è l’incarnazione della Pace, quindi io prego per la Pace e l’Amore eterni. Il mio amore è piccolo, limitato, cerca il guadagno egoistico e mira comunque a ricevere. Dio è sempre pronto a dare; il Suo Amore è espansivo e illimitato.
Perché dovrei pregare per ciò che ho già? Io prego per qualcosa che non ho. Questa è vera devozione. Io non prego Dio per i miei desideri insignificanti e per gli oggetti del mondo.”

“Perché desiderate cose da niente se avete davanti a voi il Kalpavriksha,
l’albero che soddisfa tutti i desideri?
Che bisogno c’è di comprare una mucca
se possedete Kâmadhenu, la mucca che vi dà tutto ciò desiderate?
Se avete il scintillante monte Meru,
perché anelate agli spregevoli argento e oro?
Similmente, se avete l’onnipotente Signore Krishna in voi,
con voi e attorno a voi, perché andate nel panico per questioni così insignificanti?”

Perché dovreste desiderare la vita terrena e pregare per avere cose terrene se Dio è pronto a darvi forza, devozione e liberazione? Noi dovremmo pregare Dio per l’amore e la pace che non abbiamo. Egli è l’incarnazione dell’Amore, è l’oceano della Pace. Dovremmo ottenere qualche goccia d’amore da questo Oceano d’Amore. Dovremmo offrire la nostra vita a Dio e dedicarla totalmente a Lui. Egli si occuperà di noi e ci proteggerà. Noi dovremmo affidare tutte le nostre responsabilità a Lui che è l’Unico che fa tutto. Dio è tutto.

Acquisite la conoscenza sperimentale

Il Principio Atmico è lo stesso in tutti; noi dovremmo indagare in noi stessi per ottenere questa conoscenza. Esistono tre tipi di conoscenza: la conoscenza ottenuta dai libri, la conoscenza discriminante e la conoscenza pratica. La conoscenza libresca è superficiale, quella discriminante ci consente di distinguere tra ciò che è reale e ciò che non lo è. La conoscenza pratica deriva dall’esperienza e inizia con la conoscenza discriminante. Una piccola quantità di conoscenza basata sull’esperienza è sufficiente, ma, finché dipendiamo dal mondo esteriore, non possiamo averne.

Una volta, un viaggiatore camminò per un tratto portando un fagotto di cibo sulla testa. Il peso del cibo non gli permise di andare oltre, per cui sedette sulla riva di un fiume, aprì il fagotto e mangiò tutto. Il cibo era un peso finché era fuori: lo era anche nel suo stomaco? No. Non appena quel cibo entrò nel suo corpo, egli acquistò energia e fu alleviato dal peso. La conoscenza esteriore è superficiale e pesante, quella interiore è basata sull’esperienza. A che cosa serve studiare tanto senza sapere chi siete?

“L’istruzione moderna porta soltanto all’argomentazione,
non alla saggezza totale.
A che serve acquisire l’istruzione
che non può condurvi all’immortalità?
Ottenete la conoscenza che vi rende immortali.”

Questo è Amore Divino. L’Amore Divino non ha morte. Perseguite l’istruzione che vi fa acquisire questo amore. Si possono acquisire alte qualifiche accademiche come l’M.A. o il B.A. e ottenere una posizione di rilievo. Si possono ammassare ricchezze, compiere atti di carità e ottenere nome e fama. Si può avere forza fisica e godersi una vita lunga e felice. Si può essere grandi eruditi e studiare e predicare i Veda. Nessuno, però, può eguagliare un vero devoto del Signore.

La vita senza amore è inutile

Noi continuiamo a ripetere bhakti, bhakti. Che cos’è la bhakti? È meditazione, canto del Nome di Dio o bhajan? Questi possono essere i mezzi della bhakti, ma non sono la bhakti. Noi dobbiamo sviluppare l’amore. L’istruzione priva d’amore non ha scopo. Noi siamo l’incarnazione dell’Amore infinito; a che serve vivere senza amore? La vita senza amore è inutile: anche se abbiamo tutte le comodità e godiamo di tutti i piaceri, è come un deserto. A che scopo possedere grandi terre deserte? Un pezzetto di terra fertile è sufficiente. Affidate completamente il vostro sacro cuore a Dio con amore vero: questo basta. Un cucchiaio di latte di mucca è migliore di un barile di latte d’asina. Naturalmente, noi abbiamo bisogno di cibo da mangiare, di vesti da indossare e di un luogo ove riposare, ma il nostro bisogno reale consiste nell’ottenere la grazia di Dio.

Dopo la nascita, quante persone si sono trasformate in esseri umani veri? Quante hanno compreso la relazione tra il karma e la nascita? La nascita è comune all’essere umano e alla scimmia, ma possono essi essere uguali? Possono le corna di un bufalo essere uguali ai denti di un elefante? L’essere umano deve vivere al fine di trasformarsi in una persona ideale; questa è vera devozione.

“Si può uccidere un serpente soltanto colpendo il formicaio?
Si può vincere il desiderio di piaceri sensuali
soltanto sottoponendo il corpo alla penitenza?
Si può diventare conoscitori del Sé soltanto digiunando?
Come può una persona raggiungere la Verità ultima se non conosce se stessa?”

La vera devozione di Tulsidas

Tulsidas risiedeva sul monte Citrakûta e contemplava continuamente Râma, vedeva tutto come Râma. Egli stava scrivendo il Râmâyana e un giorno udì una voce eterea: “Tulsidas, tu pensi soltanto a Râma e stai componendo il Râmâyana. Quando canti rivolto a Rama, una persona anziana ti ascolta e piange. Se vuoi che la tua aspirazione sia esaudita, abbraccia i piedi di quella persona.”

Il giorno dopo, mentre cantava la gloria di Râma, Tulsidas vide un vecchio che piangeva copiosamente. Ne abbracciò allora i piedi e disse: “Tu sei la fonte che soddisferà il mio sogno; io otterrò la visione di Râma soltanto grazie a te”, al che l’altro rispose: “Non c’è bisogno che io ti conceda la visione di Râma; tu avrai il Suo darshan quando il tuo cuore sarà maturato. Tu pensi sempre a Râma mentre fai il Suo lavoro.” Quel vecchio altri non era che Hanuman; egli è sempre presente dovunque si canti la gloria di Râma.

Tulsidas pensava sempre: “Quando otterrò il darshan di Râma?” Un giorno un bimbetto andò da lui e gli disse: “Nonno, per favore, dammi un po’ di pasta di sandalo.” Poi prese la pasta e andò via. Subito dopo, Tulsidas sentì due uccelli che parlavano tra loro appollaiati sull’albero ai cui piedi egli sedeva: “Quant’è ignorante Tulsidas! Râma è andato da lui nelle vesti di un ragazzino e gli ha chiesto della pasta di sandalo senza che lui lo riconoscesse!”

Voi non sapete in che forma Dio verrà da voi; tutte le forme sono Sue. Non bisogna pensare che Egli sia limitato a una forma particolare. Tutte le forme sono divine. Dio può assumere forma umana, tuttavia la Divinità Lo pervade da capo a piedi. Da quel momento, Tulsidas considerò chiunque incontrasse come fosse Râma.

Il giorno seguente, due ragazzini andarono da Tulsidas e uno di loro disse: “Nonno, ieri mi hai dato della pasta di sandalo: oggi abbiamo fame; dacci del cibo.” Tulsidas, allora, pensò: “Sembrano esseri umani comuni; in realtà, sono Râma e Lakshmana.” Abbracciò quindi i piedi di Râma e quando Questi cercò di allontanarsi, Lo pregò: “Io non Ti lascerò andare finché non mi darai la forza. O Rama, ascolta la mia supplica: sii intorno a me sempre e dovunque. Ti prego di esaudire questa mia preghiera.” Immediatamente i due ragazzi sparirono. Tulsidas a quel punto capì che Dio è ovunque e ogni cosa è propizia se si pensa a Dio.

Voi udite il suono So Ham quando respirate. Finché c’è il respiro, il corpo è fausto, è Shivam; quando il respiro si arresta, diventa shavam (cadavere). Quando il principio vitale esce dal corpo, nessuno può seguirlo. È il bhajan di Râma che mantiene la luce accesa nel cuore dell’uomo. Quindi cantate i bhajan: allora ci sarà luce dovunque e voi otterrete la beatitudine dell’unità con Dio.

Considerate ognuno come Dio

Da dove viene Mâyâ? Essa è il risultato del vostro pensare illusorio. Quando Dio viene sulla terra in forma umana, noi pensiamo che sia soltanto un essere umano: questa è Mâyâ. Noi dovremmo allargare il cuore e considerare tutti come Dio. Le gopî vedevano Dio in ogni cosa; pensavano che ogni pianta e fiore fossero Dio. “Hai visto Krishna? L’hai visto?” chiedevano le gopî a ogni fiore. “O fiori di gelsomino, c’è qualcuno che si nasconde dietro di voi? Qualcuno di voi ha visto Colui che ha gli occhi di loto e spande continuamente Amore?” Le gopî avevano un cuore così grande da vedere Dio ovunque. Noi pensiamo che Dio sia nella stanza della preghiera e sediamo lì per alcuni minuti con gli occhi chiusi, ma Lo dimentichiamo non appena usciamo. Dio è ovunque.

Tyâgarâja disse: “Râma, Tu sei dovunque; non c’è luogo ove Tu non sia. Nessuno può descriverTi, neppure Brahma. Io attendo la Tua grazia. Ti prego, spandila su di me. Tu sei oltre ogni descrizione; nessuno può descriverTi. La descrizione sarebbe insufficiente perché la nostra visione è imperfetta. Tutto ciò che possiamo fare è adorarTi e dedicare a Te ogni azione.”

Dio è l’incarnazione della Beatitudine e dell’Amore, è l’unico che ha l’Amore e la Beatitudine totali, per cui risiede nel luogo in cui ci sono l’Amore e la Beatitudine. Quando cantate i bhajan, aspirate all’Amore e alla Beatitudine. Alla fine, voi dite: “Shânti, Shânti, Shânti.”
(Swami dice Shânti tre volte con voce aspra, poi aggiunge:)
Dite Shânti pacificamente, non ditelo con ashânti (mancanza di pace). Quando la vostra mente è disturbata, voi diventate facilmente rabbiosi e agitati. Quindi dovete dire “Shânti, Shânti, Shânti” pacificamente per ritrovare la pace. Siate sempre pieni d’amore. Anche se non potete fare sempre delle gentilezze, parlate sempre gentilmente: questo è un segno d’amore e devozione. Non pregate per avere cose terrene o affinché i desideri vi vengano soddisfatti. Pregate soltanto per avere amore sacro e pace. Swami desidera che preghiate per la Pace duratura, per l’Unione con Dio e per l’Amore Divino.

Bhagavân ha terminato il Discorso con il Bhajan “Hare Râma, Hare Râma.”

Kodaikanal, 4 maggio 1997
Sai Shruti

(Da “Sanâtana Sârathi”, gennaio 2019)

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