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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1997:19970730

19970730 - 30 luglio

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Cantate il Nome di Dio e sperimentate la Divinità

“Non con le penitenze, non con i pellegrinaggi, né con lo studio delle Scritture o con la ripetizione dei mantra si può attraversare l’oceano della vita; questo si ottiene solamente servendo le persone pie.”

Il potere divino è vero potere

L’uomo non ha bisogno di ricorrere alle penitenze per raggiungere Dio né di fare pellegrinaggi per ottenere la liberazione. Come può allora attraversare l’oceano della vita terrena? Vien detto: “Servendo le persone pie.” Chi deve servire? Tutti devono servire. Tutti sono servitori in questo mondo. Il figlio è il servitore della madre, la madre è la servitrice del figlio, il marito è il servitore della moglie, la moglie è la servitrice del marito, l’insegnante è il servitore degli studenti, gli studenti sono i servitori del loro insegnante, il governo è il servitore dei cittadini, i cittadini sono i servitori del governo. Dal re al contadino, tutti sono solamente dei servitori. Dal punto di vista della ricchezza, uno può considerarsi un padrone, ma esiste un solo padrone, Dio; tutti gli altri sono dei servitori.

Il servizio è la via regale che porta al cambiamento della vita
Una volta, il vecchio amico di un re lo andò a trovare. Il re fu contento di vedere il suo vecchio amico e chiacchierò con lui affettuosamente. L’uomo era molto vecchio e si appoggiava al bastone. Il re gli chiese come gli andasse la vita e quegli rispose che in vecchiaia si ha bisogno di essere sostenuti e che il bastone era appunto il suo sostegno. A sua volta, il vecchio chiese al re se servisse bene il popolo e il re rispose che lui era un re e non avrebbe mai potuto essere un servitore. L’amico pensò allora di impartirgli un insegnamento pratico: nel salutarlo, lasciò cadere il bastone. Non essendo egli in grado di chinarsi a raccoglierlo, il re si chinò immediatamente, raccolse il bastone e glielo porse, al che l’amico disse: “Tu dici di non essere un servitore, ma proprio ora mi hai servito, per cui sei il mio servitore.” Tutti devono servirsi reciprocamente una volta o l’altra, e dire che non si è dei servitori è ignoranza. Lo spirito di servizio è presente in tutti, ma varia da persona a persona a seconda dello stato della mente.

“L’acqua piovana, caduta sulla sabbia, viene assorbita Diversamente, se cade sull’argilla, non vi penetra e diventa dolce. Comunque, una goccia di pioggia che cade in un’ostrica diventa una perla e riluce fulgidamente. In modo simile, il servizio risplende in una persona secondo quanto essa merita.”

Per fare servizio non c’è un tempo specifico: lo si può fare dovunque, in qualunque momento e a chiunque. L’attitudine al servizio non si può acquisire con lo studio delle Scritture. Il servizio è la via regale per una vita compiuta.
C’era una volta un angelo che studiava un libro della Bibbia chiamato “Rivelazione”. San Giovanni si avvicinò all’angelo e gli chiese che cosa stesse studiando, al che l’angelo rispose: “Sto studiando il libro della Rivelazione. Anche tu dovresti leggerlo, ma che tu lo legga non è sufficiente: devi mangiarlo, masticarlo e digerirlo”, dopodiché scomparve. San Giovanni non capì il significato di quelle parole e si chiese come potesse mangiare, masticare e digerire quelle pagine. Ci pensò sopra un bel po’, chiedendosi che cosa s’intenda per “mangiare il libro”?
Comprendere il contenuto completamente dall’inizio alla fine è mangiarlo, rifletterci è masticarlo e metterlo in pratica è digerirlo. Solamente la pratica vi dà soddisfazione e forza. Oggi, le persone studiano le Scritture, ma neppure una frase del libro entra nei loro cuori. Non è uno spreco di tempo? San Giovanni digerì il contenuto del libro e cominciò a riflettere sui suoi insegnamenti; egli passò la vita servendo Dio. Nella cultura bhâratiya si dice che “chi conosce Brahman diventa davvero Brahman”. Se meditiamo su Dio, diveniamo Dio. Con il tempo, la faccia di san Giovanni cominciò a irradiare splendore divino come un angelo. Nella cultura indiana c’è la storia di Vâlmîki che rubava e faceva del male alle persone; quando incontrò i sette grandi saggi, egli cominciò a ripetere il Nome di Râma costantemente come essi gli avevano consigliato. Egli era così concentrato nella sâdhanâ che, sul suo corpo, presero forma dei termitai: neppure allora smise di ripetere il Nome di Râma. Infine lo splendore di Râma cominciò ad apparire sul suo volto ed egli si fuse con Râma. Il fulgore di Hari splendeva sulla faccia di Prahlâda perché egli ripeteva continuamente il Nome di Hari. Voi diverrete uno con la forma divina che contemplate e la luminosità si manifesterà sul vostro volto. Questa è la verità. Una persona di questo tipo sarà sempre in beatitudine e il suo volto irradierà felicità. Grazie alla ripetizione continua del Nome di Dio e alla Sua vicinanza, guadagnerete la ricchezza della Divinità. Quando il carbone viene a contatto col fuoco, diventa rosso. Satsang significa “vicinanza a Dio”. Voi potete trovare il compimento della vita con la vicinanza a Dio e facendo servizio. Servizio a Dio vuol dire servizio al mondo. Fate servizio agli altri dovunque sia richiesto, ma agite sempre per compiacere Dio; questo è il dovere primario dell’essere umano. Che cosa ci insegna la Natura? Essa lavora instancabilmente, non riposa neppure un momento. La terra ruota sul suo asse alla velocità di mille miglia l’ora; noi dobbiamo riflettere sulle implicazioni di questo. Grazie alla sua rotazione, abbiamo il giorno e la notte. Le persone lavorano tutto il giorno e riposano di notte; in modo simile, tutti gli esseri sulla terra riposano di notte grazie a questa rotazione. Anche le bestie, gli uccelli, i vermi e gli insetti riposano di notte. La terra gira intorno al sole alla velocità di sessantaseimila miglia l’ora; conseguentemente, noi abbiamo le stagioni che portano la pioggia e questa fa crescere i raccolti che costituiscono il cibo. La terra fa un lavoro incessante per fornirci il cibo; essa è continuamente impegnata nell’azione. L’essere umano, nato dalla terra, deve emularla e fare servizio, altrimenti come lo si può chiamare un figlio della Madre Terra? L’uomo, essendo un Pârtha, un figlio della terra, deve dimostrare di essere un figlio degno impegnandosi nel servizio altruistico. Le navi sono guidate dai fari. Ogni pensiero divino è come un faro per l’essere umano. Krishna si rivolgeva sempre ad Arjuna chiamandolo Pârtha; anche se Arjuna aveva nomi diversi, Krishna scelse sempre di chiamarlo Pârtha. Il nostro nome originario è Pârtha perché siamo nati dalla terra. Pârtha indica anche uno che ha il cuore puro. Arjuna aveva un cuore puro; per questo era chiamato Pârtha. Il cuore di una madre è molto puro. Gli esseri possono creare inquinamento, ma la terra rimane sempre pura. Se la terra si riposasse, tutta la vita giungerebbe a un punto morto.
Le Scritture dicono: “Tra tutti gli esseri viventi, la nascita umana è la più rara.” Per il sonno, il cibo e la procreazione, l’essere umano non è diverso dagli altri animali; in che cosa è quindi migliore? Egli ha il potere di discriminare tra ciò che è permanente e ciò che non lo è e questo è conosciuto anche come Consapevolezza Piena e Costante. Se manca di questa facoltà, egli è davvero un animale. L’essere umano solamente ha questo potere, ma oggi egli ha dimenticato questo dono di Dio. Ciò che ricevete da Dio, dovreste offrirGlielo di ritorno; voi potete essere impegnati nel servizio ai vostri simili, ma dovreste offrire tutte le facoltà a Dio.

Ottenete la grazia di Dio tramite l’abbandono totale
Lakshmana seguiva sempre Râma. Egli aveva moglie, madre, un regno e anche molte responsabilità, ma non poteva vivere senza Râma, per cui sacrificò tutto dicendo: “Râma, Tu sei tutto per me, sei il mio solo rifugio. Senza di Te io non posso vivere. La moglie e i figli sono temporanei come nuvole passeggere che vanno e vengono. Tu eri prima della mia nascita e sarai anche dopo la mia morte.”

“La Verità rimane immutata nei tre periodi di tempo: passato, presente e futuro.”

La Verità è Dio.
Un giorno nella foresta, Râma fece finta di essere stanco e, sedendo su un sasso, chiese a Lak¹ma²a di costruire una capanna. Il fratello gli chiese: “Dove devo costruirla, Signore?” Al che Râma rispose: “Costruiscila dove preferisci.” Lakshmana cominciò a piangere e implorò: “Quale peccato ho commesso?” Ciò sorprese Sîtâ che gli chiese: “Che cosa ha fatto Rama per turbarti e farti piangere?” Lakshmana rispose: “Ho io delle preferenze mie? Io mi sono abbandonato totalmente a Râma, ma se Egli dice che ho delle simpatie o antipatie significa che il mio abbandono a Lui non è totale. Questo mi fa soffrire.” Râma lo stava mettendo alla prova per dimostrare al mondo la purezza del suo cuore. I sentimenti divini nascono nelle persone a seconda della purezza dei loro cuori. Questa sacra storia di Bhârat racconta vite ideali. Anche Arjuna aveva l’ego e si rivolse aspramente a Krishna prima della battaglia dicendo:

“Con menti così ristrette, abbandoneranno i Kaurava tutte le differenze e faranno amicizia con noi?
Possono i poli nord e sud incontrarsi?
Invece di perdere tempo, perché non dici loro che siamo pronti alla battaglia?
Dare consigli buoni ai malvagi è come gettar fiori di gelsomino nel fuoco.
Smettiamo di parlare di pace.”

Sul campo di battaglia però lo stesso Arjuna lamentò: “Come posso uccidere i miei amici e parenti? Riportami a casa. Io non posso combattere questa battaglia.” Ed è allora che Krishna lo ammaestrò con gli insegnamenti della Bhagavad Gîtâ. Dal primo all’ultimo verso del primo capitolo del poema, Arjuna continuò a lamentarsi e protestare, mentre Krishna non pronunciò una sola parola; quando Arjuna tacque, Egli gli chiese: “Hai vuotato il sacco? Ora ti dirò ciò che devi fare. Ascolta.” Dopo aver ascoltato le parole di Krishna, Arjuna disse: “Io farò tutto ciò che mi comanderai di fare.” Prima Arjuna considerava se stesso come un grande e insuperato eroe nell’arte del tiro con l’arco, ma infine divenne un servitore; solamente allora Krishna assunse la responsabilità completa di guidarlo e proteggerlo. Gajendra (il re degli elefanti), quando fu afferrato da un coccodrillo, lottò a lungo affidandosi sempre alla propria forza; poi si afferrò a un albero, ma anche quello si dimostrò inutile. Nell’acqua, il potere del coccodrillo crebbe e l’elefante non poté più difendersi; allora comprese che solamente Dio poteva salvarlo per cui pregò: “Signore, sono esausto, la forza mi abbandona. So di non avere altro rifugio che Te. O Signore! Ti prego, vieni a salvarmi.” Solamente allora Dio prese in considerazione la sua preghiera. Finché fate conto sulla vostra forza, sull’istruzione e la ricchezza, Dio rimane solamente un testimone ma, quando Gli offrite tutto e vi abbandonate a Lui, Egli si prende cura di voi. Non dovete fare alcun servizio a Dio se non riporre in Lui fede e fiducia totali. Voi potete fare una gran quantità di sâdhanâ, ma Dio non vuole la sâdhanâ. Che cosa significa sâdhanâ? Sa+Dhana=Sâdhanâ: Sa significa “Sarvesha” (Dio) e Dhana vuol dire “ricchezza”. Pertanto, sâdhanâ significa “ricchezza di Dio”.
Il Potere Divino è vero potere e voi dovete aspirare a ottenerlo. Quando avete il Potere Divino, il vostro volto risplende fulgido. Potete avere molta ricchezza e potere, ma, se nel cuore non avete sentimenti divini, avrete una faccia triste. Quando pensate a Dio, il Suo splendore si riflette sul vostro viso.

Se conoscete Dio, diventate Dio
Prahlâda era un ragazzino ed era vittima di grandi tormenti: era costretto a bere veleni mortali e a sedere sul fuoco; veniva gettato tra elefanti selvaggi e serpenti velenosi. A dispetto di tutto questo, egli continuava a recitare “Om Namo Nârâyanâya”.

Quando gli sgherri del re gli lanciavano i loro giavellotti, Prahlâda non batteva ciglio né gridava, ma pregava solamente Vishnu chiamandoLo:
“O Pannagashayî! (O Signore che riposi su un letto di serpenti!)
O Danujabhanjana! (Distruttore di demoni).”
Egli non versò mai una lacrima di sofferenza, né fu preso dalla paura.

Che cosa significa questo? Il serpente, l’elefante, il fuoco e il veleno divenivano Nârâyana e anche Prahlâda divenne Dio. Chi conosce Dio diventa Dio. Noi prenderemo la forma di qualunque cosa contempliamo. Un vaso di argilla non è altro che argilla. I vasi d’oro sono fondamentalmente e solamente oro, nient’altro. Noi siamo emersi da Dio; quindi tutti noi siamo Dio soltanto, ma andiamo soggetti a ogni tipo di problemi a causa della nostra convinzione di essere il corpo.

“Che cos’è il corpo? È una borsa di pelle deperibile con nove buchi; non somiglia a un diamante luminoso, non emana profumo, ma sempre cattivo odore.
È fatto di carne, di sangue, di ossa e materia fecale.
Perché dovremmo attaccarci a questo corpo?”

Il nostro attaccamento deve essere diretto al Dio eterno e perfetto. Un giorno o l’altro, il corpo deve disfarsi; sarà bruciato e ridotto in cenere. Fate il vostro dovere finché siete vivi, non tralasciatelo mai. Qualunque cosa facciate, pensate sempre a Dio. Non si può ottenere niente se Dio non lo vuole.   Neppure un filo d’erba si muove senza la Volontà Divina.
Perché dire questo o quello?
Dio pervade ogni cosa, da una formica a Brahma.
Chi non comprende questa verità è trascinato dall’orgoglio della sua intelligenza e conoscenza, ma nessuno, per quanto grande sia, sa che cosa gli riservi il futuro.

Quando le persone giungono al successo, lo attribuiscono alla loro capacità, mentre, se accade il contrario, lo imputano alla Volontà di Dio. Si conosce la verità solamente quando si riconosce il fatto che tutto accade per Volontà di Dio ed è per il nostro bene. Oggi, gli aspiranti spirituali e i devoti non hanno questo tipo di fede a causa della loro fede intermittente; voi dovete diventare devoti a tempo pieno. Fate il vostro dovere dall’alba al tramonto con la ferma convinzione che tutti i doveri appartengono a Dio. Assolvete i vostri doveri con amore: solamente così raggiungerete la perfezione. Dio non vuole che abbandoniate niente. Quando potete cantare, pensate che quella è grazia di Dio. Egli ama la musica, quindi anche il canto devozionale è servizio alla società. Se state facendo un lavoro, consideratelo adorazione.

Un vero devoto non incolpa mai Dio
A volte, anche i devoti tenaci perdono la pazienza. Certi devoti accusano Dio di non aver profuso la Sua grazia su di loro a dispetto della loro intensa devozione. Tyâgarâja era un cantante mirabile che ripeteva incessantemente il Nome di Râma. Una volta, incontrando enormi difficoltà, si indignò e cominciò a criticare Râma: “Râma, io penso a Te in ogni momento. Perché, allora, mi dai tutte queste difficoltà? Questo non è giusto; o io non ho la devozione perfetta o Tu non hai il potere di aiutarmi.” Un momento dopo, egli si accorse del suo errore e cominciò a cantare una canzone inneggiando alla grandezza del potere di Râma:

“Se non per il potere di Râma, avrebbe potuto una semplice scimmia attraversare il possente oceano? Sarebbe diventata Lakshmî Devî, Dea della ricchezza, la Sua consorte? Lo avrebbe adorato Lakshmana? Gli avrebbe offerto, l’intelligente Bharata, i suoi reverenti omaggi? Sarebbe accaduto tutto questo se non per l’immenso potere di Râma? Il potere di Râma è certamente al di là di ogni descrizione.”

Tyâgarâja disse: “Râma! In effetti io sono uno sciocco. Tu hai un potere immenso, incommensurabile, infinito, immortale. Io non ho saputo riconoscere il Tuo potere.” In questo mondo, ci sono tre tipi di persone che biasimano Dio: il primo tipo è rappresentato da coloro che mancano di fede in Lui. Del secondo tipo fanno parte quelli che Lo incolpano di non soddisfare i loro desideri e la terza categoria è quella di coloro che Lo rimproverano per le proprie difficoltà insormontabili. Talvolta ci sono devoti che biasimano Dio a causa dell’insopportabile pressione dei loro problemi, pur non essendoci odio nella loro critica. I veri devoti non rimproverano mai Dio. Fate qualunque attività in cui siete impegnati nella società con spirito di servizio. Nel mondo non c’è nessuno che non sia un servitore. Si diventa Dio solamente quando si servono gli altri. I capi di oggi mancano di questo senso di servizio. Tutti gli individui del mondo sono legati all’azione.

“Nel mondo, l’uomo è legato all’azione.”

Lo scopo della nostra nascita come esseri umani è di aiutare gli altri.
Incarnazioni dell’Amore Divino!
Dovreste ricordare che siete figli della terra. Siate come Pârtha e ubbidite al comando di Dio. Krishna disse ad Arjuna:

“Sorgi Dhananjaya. Il destino è potentissimo, la giustizia vince sempre, l’egoismo porta alla rovina; questa è la natura del Dharma. Conosci la Verità: Dhritarâstra può essere padre di cento figli, ma neppure uno di loro sarà lì a officiare i riti funebri per lui. Così opera il fato.”   Arjuna disse allora con decisione: “Signore, obbedirò al Tuo comando.”
Il comando di Dio è sempre benefico per noi. Obbedite al comando divino e partecipate al servizio sociale, al benessere sociale, alla contemplazione di Dio, alla meditazione e all’adorazione. Se la gente si impegna in queste attività, la nazione prospera. Il servizio sociale è servizio a Dio. Servite gli altri e adorate Dio. Adorazione e servizio devono andare mano nella mano. Oggi, tutti e cinque gli elementi sono inquinati: aria, acqua e terra sono contaminati. Ci sono suoni orrendi dovunque e ogni cosa è corrotta. Solamente la contemplazione costante di Dio eliminerà questa contaminazione.

Incarnazioni dell’Amore!
Cantate il Nome di Dio e sperimentate la Divinità.

Bhagavân ha concluso il Discorso Divino con il bhajan: “Bhava Bhava Haranâ, Vandita Caranâ…”

Kodaikanal, 30 aprile 1997,
Sai Shruti

(Da “Sanâtana Sârathi”, marzo 2016)

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