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Discorsi Divini di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

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discorsi:1998:19980422

19980422 - 22 aprile

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

“...e percepirai il rumore dei Miei passi”

“Un essere umano che non abbia rettitudine né carità,
che non abbia moralità alcuna né timore di sbagliare,
un essere umano così miserabile
si rovina con le proprie mani la vita nel mondo
e così pure la vita (che ci sarà) dopo la morte”.

Incarnazioni dell’Amore Divino!

In questo immenso mondo, in mezzo a questa vasta umanità, incontriamo tre tipi di individui.

Al primo tipo appartengono i cosiddetti pushti jîva, al secondo coloro che sono chiamati samashti jîva, e al terzo i pravâha jîva.

La condizione delle persone della prima categoria è veramente molto misteriosa.

I pushti jîva sono coloro che si sono incarnati per effetto di meriti acquisiti nelle vite precedenti. Ciò determina che essi, pur senza essersi sottoposti ad alcuna pratica spirituale, senza possedere una conoscenza particolare delle verità spirituali, senza leggere le Sacre Scritture, e senza aver vissuto vicino ai saggi e ai santi, sono amati da Dio stesso.

La ragione di questo stato di cose sta nel fatto che essi hanno accumulato meriti nel corso di vite passate. Sono questi meriti ad assicurar loro l’ottenimento della Grazia divina in questa vita. La grazia divina li fa danzare estatici nella Gioia divina, permettendo loro di sperimentare la Beatitudine divina. Essi vivono una vita pacifica e non hanno bisogno di pratiche spirituale. Perché dovreste ancora aver bisogno di combustibile, se avete già finito di cucinare?

Dal momento che essi hanno già accumulato meriti nel corso di vite passate, non è più necessario che seguano un cammino spirituale. Se li osserviamo dall’esterno, non vediamo in loro una saggezza particolare. Non vivono necessariamente in compagnia di persone buone. Tutti gli effetti positivi di cui essi beneficiano provengono dai meriti del passato. Questa è Vita Vera. La gioia di queste persone è Brahmânanda (la Gioia divina), è Nityânanda (la Gioia eterna), è Advaitânanda (la Gioia non duale), è Paramânanda (la Gioia suprema). La persona che gode di questa gioia suprema non deve e non ha bisogno d’intraprendere alcuna ricerca spirituale.

La seconda categoria è quella dei samashti jîva.

Queste persone leggono numerosi testi sacri, epopee e altro, perseguono più verità, lottano con ardore per crearsi una degna reputazione. Essi sono degli eruditi, ma unicamente per la propria soddisfazione, perché attribuiscono molta importanza alla loro fama. Tuttavia, nessuna delle informazioni acquisite nei libri né le loro capacità di esperti fan sì che meritino la Grazia divina.

Perché dovremmo leggere tutta la letteratura sacra, senza trarre beneficio dalla Grazia divina?

Se passiamo tutta la nostra esistenza a leggere dei libri, quando troveremo il tempo di mettere in pratica gli insegnamenti?

Siamo in grado di stabilire il livello in cui si trova una persona in relazione al tempo che perde a leggere e a studiare. Questi individui leggono un sacco di libri e avvicinano un gran numero di anime nobili. Partecipano ad assemblee, ma, malgrado ciò, sono ben lontani dall’ottenere la Grazia divina.

Il loro cuore è privo di inclinazioni divine; la loro vita è totalmente fondata sulla conoscenza libresca e superficiale. Una tale esistenza è ben lungi dal conoscere la pace. Ecco dipinta la condizione della seconda categoria di individui.

Vediamo ora la condizione della terza categoria: i pravâha jîva.

Gli individui che vi appartengono non pensano che al mondo fisico, effimero, temporaneo. Essi aspirano alle comodità, al benessere fisico e si accaniscono per ottenerli.

Vogliono che tutti i loro desideri fisici siano soddisfatti. Tali persone non pensano mai a Dio, nemmeno in sogno.

È possibile vedere certe persone malvagie rivolgersi a Dio in periodi di grande difficoltà, mentre gli individui chiamati pravâha jîva non pensano mai a Dio, in nessuna circostanza.

Le persone di questo tipo non hanno nessuno scopo; sono votate a incarnarsi più e più volte. In questa categoria si può trovare qualche raro soggetto con (buoni) sentimenti latenti e ben nascosti.

Viste dall’esterno, queste sono persone che non cercano la buona compagnia, non sono devoti sinceri, e non prestano ascolto alle parole piene di saggezza; non praticano nulla di ciò che è nobile e sacro.

Ciononostante, queste persone, pur rare, possono (esser consapevoli di) aver Dio celato nel cuore.

Un esempio. In una famiglia, c’era una sposa che era un’ardente devota di Dio e pensava a Lui in continuazione. Aspettava con impazienza che suo marito pronunciasse una parola rivolgendosi a Dio, ma il marito non pronunciava mai il nome di Dio, né cercava mai, in nessuna circostanza, un pretesto per farlo. La donna si sentiva profondamente depressa da questo atteggiamento, perché per lei il Nome del Signore era il principio di vita per eccellenza, l’unica imbarcazione che permettesse di attraversare l’oceano del samsâra (la vita terrena).

Che ne sarebbe stato di un uomo che non pensava mai a Dio, per nessun motivo? Se non pensava mai a Dio, a che gli sarebbe servito vivere quest’esistenza umana?

La sposa si chiese: “Sarà dovuto alla mia cattiva sorte o piuttosto alla sua buona fortuna?”, e, molto turbata, si mise a singhiozzare. Un giorno, (la donna) indirizzò a Dio questa preghiera dettata dal cuore:

“O Signore compassionevole, o Dio misericordioso,
perché hai dato a mio marito questo spirito refrattario?
Gli riesce impossibile pensare a Te; non si rivolge a Te in nessuna circostanza!
Perché gli hai dato un cuore così duro?
E perché, al contrario, hai stimolato in me una devozione così ardente?
Sembrerebbe che non abbiamo niente a che fare l’uno con l’altro;
è questo l’effetto del mio karma? È questa la mia sorte, il mio destino?”

Ella piangeva a più non posso. La notte seguente il marito, mentre dormiva un sonno profondo, girandosi e rigirandosi nel letto, (ad un tratto) sospirò il dolce Nome di Dio: “Râma, Râma…”. Sentendolo, la donna disse tra sé: “Oh, che fortuna! Oggi mio marito ha pronunciato chiaramente il nome di Dio”.

Facendo in modo che il marito non se ne accorgesse, si alzò, e, dalle prime ore dell’alba, predispose ogni cosa per dare il cibo ai poveri. Sistemò tutta la casa addobbandola a festa e fece venire dei musici per la celebrazione.

Al risveglio, il marito sentì la musica di festa suonata dai musici e trovò tutta la casa adorna e, nel bel mezzo, sua moglie che danzava piena di gioia e allegria.

Le chiese: “Moglie, che festa celebriamo oggi? Perché sei così felice?”

Ella, allora, non potendosi più trattenere, si gettò ai piedi del marito dicendo: “Il mio Dio è pieno di compassione: ha prestato ascolto alla mia preghiera. L’ho potuto verificare da ciò che hai fatto tu”.

L’uomo le chiese: “Beh, che cosa ho fatto?”

“Mentre dormivi profondamente la notte scorsa, hai pronunciato il nome del Signore: ‘Râma, Râma, Râma’. Durante tutti questi anni di vita coniugale non ti avevo mai inteso pronunciare il nome di Râma o di Krishna una sola volta, neanche per errore; ma la notte scorsa, girandoti nel letto, hai detto chiaramente il nome del Signore. Ciò mi ha reso a tal punto e così profondamente felice che, non potendo più contenere questa gioia, ho voluto condividerla con i poveri dando loro oggi da mangiare” (ella disse).

Il marito era stupefatto: “Come? Ho veramente pronunciato il Nome di Râma girandomi? Dalle mie labbra è uscito questo Nome? L’ho sempre tenuto nel mio cuore come un tesoro; è proprio vero che mi è uscito dal cuore la notte scorsa?”

Dicendo ciò, esalò l’ultimo respiro.

Le persone di questa terza categoria, quindi, possono non manifestare il loro attaccamento a Dio fisicamente, cioè da un punto di vista esteriore, ma averLo ben saldo nel cuore.

Il mattino, di buon’ora, quando alcuni giovani partecipano al nâgarasamkîrtana, gli adulti che li vedono ne sono molto stupiti e si domandano chi siano quei giovani e quelle giovani che cantano i bhajan.

“Andate al vostro lavoro! - dicono. Dopo il pensionamento avrete tutto il tempo di cantare i bhajan. Perché li cantate adesso?”

Siete dell’opinione che ci sia un’età specifica o che debbano sussistere delle condizioni particolari affinché si possa lodare Dio? C’è qualche differenza tra infanzia, adolescenza, maturità e vecchiaia nei riguardi di Dio?

La nozione d’infanzia si riferisce semplicemente al corpo fisico, ma non al Principio fondamentale. Non possiamo quindi fare delle distinzioni in virtù dell’età dei corpi.

“Quando il messaggero di Yama, il Dio della morte,
prende il suo cappio e vi acciuffa,
quando la gente ha perso ogni speranza
e vi domanda se può mettere il vostro corpo fuori,
all’esterno della casa,
quando vostra moglie e i vostri figli
si mettono a singhiozzare intorno a voi,
è forse in quel momento
che vi sarà possibile ripetere il Nome del Signore?
Questa è la triste condizione delle persone che aspettano
che la vecchiaia arrivi per mettersi a pregare”.

È al momento della morte, quando tutti piangono intorno a voi, che sarete in grado di pronunciare il nome del Signore? È impossibile!

Qualunque cosa facciate, sarà il Nome divino a venire in vostro soccorso.

Se non pensassimo a Dio fin d’ora e non conducessimo una vita esemplare, in virtù di che cosa saremmo in grado di farlo più tardi? Di conseguenza, bisognerebbe essere esemplari e pensare a Dio fin dalla più tenera età. È questo il pensiero che vi soccorrerà in tutte le circostanze, che vi darà gioia e vi libererà.

Da lungo tempo un sacerdote praticava riti di adorazione in un tempio.

Ripetendo senza sosta gli stessi gesti, era diventato capace di tenere il piattino per l’ârati in una mano e di far suonare la campana con l’altra mano. Un bel giorno questo sacerdote morì.

Un nuovo sacerdote lo rimpiazzò, ma, non avendo la lunga esperienza del precedente, non riusciva a muovere il piattino per l’ârati e a suonare contemporaneamente la campana. Riusciva a fare solo una cosa per volta: gli mancava la pratica.

Allo stesso modo, se noi non abbiamo fatto pratica fin dai primi anni della nostra esistenza, ci è oltremodo difficile riuscire a pensare a Dio quando la nostra fine è vicina.

Certi giovani si arruolano nell’esercito. Al momento del reclutamento, le autorità non metteranno certo nelle mani dei nuovi soldati fucili o pistole, perché tutti coloro che si arruolano nell’esercito devono sapere innanzitutto due cose: come usare le armi e come marciare nel battaglione.

Che i giovani reclutati siano lavandai, guardie, cuochi, ecc., non ha importanza, ma tutti i soldati devono obbligatoriamente sapere quelle due cose.

In campo spirituale la situazione è simile: i bambini, gli adolescenti, gli adulti e le persone anziane debbono sapere due cose fondamentali: che ogni individuo dovrebbe amare Dio e che ognuno dovrebbe far servizio, come meglio può, nella società.

La Divinità si manifesta in questi due punti essenziali che vi saranno di grande aiuto per raggiungerLa, dato che vi trovate nella sacra condizione di esseri umani. Dovreste farne il fondamento della vostra esistenza. Prendete contatto con il vostro Sé dalla più tenera età. Se cominciamo fin dall’infanzia a pensare a Dio, otterremo la Liberazione nella stessa vita che stiamo vivendo. Non siete voi a decidere quanto tempo durerà il viaggio in questa esistenza, né dove e quando questo corpo verrà consumato.

Questo momento arriverà forse durante l’infanzia o durante la vecchiaia oppure in piena maturità? Lo ignoriamo. La sola cosa certa è che un giorno la morte arriverà. Allora, se siete intelligenti, cercate di conoscere Dio da ora, mentre siete ancora in vita.

Quando scenderà su di voi la Grazia divina?

Nel mondo materiale, se desiderate farvi fotografare, che cosa fate? Vi mettete in posa davanti al fotografo il quale, ad un certo punto, vi dirà: “Attenzione!” e scatterà la foto. Questo è il procedimento che seguono i fotografi. Ma, in materia spirituale, quand’è che Dio vi chiederà se siete pronti? Quando scatterà una foto al vostro cuore interiore? Non potete saperlo. Di conseguenza, dovreste essere sempre pronti, senza lasciar trascorrere gli anni, non perdendo tempo, e non facendovi coinvolgere nel perseguire molteplici azioni. Siate pronti in ogni momento, in ogni luogo, in qualsiasi situazione. Siate pronti pensando a Dio in ogni momento. Se non pensate a Dio, come potete pretendere che Dio vi venga incontro?

Esistono due sentieri spirituali (due possibilità di contattare Dio).

Immaginiamo una casa con all’interno il padrone che abita al primo piano. Supponiamo che un grosso pastore tedesco faccia la guardia davanti al cancello a pianterreno. Voi dovete entrare in contatto con il padrone. Che cosa farete? Potete scegliere tra due strategie: fare amicizia con il cane, avendolo completamente sotto controllo, oppure chiamare il padrone ad alta voce dal posto in cui vi trovate. Se non seguite uno di questi metodi, non potrete mai entrare in contatto con il padrone di casa.

Che cosa rappresenta il grosso cane? L’illusione: mâyâ. Dovete controllare l’illusione mentale. Oppure, potete cantare a voce alta le lodi di Dio: allora Egli scenderà dai Suoi ‘appartamenti’ e si avvicinerà a voi.

In compagnia di Dio, potrete penetrare senza timore nella Dimora divina, senza alcun rischio di essere assaliti dal cane da guardia, l’illusione.

Di conseguenza, per entrare in contatto con Dio, dovreste cantare le Sue lodi, collocarLo stabilmente nel vostro cuore e custodirLo come un tesoro. Il cuore umano, infatti, è la vera dimora del Signore.

Quando fu umiliata pubblicamente alla corte di Duryodhana, Draupadî invocò Krishna in più modi: “O Rifugio degli afflitti, o Abitante di Brindavan, o Residente di Dvârakâ…”, e così di seguito. Ma Krishna non rispondeva ai suoi richiami e non andava a soccorrerla. Vedendo che Duryodhana persisteva nelle sue cattive intenzioni, spossata, ella cadde al suolo e alla fine implorò dal profondo del cuore: “Hridayanivâsa, Abitante del mio cuore spirituale!” Krishna, allora, apparve immediatamente davanti a lei e la protesse da ogni umiliazione.

Qualche tempo dopo questo episodio, Draupadî chiese: “Krishna, perché non hai risposto subito alle mie incessanti preghiere? Non Ti sei manifestato e non sei venuto in mio soccorso se non quando sono svenuta. Per quale ragione hai tardato tanto?”

La risposta che Krishna le diede è applicabile a tutti i devoti: “O Draupadî, poiché tu Mi chiamavi ‘Abitante di Brindavan’, ‘Residente di Dvârakâ’, ecc., sono andato prima in quei luoghi, rispettando così le tue parole. Ecco in che cosa consisteva la difficoltà di raggiungerti rapidamente. Ho dovuto recarMi a Mathurâ, a Brindavan, a Gokulam, e questo ha complicato il Mio lavoro. Io non ho a disposizione un aereo per volare così veloce; ma, poiché risiedo nel tuo cuore, hai la possibilità di pensare a Me in qualsiasi momento, ed Io sarò sempre pronto a soccorrerti. Pensa a Me nel tuo cuore; invocaMi con tutto il cuore. È quella la maniera giusta d’invocarMi per ottenere la risposta immediata”.

L’uomo d’oggi aspira a raggiungere Dio, ma i diversi sentieri che persegue non possono metterlo in grado di raggiungere la Divinità. Qual è, al contrario, il sentiero più facile?

Dovreste visualizzare e sperimentare Dio nel vostro cuore con la fede. Da quel momento in poi Dio vi proteggerà. Dio non risiede in un paese lontano: Egli dimora nel vostro corpo. Dio non risiede isolato dentro un tempio, una moschea o una chiesa. Non è confinato in una chiesa o in una sinagoga. La sede di Dio è il cuore del Suo devoto. Il fedele che custodisce Dio nel suo cuore non dovrà mai subire difficoltà.

Gli uomini di oggi hanno la possibilità di vedere Dio, ma continuano ad affermare che Dio non esiste.

Non sono forse completamente insensati? Essi invocano Dio, ma ciò che si vede fuori è semplicemente una reazione, un riflesso, un’eco di se stessi. La Realtà eterna è in voi, e tutto è il riflesso del vostro stato interiore.

Abbiate una fede totale nella presenza di Dio nel vostro cuore. Rafforzate la convinzione che Dio è presente in voi stessi.

Ecco perché la Bhagavad Gîtâ dichiara:

“Dio è presente in ogni luogo. Le mani, i piedi, le orecchie,
gli occhi, la testa di Dio sono ovunque presenti”.

Che cosa significa questo? Che Dio è in ogni essere vivente. Voi sperimentate Dio in proporzione al vostro atteggiamento interiore.

Un devoto domandò: “O Dio, perché non mi proteggi se Tu sei in me, con me, intorno a me, fuori di me?”

Dio gli risponde: “Figlio Mio, Io sono sempre in te, con te, dietro di te. Non Mi cercare quindi nel mondo esterno”.

Il devoto chiese ancora: “O Dio, è proprio vero che sei dietro di me?”

“Oh, certo. Io sono l’ombra e tu il corpo, o, più esattamente, la Mia ombra è il tuo corpo” (rispose Dio).

“Veramente?”, egli chiese. Si girò per vedere e non vide Dio dietro di sé. Allora esclamò: “O Dio, menti anche Tu? Quando mi sono girato non Ti ho visto dietro di me!”

“Sciocchino! (rispose Dio). Quando ti giri anche la tua schiena cambia di posizione. Nel momento in cui tu ti sei girato, ho dovuto cambiare di posizione anch’Io. Tu questo non lo capisci. Supponiamo che una sedia sia proprio davanti a te. Se tu ti giri, la sedia sarà dietro di te, non è vero?”

Quindi, le mani e i piedi di Dio sono presenti dappertutto. Dio si manifesta agli esseri puri in accordo con la loro disposizione interiore. Se Lo pregate dicendo: “O Dio, non senti la mia preghiera? Non hai orecchie per sentire? Come mai le mie preghiere non raggiungono le Tue orecchie?”, vedrete che Dio darà retta alle vostre preghiere.

“Swami, non vedi le mie sofferenze? Perché non capisci i miei tormenti?”; allora il devoto vedrà gli occhi di Dio posarsi su di lui. Quando egli implora: “O Dio, perché non resti con me, in me, intorno a me?”, sentirà il rumore dei passi di Dio avvicinarsi a lui.

In un mondo così rumoroso e immerso negli affari, voi non prestate orecchio al rumore dei passi di Dio, mentre lo sentirete se vivete in un silenzio profondo. Ecco perché, nel passato, i ricercatori di Dio trascorrevano il loro tempo nella solitudine più totale per poter sentire i passi di Dio. Questo suono proviene dall’interno.

Questo è il Pranava o Om.

Se lasciate le vostre orecchie ben aperte, tutti i rumori vi penetreranno; ma, provate a tapparvele ben bene: sentirete sgorgare dall’interno il suono primordiale Om.

(Dio afferma:) “O Mio devoto, tu vuoi vederMi con i tuoi occhi e ascoltarMi con le tue orecchie. Chiudi gli occhi, ascolta il silenzio profondo, e percepisci il rumore dei Miei passi”.

Tanti differenti sentieri furono indicati agli uomini. Coloro che non comprendono correttamente i messaggi e le parole di Dio devono affrontare problemi e difficoltà.

Surdas era diventato cieco per colpa sua. Un giorno aveva seguito una donna fino a casa sua, e il marito di lei (vedendolo) gli domandò: “Perché Dio ti ha concesso gli occhi? Forse per guardare le donne degli altri? Perché non ti concentri piuttosto su Dio?” Poi lo cacciò via. Surdas fu illuminato da tali parole. Nel giardino della casa, scoprì un albero di limetta e, con le sue spine, si trafisse gli occhi.

Si chiese: “Perché ho questi occhi? Per andare a spasso e vagabondare in ogni luogo? Non voglio occhi come questi. O Dio, me li hai dati affinché io sia accusato dagli altri?” Poi, si mise a cantare il nome divino di Krishna.

Mentre cantava, si diresse verso Dvârakâ. Cammin facendo, siccome era completamente cieco, fu sul punto di cadere in un pozzo, ma, poiché cantava il nome di Krishna, Questi apparve sotto forma di un giovane vaccaro. Prese Surdas per mano e gli chiese: “Dove andate in queste condizioni?” Egli rispose: “Voglio recarmi a Dvârakâ”.

“Allora vi indicherò la strada”, disse il giovane. Surdas accettò la proposta e si sentì molto felice.

Al tramonto, Krishna, con le sembianze del giovane vaccaro, disse a Surdas: “Signore, riposatevi qui, sotto questo portico, stanotte; verrò a trovarvi domattina e così proseguiremo il nostro cammino”.

Surdas, colto all’improvviso da angoscia, pensò che, se il ragazzo si fosse allontanato, avrebbe potuto non far più ritorno. Non voleva che se ne andasse. Rispondendo alla sua insistenza, il ragazzo accettò di restare con lui.

Surdas volle che si stendesse al suo fianco e gli disse: “Metterò la mano sul tuo braccio mentre tu dormi; anche tu metti la mano sul mio braccio. Poiché non posso vedere se ti allontani, questo mi permetterà di sentire se ci sei”.

Il giovane vaccaro posò la mano su Surdas e, grazie all’effetto del suo tocco divino, Surdas fu liberato da tutti gli errori delle vite passate. Il giorno dopo, il giovane disse: “Surdas, Io sono Krishna. Ho congegnato tutto questo gioco per mostrarti il cammino e per dissipare l’ignoranza in te. Vuoi che ti restituisca la vista?”

Toccò gli occhi di Surdas e gli restituì la vista all’istante. Surdas vide la Forma divina e cadde in estasi. Egli dichiarò: “Krishna, poiché Ti ho visto, non ho più bisogno di questi occhi. AvendoTi visto, essi non hanno più bisogno di vedere nient’altro”.

Krishna gli disse: “Vai nel mondo con gli occhi che ti ho dato ora”.

Surdas rispose: “Perché abbiamo gli occhi?”

“Nonostante la maggior parte delle persone abbiano gli occhi,
hanno forse quegli occhi visto Dio?
Io Ti ho visto e ciò mi basta, mio Signore.
Le persone hanno le orecchie, ma non hanno la fortuna
di sentire la Tua musica melodiosa.
Io non desidero questi occhi e queste orecchie.
Non voglio altro che l’occhio della saggezza”.

Allora Krishna gli pose la mano sulla testa e il soffio vitale di Surdas si immerse in Lui.

Dove, quando, come e perché Dio vi benedirà con la Sua Grazia, nessuno può saperlo. Siate sempre pronti e cantate le Sue lodi. Tenete in considerazione che, qualsiasi cosa accada a questo mondo, è un gioco divino.

Lo studente che ha parlato prima, ha raccontato la storia del re che si era tagliato un dito. Il suo ministro gli disse: “Maestà, è successo per il vostro bene!” Il re esclamò: “Che cosa? Ho perduto un dito e tu osi dire che è per il mio bene! Domani sarai destituito. Non voglio più avere un ministro così a corte!” E fece mettere il ministro in prigione.

Questi rispose con un sorriso e disse: “Un tale stato di cose è per il mio bene!”

Tutto ciò che Dio fa è per il nostro bene, mai per farci del male. Dio è sacro, puro, disinteressato. Questo Dio disinteressato compie ogni cosa senza il minimo interesse personale. Sapendo ciò, dovreste considerare tutto quello che Dio fa come fosse per il vostro massimo bene.

Di conseguenza, per quanto concerne Dio, non dovremmo sparpagliare i nostri pensieri qua e là.

Non abbiamo bisogno di cercarLo in tutti i luoghi. Perché partite alla ricerca di Dio? Se possedete l’albero dei desideri nel cortile di casa vostra, perché cercare altrove fiori e frutti?

Attraverso l’Amore, dovreste avere una fede totale in Dio e possedere il senso dell’unità o dell’Uno.

Dovreste permettere ai pensieri d’Amore di espandersi verso l’esterno. Da quel momento gioirete dell’Amore divino in voi.

Voi dite: “Affermo di amare Dio, ma mi domando se Dio ama me oppure no”.

Se impostate un lettera raccomandata indirizzata a un vostro amico, come saprete se la lettera è arrivata a destinazione? Semplicemente quando vi arriva la ricevuta di ritorno. In caso contrario, ciò significherà che la vostra lettera non è stata recapitata al destinatario.

Sarà necessario che vi assicuriate che pure Dio vi ami, cioè che il vostro amore dovrà raggiungerLo. Voi non vi rendete conto di quale qualità sia il vostro amore.

Nel momento in cui il vostro Amore sarà puro, anche l’Amore divino si espanderà verso di voi.

Non lasciatevi mai trasportare dal sentimento che amate Dio e dovete attendere pazientemente che il Suo Amore vi sia manifestato.

Pensate continuamente a Dio, in ogni momento. Cantando le Sue lodi, vedrete la Forma di Dio manifestarsi davanti a voi.

(Swami conclude il Discorso cantando il bhajan: “Hare Râma, Hare Râma, Râma Râma Hare Hare…”)

Kodaikanal, Sai Shruti, 22 aprile 1998

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